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Addio alla Terra: recensione del k-drama di Netflix

L'avvincente k-drama distopico ispirato alla celebre opera The Fool At the End of the World, dall'autore di Bullet Train

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Immagina di svegliarti un giorno e scoprire che tutto ciò che conosci e ami è destinato a scomparire per sempre. La tua casa, la tua famiglia, i tuoi amici e persino la tua stessa vita. Cosa faresti se ti restassero solo 200 giorni su questa Terra?

È su questo interrogativo che si basa la tragica storia di Addio alla Terra (titolo originale 종말의 바보), il nuovo emozionante k-drama distopico di Netflix con protagonisti gli attori Ahn Eun-jin (Hospital Playlist, My Dearest, The Good Bad Mother) e Yoo Ah-in (Burning, Hellbound, Alive). Diretta da Kim Jin-min (Extracurricular, My Name) e scritta da Jeong Seong-joo (Secret Affair, Heard It Through the Grapevine), la serie è ispirata al romanzo The Fool At the End of the World (Shūmatsu no Fūru) di Kōtarō Isaka, autore giapponese già noto al pubblico italiano per l’opera I sette killer dello Shinkansen da cui è stato tratto l’adrenalinico thriller di David Leitch, Bullet Train.

La serie, composta da 12 episodi di circa un’ora ciascuno, è disponibile su Netflix da venerdì 26 aprile 2024.

Addio alla Terra – Foto di Netflix

“Oggi, domani e ogni giorno, aspettiamo la fine. Insieme.”

È la primavera del 2025 quando la pacifica città di Woongcheon, in Corea del Sud, si ritrova improvvisamente sconvolta da caos e illegalità. La spaventosa notizia di un asteroide in rotta di collisione con la Terra, che minaccia di devastare gran parte dell’Asia, inclusa la penisola coreana, getta la città nel panico ed entra in vigore la legge marziale. Le scorte di cibo e medicine diminuiscono, scoppiano guerre civili, i detenuti fuggono dalle prigioni, i bambini vengono rapiti sempre più frequentemente dai trafficanti di esseri umani e alcune sette religiose prendono il sopravvento.

In questo sfondo apocalittico, a soli 200 giorni dalla fine, quattro amici d’infanzia – la coraggiosa insegnante Se-kyung (Ahn Eun-jin), il giovane prete Sung-jae (Jeon Seong-woo), la ex comandante In-a (Kim Yoon-hye) e il brillante scienziato Ha Yun-sang (Yoo Ah-in) – lottano per proteggere il proprio quartiere e gli ultimi bambini rimasti dall’oscurità dei criminali.

Mentre il conto alla rovescia verso la fine del mondo prosegue implacabile, i cittadini di Woongcheon si sforzano di affrontare l’inevitabile con coraggio e determinazione, confrontandosi con i loro rimpianti e con il futuro che è stato loro negato.

Addio alla Terra – In foto l’attrice Ahn Eun-jin nei panni di Jin Se-kyung.

“Un posto senza speranza è l’inferno”

Addio alla Terra catapulta il pubblico nella ormai disastrata e sofferente cittadina di Woongcheon con una precisa premessa: “Questa storia mostra gli ultimi giorni della gente della nostra città”. Ed è esattamente ciò che accade: episodio dopo episodio, infatti, la narrazione intreccia le vite dei personaggi, principali e secondari, per raccontare tutta la rabbia, l’odio, il dolore e la profonda depressione dei loro ultimi giorni sulla Terra. Tra adorabili fugaci momenti di felicità e dolorosi avvenimenti, il regista Kim Jin-min tenta quindi di catturare su schermo come reagirebbe l’umanità innanzi alla fine, e lo fa attraverso gli sguardi di differenti generazioni: dalla fievole speranza dei bambini destinati a non vedere mai la luce del mondo e quelli che non avranno mai la possibilità di diventare grandi, fino alla forte disperazione degli adulti e la solitudine degli anziani.

I tre moschettieri + 1

Tra tutti i personaggi, quello di Se-kyung emerge senza dubbio come il più complesso e interessante della serie. Se-kyung si distingue fin dal primo episodio come una vera e propria “eroina alle prime armi”. È, infatti, la prima a combattere con coraggio e a rischiare la propria vita per rivendicare i bambini perduti (per cui i sensi di colpa non la lasciano riposare) e proteggere gli ultimi rimasti. In un mondo in cui la catastrofe imminente ha spazzato via ogni certezza, Se-kyung trova nel suo impegno per i bambini una ragione per andare avanti, una fiamma di speranza che la spinge ad affrontare il pericolo con dedizione.

Addio alla Terra – In foto l’attrice Kim Yoon-hye nel ruolo di Kang In-a.

Ma nonostante le nobili intenzioni e la grande forza morale che guidano il personaggio di Se-kyung, la sua figura non riesce del tutto a risultare convincente. Nel corso degli eventi, infatti, sembra che il suo personaggio si annulli progressivamente, con la sua unica funzione narrativa che appare sempre più limitata alla sola necessità di assicurare che il sacrificio dei bambini perduti non sia vano. Così, l’evoluzione e la profondità emotiva di Se-kyung vengono sacrificate a vantaggio di un ritratto più “eroico”, ma meno plausibile.

Il vortice di vendetta, confusione e irrazionalità che segue Se-kyung travolge ingiustamente anche il personaggio di Yoo Ah-in. Yun-sang decide di tornare a casa per condividere gli ultimi istanti sulla Terra con Se-kyung, ma il suo ritorno sembra non avere un impatto significativo sul corso degli eventi e sul destino dei protagonisti. Fin dai primi istanti del suo ritorno, il suo personaggio sembra relegato all’ombra di Se-kyung. Yun-sang appare al pubblico come un protagonista passivo, il cui ruolo pare definirsi principalmente dalla sua dipendenza emotiva.

Addio alla Terra – In foto l’attore Jeon Seong-woo nel ruolo di Woo Sung-jae.

Diversa è invece la situazione per i personaggi di Jeon Seong-woo e Kim Yoon-hye: pur avendo ruoli minori, il giovane prete Sung-jae e l’ex comandante In-a (che acquisisce un valore aggiunto anche per il suo riferimento alla comunità LGBTQ+, un aspetto tutt’altro che comune nella serialità sudcoreana) mostrano un’evoluzione significativa nel corso della storia, riuscendo a creare un forte legame emotivo con il pubblico. Infatti, mentre il rispettoso e gentile Sung-jae, deluso dalle istituzioni ecclesiastiche, decide di rinunciare ai suoi voti per vivere gli ultimi giorni come un fedele laico; In-a, dopo una vita dedicata a proteggere gli altri, trova il coraggio di congedarsi, liberandosi del peso delle sue responsabilità e mettendosi in viaggio per riscoprire se stessa.

Non è tutta colpa di Yoo Ah-in!

Sarà davvero una sfida impossibile per l’opera di Kim Jin-min guadagnarsi un posto nell’ambita Top10 di Netflix. Al di là del significativo sabotaggio ricevuto in patria a causa della partecipazione dell’attore Yoo Ah-in, indagato lo scorso anno per uso di droghe (e si sa quanto può essere severa e impietosa l’opinione pubblica sudcoreana), Addio alla Terra fatica a imporsi come un adattamento degno dell’opera di Isaka.

Nonostante il superamento del ritmo troppo lento e ripetitivo dei primi episodi, infatti, il pubblico non riesce mai a sentirsi completamente coinvolto dalla narrazione. Sebbene l’intento registico di Kim Jin-min e Jeong Seong-joo sia lodevole nel creare un mondo distopico il più autentico e realistico possibile, rinunciando del tutto al fantasy (che invece caratterizza i celebri k-thriller apocalittici quali Sweet Home Hellbound), Addio alla Terra finisce per accontentarsi di una trama piatta e depotenzializzata che, oltre a compromettere la capacità dell’opera di mantenere viva l’attenzione e l’interesse nel corso della visione, non riesce a trasmettere appieno l’emozione e l’impatto che ci si aspetterebbe dallo scenario apocalittico dell’opera di Isaka.

Sommario

Nonostante il superamento del ritmo inizialmente troppo lento e ripetitivo dei primi episodi, Addio alla Terra non riesce mai a conquistare davvero il pubblico. Anzi, la narrazione pare accontentarsi di una trama piatta e depotenzializzata che, oltre a compromettere la capacità dell'opera di mantenere viva l'attenzione e l'interesse nel corso della visione, non riesce a trasmettere appieno l'emozione e l'impatto che ci si aspetterebbe dallo scenario apocalittico dell'opera di Isaka.

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Nonostante il superamento del ritmo inizialmente troppo lento e ripetitivo dei primi episodi, Addio alla Terra non riesce mai a conquistare davvero il pubblico. Anzi, la narrazione pare accontentarsi di una trama piatta e depotenzializzata che, oltre a compromettere la capacità dell'opera di mantenere viva l'attenzione e l'interesse nel corso della visione, non riesce a trasmettere appieno l'emozione e l'impatto che ci si aspetterebbe dallo scenario apocalittico dell'opera di Isaka.Addio alla Terra: recensione del k-drama di Netflix