Sappiate immediatamente che queste parole potrebbero non bastare. Oppure paradossalmente potrebbero, per necessità critica, tentare di spiegare quello che invece The Bear preferisce invece soltanto mostrare, soprattutto in questa seconda stagione. Sono le emozioni che contano nello show creato da Christopher Storer, non capire cosa le ha generate.
The Bear 2 arricchisce i personaggi della prima stagione
Le dieci nuove puntate ampliano certamente il mondo dei personaggi in scena, inserendoli in un contesto capace di renderli maggiormente corposi e sfaccettati, talvolta al contrario sradicandoli dal loro ambiente di appartenenza per costringerli a prendere piena coscienza dei propri limiti. La motivazione principale di tutto questo non sembra però mai quella di fornire allo spettatore una giustificazione ai problemi emotivi e psicologici di Carmy e degli altri.
In mezzo a tante, tantissime scene strillate e frenetiche, The Bear mostra la sua vera intensità nei momenti di silenzio, oppure quando due personaggi si aprono l’un l’altro attraverso sincerità e gentilezza. Anche perché, per loro come per noi, questi sono in fin dei conti i momenti maggiormente difficili, quelli in cui il confronto con il prossimo diventa qualcosa di necessario quanto temuto, non traslato o filtrato dalla tecnologia. The Bear sotto questo punto di vista si fa microcosmo preciso e fortemente metaforico di una società contemporanea sempre più disconnessa, non soltanto nel tessuto sociale ma anche all’interno dell’individuo stesso, vittima di una scissione violenta tra ciò che è e quello che la società stessa vuole che sia.
Il percorso di Marcus e Richie
I nuovi episodi di The Bear ottengono dunque esattamente il risultato a cui ogni seconda stagione dovrebbe puntare: espandono l’universo dello show senza snaturarne i temi e le problematiche: in particolar modo i personaggi di Marcus e Richie intraprendono, per ragioni diametralmente opposte, percorsi narrativi ed esistenziali che li porteranno a un bivio e a delle scelte fondamentali, in quelli che sono probabilmente i due episodi migliori della stagione.
Gli altri invece
rimangono come bloccati tra le mura del nuovo ristorante che stanno
tentando con tutte le forze di aprire, come se fossero costretti in
quelle mura da cui si sentono in fondo anche protetti. L’unica via
d’uscita, in realtà del tutto fittizia, è una sesta puntata
“espansa” a un’opa piena che mostra – forse con un minimo di
retorica di troppo – la brutale verità di un ambiente familiare
umanissimo, toccante quanto disfunzionale. La presenza di un numero
quasi incredibile di guest star in questa puntata dimostra in pieno
quanto The Bear sia a tutti gli effetti un vero e
proprio caso televisivo, amato non soltanto dal pubblico quanto
anche dagli artisti e professionisti del settore. ci sono due
attori in particolare – non vi sveleremo quali, sarebbe inutile –
che non compaiono in questa puntata ma in altre due ai quali va il
nostro ammirato applauso, poichè con pochissimi minuti di presenza
e con uno stile di recitazione trattenuto e prezioso, elevano il
tono emotivo della serie innalzandosi a livelli di eccellenza.
Un cast in stato di grazia
E passiamo dunque a parlare del cast di The Bear, il quale conferma in toto un’alchimia che altre serie non posseggono neppure lontanamente. Grazie al lavoro sempre incredibilmente accurato degli sceneggiatori, capaci di sussurrare la verità delle emozioni dietro le urla che invece per paura vorrebbero nasconderla, ognuno degli attori che compongono la crew del ristorante riesce a tratteggiare una figura che merita di essere abbracciata nella sua sommessa fragilità. Sotto questo punto di vista la new entry Claire (una Molly Gordon magnetica) si propone come contraltare perfetto per Carmy, una psicologia che Jeremy Allen White continua a sviluppare con un’adesione fisica e psicologica impressionanti. In questa seconda stagione però la scelta se la prende, e con merito pieno, il Richie di un Ebon Moss-Bachrach il quale lavora sull’arco narrativo del personaggio con una finezza e una compostezza da applausi. Se di “eroi” si può scrivere a proposito di The Bear, è senz’altro lui quello di queste nuove puntate.
Se siete arrivati fino a questo punto del nostro discorso sullo show, ebbene il nostro è quello di dimenticare tutto quanto letto in precedenza – o altrove – e il più in fretta possibile. Fate di The Bear Season 2 un’esperienza personale, magari anche dolorosa, senz’altro intima. È il miglior modo per vivere questa serie.