Il 13 settembre del 2022 diventerà una data tristemente nota trai cinefili di tutto il mondo, perché è il giorno in cui Jean-Luc Godard, 91 anni, padre fondatore della Nouvelle Vague francese. Gianni Canova ha detto che con lui muore davvero il Novecento, ma grazie a lui il cinema ha avuto e avrà anche vita più lunga.
Inizialmente ossessionato dal cinema verità, la sua carriera ha avuto diverse fasi, molte vite, tutte piegate alla necessità di raccontare il mondo anche in modo lontano rispetto al suo punto di partenza. Nel giorno dell’annuncio della sua dipartita, vogliamo proporvi 5 film trai suoi più belli e famosi, per ripercorrere la sua carriera e ricordarlo.
Fino all’ultimo respiro
Considerato da tutti i
cinefili il manifesto della Nouvelle Vague, il film vede
protagonisti due icone di stile e di classe, Jean-Paul
Belmondo e
Jean Seberg. Opera prima di Godard, il film ha
reinventato il racconto cinematografico, permettendo alla realtà di
irrompere nella finzione e così frammentandola. Il film, da un
soggetto di Truffaut e Chabrol, è stato girato con pochissimi soldi
in circa tre settimane e sovverte ogni regola conosciuta fino a
quel momento, lanciando la carriera di due icone e scrivendo la
storia del cinema.
Il disprezzo
Trasposizione
dell’omonimo romanzo di Alberto Moravia, il film è un grande
successo per Godard, il secondo dopo il film d’esordio, e si avvale
del travolgente fascino di
Brigitte Bardot. Nel film, Michel Piccoli è un
drammaturgo che deve scrivere un adattamento dell’Odissea, che sarà
diretto da Fritz Lang (che interpreta se stesso).
Il film è una riflessione lucida e biografica sull’incomunicabilità
tra arte e industria, un discorso che ancora oggi, dopo circa 60
anni, è ancora più che attuale.
Il bandito delle 11.00
Jean-Paul Belmondo
torna in questo breve elenco, forse perché il suo volto così
affascinante ha dato vita così bene all’idea di protagonista
maschile che aveva Godard, e infatti anche ne Il bandito
delle 11.00 torna l’attore francese, per una parabola che
è molto simile a quella percorsa in Fino all’ultimo respiro. Con
lui Anna Karina. Il film è però anche speculare rispetto all’opera
prima del regista francese, tanto era in bianco e nero quella,
quanto colorata e debitrice della pop-art questa, tanto era
istintiva e immediata la prima, quando costruita sulla poetica
anti-borghese la seconda. Forse il film più famoso di Godard agli
occhi del grande pubblico.
Due o tre cose che so di lei
Titolo citatissimo e
punto di non ritorno nel cinema di Godard. Il film esce in un anno
fondamentale per la carriera del regista, in cui escono tre suoi
film e in cui consolida il suo allontanamento dalla forma narrativa
tradizionale che aveva già seminato nelle opere immediatamente
precedenti. Il film segue Marina Vlady, una
donna borghese con marito e figli, in una sua giornata normale in
cui alterna commissioni quotidiane a sesso a pagamento. Non c’è più
traccia del cinema verità che aveva dato inizio alla sua carriera,
ma c’è la volontà di raccontare con occhio critico la società,
simulando un approccio cronachistico alla costruzione della
finzione.
Addio al linguaggio
E’ il film che, insieme a
Le livre d’image, è il testamento di
Jean-Luc Godard. E che testamento! Nulla nel film
mostra stanchezza o vecchiaia, anzi, una continua ricerca della
destrutturazione della storia e della poesia all’interno della
realtà ne fanno il contraltare perfetto rispetto a quell’occhio
così aderente alla realtà che aveva caratterizzato l’inizio della
sua carriera cinematografica. Addio al linguaggio è la continua
messa in discussione di se stesso e dell’occhio con cui ha imparato
a guardare alla realtà nel corso degli anni.