WeCrashed: recensione della serie con Anne Hathaway e Jared Leto

WeCrashed recensione serie tv

“Volevo salvare l’anima della compagna, poi ho capito di essere io l’anima della compagnia…” dice Rebekah Neumann a suo marito Adam in una delle puntate centrali di WeCrashed, serie di Apple TV+ dedicata all’ascesa e caduta dell’impresa WeWork. La donna ha perfettamente ragione: è lei l’anima di quello che per alcuni anni si è rivelato un piccolo grande fenomeno sociale, fino a creare un giro d’affari di alcuni miliardi di dollari.

 

Lo show in otto puntate ispirato dal podcast di David Brown mette in scena con precisione certosina ed elegante senso della commedia dell’assurdo proprio questo: l’anima della donna e dell’uomo che hanno creato dal nulla un impero economico. La forza principale del progetto è però quella di andare controcorrente e mostrare per intero la vacuità, la meschinità, l’ipocrisia di questi personaggi. Sotto questo punto di vista WeCrashed è un qualcosa di sorprendentemente coraggioso, in quanto non concede mai allo spettatore di  dubitare della superficialità della futilità dei protagonisti.

WeCrashedLa trama di WeCrashed

Fin dall’inizio la loro è una anti-epopea ottimamente costruita a livello narrativo, che puntata dopo puntata sa immergere in un vortice di decisioni dettate puramente da ego smisurato, egoismo, vanità e ipocrisia. In ogni momento in cui la trama sembra lasciar trasparire un minimo di umanità nelle figure di Adam o Rebekah, ecco che qualche colpo di scena oppure un dettaglio dissonante intervengono a ricordarci quanto entrambi siano fuori dal mondo. Raramente è capitato di vedere una miniserie in cui nulla viene concesso alla drammatizzazione di un antieroe, per quanto fallace o ambiguo esso sia. 

In una maniera che, lo ammettiamo, risulta piuttosto complessa da esprimere con totale precisione, WeCrashed potrebbe essere una delle serie più rappresentative di questi anni: attraverso la rappresentazione del vuoto pneumatico rappresentato da Adam Neumann e Rebekah Paltrow – cugina di Gwyneth – la serie riesce a rendere i suoi protagonisti paradigmatici, emblemi assurdi di una società in trasformazione che (probabilmente) ancora non riesce a comprendere del tutto la sua nuova dimensione e cerca punti di riferimento i quali spesso non hanno lo spessore necessario o anche soltanto l’integrità morale per esserlo.

Pur indirizzando i propri strali contro queste due figure ben identificabili WeCrashed propone un discorso tutt’altro che conciliatorio anche sull’ambiente che li ha prodotti e lasciati successivamente proliferare. La New York delle opportunità per tutti, del flusso di denaro inarrestabile, del politically correct a ogni costo, del #MeToo e della “Cancel Culture”, dei millennial e dei social media: quanto tale contesto è (co)responsabile della folle epopea economica e culturale che risponde al nome di WeWork? Costruendo lo sviluppo narrativo dello show come un crescendo rossiniano i creator Lee Eisenberg e Drew Crevello riescono nell’intento di mettere alla berlina tutto e tutti, non salvando un solo personaggio dell’entourage di WeWork. Sotto questo punto di vista la miniserie si fa molto più radicale di altre contemporanee, pur nascondendolo dietro la confezione della commedia satirica. Da notare che alla regia dei primi episodi ci sono John Requa e Glenn Ficarra, registi e sceneggiatori che in passato hanno denotato un tocco sapido e pungente quando si tratta di ironizzare sul nostro presente.

Jared Leto e Anne Hathaway sono i protagonisti

Ultimo tassello del discorso, ma di certo non meno importante dei precedenti, riguarda la performance dei due protagonisti Jared Leto e Anne Hathaway, i quali si prestano con sincero coraggio a impersonare con adesione e puntualità due figure tanto meschine, probabilmente riuscendo al tempo stesso a ridere di loro stessi e del loro stato di “star”: se l’attore che interpreta Adam Neumann è indubbiamente efficace pur lavorando con un trucco che non lo aiuta più di tanto, la vera mattatrice di WeCrashed è una Hathaway che sa cambiare tono, atteggiamento, linguaggio fisico all’interno di una sola scena e risultare comunque credibile e irritante al tempo stesso.

Il lavoro dell’attrice sul personaggio si muove costantemente su un equilibrio instabile tra realismo e caricatura, facendosi puntata dopo puntata sempre più prezioso. Non temiamo di sbilanciarci affermando che l’interpretazione di Rebekah è uno dei capolavori personali per la Hathaway, forse la miglior interpretazione della sua carriera. La capacità di farsi ammirare eppure detestare significa in questo caso aver fatto un lavoro enorme sul ruolo.

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