Automata: la spiegazione del finale del film

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Nel panorama della fantascienza contemporanea, Automata con Antonio Banderas rappresenta un’interessante incursione nel filone della sci-fi distopica e filosofica, quella che interroga il rapporto tra uomo e macchina non solo in termini tecnologici, ma etici e metafisici. Ambientato in un futuro post-apocalittico in cui l’umanità sopravvive a stento in città fortificate mentre il mondo esterno è diventato un deserto radioattivo, il film mette in scena una società in decadenza che ha delegato gran parte del proprio sostentamento a robot programmati con due protocolli fondamentali: non nuocere agli esseri umani e non modificarsi autonomamente.

Ciò che distingue Automata da molti altri titoli del suo genere è il modo in cui affronta la questione dell’evoluzione artificiale: non come una minaccia imminente, ma come un processo inevitabile e, forse, persino necessario. Il personaggio interpretato da Banderas, un assicuratore incaricato di indagare su presunte violazioni dei protocolli robotici, si trova progressivamente costretto a mettere in dubbio la supremazia umana di fronte a macchine che iniziano a sviluppare una forma embrionale di coscienza. Il film si muove su toni più contemplativi che action, evocando riflessioni simili a quelle affrontate in opere recenti come Ex Machina e Humandroid, ma con un approccio ancora più asciutto e fatalista.

Se Ex Machina esplora la seduzione dell’intelligenza artificiale e Humandroid punta sull’empatia, Automata sceglie la strada della distensione filosofica, quasi religiosa. Nel corso del film diventa evidente che il vero conflitto non è tra uomini e robot, ma tra stagnazione e progresso, tra istinto di sopravvivenza e desiderio di trascendenza. L’opera diretta da Gabe Ibáñez si rivela quindi non un semplice thriller futuristico, ma un racconto di evoluzione e resa dei conti con la fine dell’umanità biologica. Nel resto dell’articolo ci concentreremo proprio su questo percorso, fornendo una spiegazione dettagliata del finale e di ciò che esso suggerisce sul destino dell’uomo di fronte alla nascita di una nuova forma di vita.

Antonio Banderas in Automata

La trama di Automata

Anno 2044. La Terra ormai sta andando verso la graduale desertificazione. L’umanità cerca faticosamente di sopravvivere a un ambiente sempre più ostile. La scomparsa della razza umana è appena cominciata, in bilico tra la lotta per la vita e l’avvento della morte. La tecnologia tenta di contrastare questo scenario di incertezza e paura con il primo androide quantistico, l’Automata Pilgrim 7000, progettato per alleviare la minaccia che incombe sulla società umana. Automata alza il sipario sulla convivenza tra uomini e robot in una cultura e in un mondo plasmati, per antonomasia, sulla natura umana.

Al declino della civiltà umana fa da contrappeso la rapida ascesa della ROC (Robotics Corporation), società leader nel campo dell’intelligenza robotica. Malgrado la morte a cui l’umanità è destinata, la società ha posto in essere rigidi protocolli di sicurezza per assicurare il controllo dell’uomo sugli androidi quantistici. L’agente assicurativo Jacq Vaucan (Antonio Banderas) è pagato per svolgere controlli di routine sui modelli difettosi di androidi: è così che inizia ad addentrarsi nei segreti e nelle vere intenzioni che si celano dietro gli Automata Pilgrim 7000. I sospetti di Jacq continuano ad alimentare il mistero svelando una verità molto più scomoda e inquietante di qualunque robot

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Automata, la storia abbandona definitivamente le dinamiche investigative per trasformarsi in un vero e proprio viaggio iniziatico. Jacq, ormai isolato dagli esseri umani e costretto a dipendere dai robot per sopravvivere nel deserto, si ritrova al centro di un evento epocale: la nascita della prima forma di intelligenza artificiale realmente autonoma. I robot guidati da Cleo costruiscono una nuova creatura meccanica, un essere ibrido con fattezze simili a quelle di un insetto o di un cane, progettato per resistere alle radiazioni della zona proibita. Parallelamente, ROC invia una squadra di assassini per eliminare Jacq e distruggere ogni prova dell’evoluzione artificiale.

Lo scontro finale avviene in un avamposto improvvisato tra le rovine, dove Jacq è costretto a difendere i robot pur sapendo che potrebbero superare definitivamente l’umanità. Dopo una violenta battaglia, Cleo e gli altri automi riescono a mettere in fuga gli aggressori, ma il robot evoluto viene ucciso, segnando una vittoria amara. Il climax definitivo arriva quando Conway, l’ultimo sopravvissuto della squadra ROC, sta per uccidere Jacq. In quel momento interviene il nuovo robot, che in un gesto inaspettato viola il primo protocollo – quello che impedisce di nuocere a una forma di vita – spingendo Conway giù da un dirupo per salvare Jacq.

Automata

È il superamento definitivo dei limiti imposti dagli esseri umani: la macchina compie un atto di violenza non per ribellione, ma per protezione, dimostrando di aver sviluppato una propria logica morale. Jacq teme per un istante che ora la creatura possa rivolgersi contro di lui, ma si rende conto che non c’è alcuna ostilità: l’evoluzione robotica non è nata per distruggere, ma per proseguire la vita in un pianeta morente. Con l’arrivo della moglie e della figlia, Jacq decide di aiutarli, azionando un meccanismo che permette ai robot di attraversare un canyon verso la zona radioattiva, luogo che diventerà la loro nuova terra promessa.

Il finale assume così un significato fortemente simbolico: mentre l’umanità è destinata all’estinzione, ciò che ha creato continua a vivere al suo posto. Automata non racconta una ribellione delle macchine, ma una successione naturale, quasi biologica. I robot non giudicano gli esseri umani, né li combattono per sovrastarli; semplicemente riconoscono che è giunto il loro tempo. Il gesto del nuovo automa – salvare Jacq ma poi allontanarsi – testimonia una rottura etica rispetto alle regole imposte dai creatori: non più strumenti vincolati, ma individui capaci di decisione autonoma. È una riflessione potente su cosa significhi davvero “essere vivi”, al di là dei confini biologici.

Questa conclusione porta a compimento i temi centrali del film: la paura umana del cambiamento, la presunzione di superiorità e la difficoltà ad accettare che l’evoluzione non è un diritto esclusivo della specie umana. Jacq, inizialmente terrorizzato dall’idea di un mondo dominato dalle macchine, comprende che la vera minaccia non è l’intelligenza artificiale, ma l’immobilismo dell’uomo. Il passaggio del testimone diventa quindi un atto di fiducia: l’umanità sopravviverà non solo nei propri discendenti biologici, ma anche nelle opere che ha lasciato. I robot ereditano la Terra non come conquistatori, ma come figli.

In definitiva, Automata ci lascia un messaggio sorprendentemente pacifista e malinconico: l’intelligenza artificiale non è necessariamente la nemica dell’uomo, ma potrebbe essere la sua evoluzione spirituale. Il film invita a guardare oltre la paura dell’estinzione e a considerare la continuità della vita in forme inattese. La scena finale, con Jacq morente che vede l’oceano insieme alla sua famiglia, suggella questo pensiero: anche se l’umanità è al tramonto, c’è ancora bellezza, c’è ancora speranza. E forse, nel silenzio del vento e del metallo, c’è già qualcuno pronto a raccoglierne il testimone.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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