One Life: la storia vera dietro il film con Anthony Hopkins

Al cinema dal 21 dicembre distribuito da Eagle Pictures, il film narra la straordinaria storia vera di Nicholas Winton.

One Life film 2023

Chi salva una vita, salva il mondo intero“, vi è scritto all’interno del Talmud, uno dei Testi Sacri dell’ebraismo, ed è questo un aforisma che per alcuni è divenuto una vera e propria missione. Sappiamo di Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò più di mille ebrei dallo sterminio, a cui Steven Spielberg ha dedicato il film premiato agli Oscar Schindler’s List. O ancora di Desmond Doss, obiettore di coscienza dell’esercito statunitense che salvò oltre 300 soldati, sulle cui gesta è basato il film di Mel Gibson La battaglia di Hacksaw Ridge. Un’altra personalità distintasi per simili atti di umanità è Nicholas Winton, protagonista ora del film One Life (qui la recensione), in uscita il 21 dicembre distribuito da Eagle Pictures e con protagonista il due volte premio Oscar Anthony Hopkins.

 

Proprio a quella frase presente nel Talmud si riferise il titolo, One Life , avendo Winton basato la propria intera esistenza sulla convinzione che salvare anche solo una vita in più voleva dire salvare l’intera umanità. Nel film, basato sul libro di Barbara Winton, If It’s Not Impossible… The Life of Sir Nicholas Winton, si racconta dunque la sua incredibile storia vera, sempre caratterizzata da un’umiltà sconfinata. Diretto da James Hawes, il film oltre a Hopkins vanta nel cast anche attori del calibro di Helena Bonham Carter nel ruolo della madre di Winton e Johnny Flynn in quelli del protagonista da giovane, ma anche Jonathan Pryce, Lena Olin, Alex Sharp e Ramola Garai.

La trama del film One Life

In One Life si racconta dunque la vita di Nicholas Winton, un agente di borsa britannico figlio di genitori ebrei tedeschi, che negli anni Trenta, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, salvò centinaia di bambini dallo sterminio nazista. Winton sviluppa infatti un piano di salvataggio, noto come Operazione Kindertransport (ovvero “trasporto di bambini“). Grazie a questa operazione, Winton riuscì a far scappare dal paese un totale di 669 bambini prima che i confini venissero chiusi definitivamente. Nel film, si ripercorre dunque tale vicenda e l’impatto avuto nella vita di Winton, il cui impegno umanitario divenne noto pubblicamente solo negli anni Ottanta, quando ebbe l’occasione di incontrare nuovamente gran parte dei bambini a cui salvò la vita.

La storia vera di Nicholas Winton dietro il film One Life

Nicholas George Wertheim, questo il suo nome di nascita, è nato a Londra, in Inghilterra, il 19 maggio 1909. Era il maggiore di tre figli i cui genitori, Rudolf e Barbara Wertheim, erano ebrei tedeschi che in seguito si convertirono al cristianesimo e cambiarono il loro cognome in Winton. Nicholas crebbe con mezzi considerevoli: suo padre era infatti un banchiere di successo che ospitava la famiglia in un palazzo di 20 stanze a West Hampstead, Londra. Dopo aver frequentato la Stowe School di Buckingham, Winton seguì le orme del padre e fece un apprendistato nel settore bancario internazionale. In seguito ha lavorato in banche di Londra, Berlino e Parigi. Nel 1931 torna però in Inghilterra e inizia la sua carriera di agente di cambio.

La sua tranquilla esistenza venne però scossa nel dicembre del 1938, quando Winton saltò la prevista vacanza sulla neve in Svizzera per andare a trovare un amico che lavorava con i rifugiati nella zona occidentale della Cecoslovacchia, nota come Sudeti, che era caduta sotto il controllo tedesco. Durante questa visita, Winton fu infatti testimone in prima persona della terribile situazione dei campi profughi del Paese, che erano pieni di famiglie ebree e di altri prigionieri politici. Sconvolto da ciò che vide e sapendo che era in corso uno sforzo per organizzare un’evacuazione di massa di bambini ebrei dall’Austria e dalla Germania verso l’Inghilterra, Winton decide di muoversi rapidamente per replicare un salvataggio simile anche in Cecoslovacchia.

L’organizzazione dell’operazione Kindertransport

Lavorando inizialmente senza l’autorizzazione del gruppo, utilizzò il nome di Comitato britannico per i rifugiati e iniziò a raccogliere le domande dei genitori cechi in un hotel di Praga. Ben presto migliaia di persone si misero in fila davanti al suo ufficio. Winton tornò quindi in Inghilterra per organizzare l’operazione, cercando genitori adottivi, ottenendo i permessi di ingresso e raccogliendo i fondi per coprire i costi di transito dei bambini. Qualsiasi costo non coperto da queste donazioni, Winton lo pagò di tasca sua. Il 14 marzo 1939, poche ore prima che Adolf Hitler e i nazisti tedeschi prendessero la Cecoslovacchia, il primo treno che trasportava i bambini salvati da Winton lasciò il Paese.

Nei cinque mesi successivi, Winton e la piccola squadra che aveva messo insieme organizzarono altri sette treni di evacuazione che ebbero successo. In tutto, 669 bambini riuscirono a mettersi in salvo. Tuttavia, un nono treno, che doveva partire il 1° settembre 1939 con altri 250 bambini, non partì mai. Quello stesso giorno, Hitler invase infatti la Polonia e chiuse tutte le frontiere sotto il controllo tedesco, scatenando la Seconda Guerra Mondiale e ponendo fine all’opera di salvataggio di Winton. Dopo la fine della guerra, i bambini cercarono notizie sui propri genitori e parenti, con cui avevano perduto ogni contatto. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, le loro famiglie di origine erano state sterminate nella Shoah.

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La tardiva scoperta delle sue gesta

Per mezzo secolo, Winton ha taciuto il lavoro svolto e le vite salvate durante i primi giorni di guerra. Nemmeno la moglie di lunga data, Grete Gjelstrup, che aveva sposato nel 1948 e da cui aveva avuto tre figli, ne sapeva nulla. Solo nel 1988, quando Gjelstrup si imbatté in un vecchio album pieno di lettere, foto e documenti di viaggio, gli sforzi del marito tornarono alla luce. Nonostante l’iniziale riluttanza di Winton a parlare della sua operazione di salvataggio, Gjelstrup, con il suo consenso, consegnò l’album a uno storico dell’Olocausto. Ben presto altri vennero a conoscenza della storia di Winton. Fu scritto un articolo di giornale su di lui, seguito da uno speciale della BBC. Winton venne a quel punto elogiato in tutto il mondo e arrivarono lettere di apprezzamento da parte di importanti capi di Stato.

Considerato “l’Oskar Schindler britannico”, Winton ricevette una risoluzione del Congresso americano e la cittadinanza onoraria di Praga, la più alta onorificenza della Repubblica Ceca. Gli sono poi state intitolate strade e sono state erette statue in suo onore. Nel 2003 la Regina Elisabetta II in persona lo ha nominato cavaliere e nel 2010 ha ricevuto la medaglia di Eroe dell’Olocausto. La celebrità ottenuta ha però permesso a Winton di ottenere ciò che gli stava veramente a cuore: la possibilità di incontrare molti di coloro che aveva salvato. Furono così organizzate diverse riunioni, in particolare il 1° settembre 2009, quando un treno speciale che ricordava i salvataggi partì da Praga per Londra con a bordo alcuni degli sfollati originali.

Come avvenuto sette decenni prima, l’ormai centenario Winton ha salutato i viaggiatori al loro arrivo a Londra. Nel corso di molte interviste, a Winton è stato chiesto il perché avesse deciso di fare quello che ha fatto. “C’è una differenza tra la bontà passiva e la bontà attiva, che è, a mio avviso, la donazione del proprio tempo e delle proprie energie per alleviare il dolore e la sofferenza. Si tratta di uscire, trovare e aiutare coloro che soffrono e sono in pericolo, e non solo di condurre una vita esemplare, in modo puramente passivo, senza fare nulla di male“, era solito dichiarare. Winton si è poi spento il 1° luglio 2015, all’età di 106, ma le sue azioni rimangono indelebili nella storia dell’umanità.

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