Dopo il successo di The Undoing sempre per HBO, la coppia formata dallo sceneggiatore David E. Kelley e da Nicole Kidman (qui in veste di produttore esecutivo) torna a collaborare con una miniserie che possiede molti punti di contatto con lo show appena citato. Come il precedente Love and Death esplora ancora una volta le pieghe oscure e sanguinose di un tessuto sociale soltanto in apparenza stabile e armonico. In realtà il germe che conduce alla disfatta dello stesso nasce proprio dall’istituzione primaria della civiltà come lo conosciamo, ovvero la famiglia. Ispirata da una storia vera, la miniserie racconta infatti la storia di Candy Montgomery, moglie e madre che nel Texas del 1980 assassinò barbaramente la moglie dell’uomo con cui aveva avuto una relazione clandestina.
Rispetto a The Undoing possiamo notare fin dal primo episodio una definizione molto più precisa di ambientazione e personaggi. Dove infatti la regista del precedente show Susanne Bier aveva prediletto la forza della messa in scena badando meno alla sua veridicità, nel caso di Love and Death la regista Lesli Linka Glatter procede in direzione esplicitamente opposta.
Love and Death, la trama
La piccola e coesa comunità che volge da teatro della vicenda viene tratteggiata con minuzia di particolari, al fine di trovare quell’omogeneità di visione necessaria per rendere ancor più credibili i fatti narrati. Anche la progressione narrativa di Love and Death evita quasi programmaticamente di arrivare al cuore del dramma prediligendo al contrario un tono che spesso scivola nella commedia di costume. D’altronde l’assurdità della vicenda, dei suoi sviluppi e della conclusione si prestano perfettamente a un gioco di specchi che consente alla regista e al cast di lavorare sulle pieghe grottesche della miniserie con indubbia efficacia. Quello che alla fine colpisce maggiormente di Love & Death è la pacata, serafica compostezza con cui sia la comunità che gli stessi protagonisti vivono il crimine atroce commesso da Candy Montgomery.
La Glatter si concentra talmente sul voler evitare gli eccessi del melodramma che talvolta forse pecca in senso opposto, non dotando ovvero lo sviluppo narrativo della forza emotiva necessaria per dargli la spinta finale. Le puntate dello show infatti arrivano a intrigare lo spettatore, a irretirlo con il tono ondivago e leggermente folle della messa in scena, ma mai del tutto a soggiogarne mente e cuore. Il che non è chiaramente l’intento dei creatori e della regia, e ancor meno del cast.
Elizabeth Olsen, convincente protagonista
Elizabeth Olsen nel ruolo della Montgomery offre infatti una prova molto convincente proprio perché straniante, respingente. Il suo giocare con i lati frivoli di questa figura femminile, i quali si accompagnano con una forza d’animo ottusa, bigotta ma inarrestabile, le consente di mettere in piedi scena dopo scena una performance notevole. Dopo gli anni passati dentro l’universo Marvel in un ruolo che sembrava averne definitivamente tarpato le ali artistiche, l’attrice sembra aver ritrovato una parte di quella forza propositiva che aveva dimostrato nel film che l’ha lanciata, ovvero il notevole La fuga di Martha di Sean Durkin. Accanto a lei il sempre efficace Jesse Plemons quando si tratta di dare spessore dolceamaro a fuori di uomini senza qualità, a cui si aggiungono altri caratteristi di sicuro affidamento come Elizabeth Marvel, Lily Rabe, Patrick Fugit e un Tom Pelphrey che sale in cattedra nelle ultime puntate. Sono questi interpreti il cuore pulsante di Love & Death, il motivo fondamentale per cui merita una visione attenta e incuriosita.
Ci sono prodotti televisivi a cui bisogna dare il tempo di “crescere”, di comporre il proprio mosaico a livello di narrazione e messa in scena per arrivare a produrre sul pubblico un effetto preciso e voluto. Love and Death si prende il suo tempo per farlo, forse anche un po’ troppo, ma è indubbio si tratti di un’operazione che non va assolutamente incontro al grande pubblico per ingraziarselo. Neppure vuole scuoterlo con eccessivi momenti ad effetto o figure in chiaroscuro. Al contrario questa miniserie preferisce insinuare con pazienza e lucidità un senso di disagio che a tratti arriva a farci sorridere a denti stretti. Una qualità che non dovrebbe mai essere sottovalutata.