Only Murders in the Building 5: recensione della serie di Steve Martin e John Hoffman

Il 9 settembre, arriveranno i primi tre episodi su Disney+, per poi procedere con l'uscita settimanale dei singoli episodi.

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Only Murders in the Building 5 torna, più amato che mai. Cinque stagioni dopo, la serie creata da Steve Martin e John Hoffman continua a dimostrare di avere un’anima tutta sua, sospesa tra commedia sofisticata, giallo metanarrativo e celebrazione di un microcosmo newyorkese che ormai ha conquistato il pubblico. Ma se c’è una cosa che appare chiara alla visione della quinta stagione, è che il cuore pulsante non sono più i delitti, bensì l’edificio stesso, l’Arconia, e la comunità bizzarra e irresistibile che lo abita.

Vecchia New York contro Nuova New York

Ogni stagione di Only Murders in the Building ha legato il mistero di turno a un contesto preciso: il teatro di Broadway, il mondo del cinema, la cultura pop. In questa quinta annata, la serie abbandona i riflettori hollywoodiani e torna alle proprie radici newyorkesi, mettendo in scena una sfida quasi ideologica: la “vecchia New York” fatta di doorman, mobster e segreti nascosti dietro le porte dell’Arconia contro la “nuova New York” dei miliardari tecnologici, degli hotel di lusso e persino dei portieri robotici.

Il delitto che apre la stagione è quello di Lester Coluca (Teddy Coluca), storico doorman dell’Arconia, trovato senza vita nella fontana del palazzo. La polizia archivia il caso come un incidente, ma il nostro trio non è convinto. Da lì parte un intreccio che coinvolge la mafia newyorkese – con il ritorno del nome Caccimelio – e un gruppo di nuovi sospetti decisamente sopra le righe: Bash Steed (Christoph Waltz), guru digitale ossessionato dalla longevità; Camila White (Renée Zellweger), magnate del design e regina del beige; Jay Pflug (Logan Lerman), erede miliardario che finge di essere “uno di noi”.

Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron

Il contrasto tra i vecchi gangster e i nuovi oligarchi della città è uno dei fili più gustosi della stagione: da un lato le atmosfere noir di vicoli e lavanderie a gettone, dall’altro il futuro patinato e inquietante di chi vorrebbe sostituire i portieri con automi. Non sempre la scrittura è all’altezza dell’ambizione – alcune conversazioni sembrano ripetersi a cicli, e l’inserimento del robot doorman sfiora il grottesco – ma il gioco delle parti costruisce un’atmosfera vibrante e irresistibilmente “newyorkese”.

Il vero protagonista di Only Murders in the Building: l’Arconia

Se il mistero può apparire talvolta un po’ ingarbugliato, l’Arconia continua a essere il vero centro narrativo. La stagione introduce una rivelazione sorprendente: nei sotterranei del palazzo è sempre esistita una bisca clandestina. Un dettaglio che arricchisce ulteriormente il mito dell’edificio, ormai trasformato in un universo a parte, dove ogni stagione svela nuovi anfratti, segreti e storie parallele.

Particolarmente riuscito è il secondo episodio, che si concentra sulla figura di Lester e ripercorre i suoi anni di servizio come portiere. È uno di quei momenti in cui la serie smette di correre dietro al colpo di scena per dedicarsi ai “non protagonisti”, rivelando con delicatezza la profondità di personaggi che spesso restano sullo sfondo. La puntata, commovente e intima, ricorda allo spettatore che l’Arconia non è solo un condominio, ma un microcosmo abitato da individui pieni di storie invisibili, che meritano di essere raccontate.

Accanto a Lester, fanno il loro ingresso altre figure legate allo staff dell’edificio, come Randall (Jermaine Fowler), nuovo doorman che porta un’energia diversa ma complementare. È proprio questo continuo arricchimento del cast secondario a rendere l’Arconia un luogo vivo e pulsante, più che un semplice scenario.

Only Murders in the Building 5
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron

Martin, Short e Gomez: l’alchimia che resiste

Nonostante l’espansione del cast, il motore della serie resta l’alchimia tra Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. I tre funzionano ancora come un meccanismo ben oliato: Martin si concede nuove gag fisiche grazie a una storyline legata a una terapia farmacologica, Short continua a brillare con il suo Oliver innamorato e teatrale (reso ancora più delizioso dai siparietti con Loretta/Meryl Streep), e Gomez affronta nuove insicurezze grazie al ritorno dell’amica d’infanzia Althea (Beanie Feldstein), ora popstar affermata.

I momenti migliori della stagione sono, ancora una volta, quelli in cui li vediamo discutere, punzecchiarsi e improvvisare davanti a un indizio. Che il mistero sia geniale o meno, la loro dinamica basta a sostenere l’attenzione dello spettatore, offrendo una miscela di ironia, malinconia e complicità che poche altre serie sanno replicare.

Non mancano, tuttavia, i limiti. La scrittura appare spesso didascalica, con dialoghi che tendono a spiegare troppo invece di lasciare intuire. Alcune sottotrame – come quella del robot portiere – rischiano di cadere nel ridicolo, mentre la presenza di guest star di prestigio, per quanto divertente, a tratti sembra più un’esibizione di potere che un reale valore narrativo.

Only Murders in the Building 5 cast
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron

Eppure, anche quando arranca, Only Murders in the Building conserva un fascino innegabile. Il tono rimane quello di una “comfort series”: elegante, divertente, punteggiata da gag brillanti e da momenti di sincera emozione. La capacità di mescolare giallo e commedia senza mai prendersi troppo sul serio resta il marchio di fabbrica, ed è ciò che continua a farci tornare stagione dopo stagione.

Restare o lasciare l’Arconia?

La quinta stagione non è forse la più solida o sorprendente, ma conferma che Only Murders in the Building ha saputo costruire qualcosa di più grande di un semplice mystery show. L’Arconia, i suoi abitanti, e il trio centrale restano un universo narrativo di rara coerenza e affetto.

Certo, la sensazione che la serie stia “girando a vuoto” è difficile da ignorare, e forse l’idea di un finale non è poi così lontana. Ma se davvero dovessimo dire addio a Charles, Oliver e Mabel, lo faremmo con la certezza di aver assistito a una delle commedie più originali e affascinanti degli ultimi anni. Per ora, invece, ci godiamo ancora una volta il lusso di entrare nell’Arconia e di perderci tra i suoi segreti, consapevoli che, a prescindere dai delitti, è sempre un piacere tornarci.

Only Murders in the Building
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Sommario

Anche quando arranca, Only Murders in the Building conserva un fascino innegabile

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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