Carnival Row: la recensione della seconda stagione della serie con Orlando Bloom

Dopo quattro anni d'attesa, arriva la seconda (e ultima) stagione di Carnival Row, con Orlando Bloom e Cara Delevingne ancora una volta protagonisti di un mondo magico.

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Sono passati quasi quattro anni da quando Carnival Row (qui la recensione della prima stagione), la serie fantasy con protagonisti Orlando Bloom e Cara Delevingne, ha fatto il suo debutto sulla piattaforma Amazon Prime Video. Quattro anni durante i quali è successo un po’ di tutto, tra cui l’essersi quasi scordati di questa serie e della sua annunciata seconda stagione. Eppure, dopo una lunga lavorazione e gli ovvi ritardi causati dal Covid-19, ecco che dal 17 febbraio Carnival Row torna su Prime Video con 10 nuovi episodi, i quali però rappresenteranno anche la conclusione per la serie, non rinnovata per ulteriori stagioni.

 

Gli Amazon Studios sono ora concentrati nella produzione di titoli ben più remunerativi come The Boys e Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, e la volontà di terminare qui le avventure fatate della serie con Bloom e la Delevingne sembra essere l’ovvia conseguenza di un deciso cambio d’interesse. D’altronde, la ricostruzione di una cittadina neo-vittoriana dove in mezzo agli umani convivono anche diverse creature fantastiche ha un suo notevole costo. Difficile però non pensare che tra i motivi che hanno portato alla decisione di rendere la seconda stagione anche l’ultima vi possa essere lo scarso interesse destato dalla serie.

Prima di addentrarsi nel giudizio dei nuovi episodi, però, è utile rinfrescare la memoria su quanto accaduto nella prima stagione. Questa si concludeva con il confinamento di tutte le creature non umane in un vero e proprio ghetto e con l’inasprirsi dell’astio nei confronti di tali esseri. La nuova stagione riparte naturalmente da lì per raccontare ora i tentativi di resistenza portati avanti in particolare dalla fata Vignette Stonemoss (Cara Delevingne) e dai suoi simili, ma seguendo anche l’ispettore Rycroft “Philo” Philostrate (Orlando Bloom) nelle indagini di nuovi raccapriccianti omicidi, il tutto mentre si decidono le sorti del popolo magico e di quello umano.

Uno svogliato ritorno a Carnival Row

Non si può negare che le premesse di Carnival Row fossero intriganti: un mondo popolato da umani e creature magiche con scontri razziali che fanno eco a quelli realmente esistenti nella nostra realtà. Il tutto impreziosito da una misteriosa scia di omicidi che si legano strettamente alle tensioni presenti nel contesto presentato. Già la prima stagione, però, specialmente nei primi episodi, dimostrava una certa fatica a rendere giustizia a tali premesse, presentandosi come poco coesa e anzi piuttosto caotica. Gli ultimi episodi, invece, dovendo tirare le fila del discorso, si distinguevano per un maggior controllo della narrazione, permettendo al tutto di ottenere un fascino maggiore.

La conclusione della prima stagione, infine, faceva ipotizzare che, superata la fase introduttiva del racconto, a partire dalla seconda stagione il livello sarebbe continuato ad essere alto, offrendo un valido intrattenimento e coinvolgimento. Evidentemente, quattro anni di lavorazione e la decisione di porre fine alla serie hanno però avuto un esito negativo sulla realizzazione dei nuovi episodi. Si ripropongo infatti non solo gli stessi errori poc’anzi accennati per la prima stagione, ma ad essi si aggiunge un tangibile senso di stanchezza per qualcosa verso cui gli stessi ideatori, René Echevarria e Travis Beacham, sembrano non avere più interesse.

Difficile stabilire se sia solo un malinteso o un effetto dovuto dalla difficoltà di dover portare forzatamente a compimento un racconto che avrebbe invece necessitato di più tempo per essere sviluppato a dovere. Fatto sta che i personaggi non presentano evoluzioni convincenti, una nuova serie di omicidi che ricalca quelli della prima stagione dà un senso di già visto e le proporzioni degli scontri tra umani e creature magiche sono ancora troppo accesi perché possano essere risolti in modo accettabile. Quanto accade in questa seconda stagione, dunque, risulta ben poco incisivo e fin troppo dimenticabile.

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Una serie dal potenziale incompiuto

Naturalmente (e fortunatamente) non tutto ciò che viene mostrato nei dieci nuovi episodi rientra in questa generale sensazione di svogliatezza. Le indagini condotte da Philo, per quanto ricalchino talvolta troppo quelle svolte nella prima stagione, vantano quel certo fascino proprio del genere giallo, mentre alcuni eventi di carattere politico risultano avere un’effettiva importanza a livello narrativo e sono portati in scena attraverso scelte di regia più attente e accattivanti. Ciò che però ancora una volta permette alla serie di distinguersi è il suo look, quel misto tra epoca vittoriana e mondo fantasy, dove alla decadenza e alla sporcizia di luoghi e personaggi si contrappone quel gradito senso di magia e incanto.

Alla luce di questi elementi di pregio e delle possibilità non sfruttate, si può sostenere che Carnival Row sia stata certamente vittima di fattori esterni, tra la concorrenza agguerrita e un mancato supporto produttivo. Era difficile, in assenza di quest’ultimo, poter dar vita a qualcosa di memorabile. Il risultato finale è però più al di sotto delle aspettative di quanto si potesse immaginare. Certo, con un po’ di fortuna la serie potrebbe trovare un suo pubblico, ma è difficile immaginare che verrà ricordata se non come un’occasione mancata, un prodotto dal potenziale incompiuto, dove dalla magia ideata non è scaturito un concreto senso di meraviglia.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
carnival-row-recensione-seconda-stagione-orlando-bloomLa seconda stagione di Carnival Row arriva a quattro anni dalla prima. Un tempo che però non è stato utilizzato per dar vita a qualcosa di imponente ma anzi sembra aver inficiato negativamente sui nuovi episodi, caratterizzati da una certa disomogeneità e svogliatezza. A rendere a suo modo piacevole questa nuova stagione contribuiscono poche sparse scene o sequenze e il contesto fantasy in cui il racconto è calato.