Carnival Row recensione serie tv

Si apre con una vera  e propria caccia alle fate Carnival Row, la nuova serie targata Prime Video disponibile a partire dal 30 agosto. Una caccia che si riproporrà più volte nel corso delle otto puntate, sotto varie forme e con sempre nuovi significati, per affrontare in chiave fantasy tematiche oggi più che mai tristemente attuali. Ideata da René Echevarria e Travis Beacham, la serie ha per protagonisti Orlando Bloom e Cara Delevingne, amanti costretti alla clandestinità perché appartenenti a specie diverse, costretti a muoversi in una città più claustrofobica che mai.

 

Con un serial killer in libertà, e il governo che chiude un occhio sulle morti dei cittadini delle classi più basse, Rycroft Philostrate (Orlando Bloom), un investigatore indurito dalla guerra, è l’unica persona che vuole fermare gli omicidi e mantenere la flebile pace. Ma quando Vignette Stonemoss (Cara Delevingne), una fata rifugiata, arriva a The Burgue, l’uomo dovrà fare i conti con un passato che cercava di dimenticare.

In Carnival Row Due protagonisti appartenenti a fazioni opposte

Concentra al suo interno numerose referenze culturali la serie Carnival Row, dall’immagine della Londra d’epoca vittoriana ad una serie di omicidi ispirati alla figura di Jack Lo Squartatore, dall’elemento fiabesco al racconto d’amore. Ma c’è una cosa che più delle altre preme per essere raccontata, e non sono le indagini circa i brutali omicidi. Bensì la vita in una società dove le creature fantastiche sono viste come il diverso da emarginare, fino alla reclusione in veri e propri ghetti. Scena questa, che quando arriva colpisce non poco per il suo inconfondibile richiamo ad altri tristemente noti ghetti della storia umana.

Carnival Row mira dunque a proporre questo doppio punto di vista, incarnato dai due protagonisti appartenenti a fazioni opposte. Attraverso i loro occhi soffriamo la discriminazione, la separazione e l’ingiustizia. Le tre principali linee narrative ripropongono costantemente la dualità tra chi si fregia dei propri privilegi e chi invece vorrebbe che tali forme di razzismo sparissero per sempre.

Tanti elementi dunque declinati attraverso molteplici sotto trame, a tal punto che non stupisce se la narrazione generale ne risente in più momenti. La sensazione, guardando le prime puntate della stagione, è quella di un leggero disorientamento generale. Seguiamo le molteplici linee narrative, che in apparenza risultano scollegate le une dalle altre, e alcune delle quali portano avanti forse con eccessiva retorica il tema della serie. È inoltre un peccato che alcuni dei principali enigmi vengano risolti attraverso stratagemmi facili e furbi, piuttosto che trovando rivelazione attraverso il racconto per immagini.

Tuttavia, è solo addentrandosi nella seconda metà della stagione che la narrazione sembra sempre più convergere verso un’unica direzione, e con il mistero dei brutali omicidi che si infittisce la serie svela finalmente il suo potenziale. L’elemento crime trova soddisfazione, così come quello romantico. Carnival Row riesce così, dopo un’impostazione iniziale piuttosto faticosa, a trovare la propria strada appassionando per la sua molteplicità di chiavi di lettura e per la sua ricostruzione minuziosa di un mondo tanto sporco quanto fatato.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
carnival-row-prime-videoE' solo addentrandosi nella seconda metà della stagione che la narrazione sembra sempre più convergere verso un’unica direzione, e con il mistero dei brutali omicidi che si infittisce la serie svela finalmente il suo potenziale.