Regia: Takashi Miike
Trama: Ganchan e la sua ragazza Janet progettano e costruiscono robot ma quando il mondo è minacciato dal malvagio trio Drombo composto dalla bellissima e perfida Miss Dronjo, e dai suoi tirapiedi Boyakki e Tonzula si trasformano nei supereroi Yattaman 1 e Yattaman 2. L’occasione per una nuova impresa si presenta quando la giovane Shoko chiede il loro aiuto per ritrovare il padre, scomparso in Egitto mentre era sulle tracce di uno dei quattro frammenti della potente Pietra Dokrostone: è il momento di una nuova battaglia per il possesso della Drokostone e per il destino del mondo…
Analisi:
Takashi Miike, ultraprolifico regista giapponese (più di ottanta
film in soli vent’anni, solo uno degno di spreco di energia
elettrica: Izo, con Takeshi Kitano) ci regala
l’ennesima trasposizione anime di cialtroni animati di cui
non sentivamo minimamente il bisogno, caratterizzata come al
solito da violenza splatter banalmente miscelata a comicità “Japan”
ed effetti speciali spesso degni del televisivo “Power Ranger”.
Film che vuole piacere per la sua costruzione giocosa e infantile, senza pretesa alcuna di lectio magistralis, con belle donne ridotte a feticci fumettistici e una ridda di situazioni palesemente misogine(tratto tipico del regista, che in questo forse tradisce il soggettista Tatsuo Yoshida).
La pellicola, ultra
censurata nella versione italiana, risente certamente del salto di
doppiaggio: Officine UBU si è avvalsa della collaborazione dello
Yattaman fan club italiano al fine di non snaturare troppo i
dialoghi che appaiono comunque didascalici e forzati quando non
ridicoli.
Se come qualcuno ha detto Yattaman rappresenta il film manifesto di Miike credo che si stia parlando di manifesto mortuario o al limite pubblicitario reclamante paraocchismo a prezzi scontati: questo cinema giapponese soffre della stessa patologia italiana: è incollato ai propri stereotipi, incapace di evadere forme consolidate e troppo spesso ripetute: vacanze e immaturi in Italia, supereroi e mutandine in Giappone.