Psycho: il montaggio della suspense realizzato da Hitchcock

Psycho, approfondimento film

Psycho, iconico film del maestro della suspense Alfred Hitchcock, è tornato nelle sale dal 10 al 12 ottobre, restaurato in 4k dalla Cineteca di Bologna. La pellicola, realizzata nel 1960, è considerata il prodotto più riuscito del regista, nonché quello con il maggiore successo commerciale.

 

La storia ruota attorno ad una donna, Marion Crane, interpretata da Janet Leigh, che dopo aver rubato un’ingente somma di denaro, finisce in un motel gestito da Norman Bates, un giovane dall’aspetto inquietante.

Se si pensa a Psycho, le sequenze di Marion nella doccia sono quelle che per prime affiorano alla mente, ancora prima di qualsiasi altro momento del film. L’impatto visivo scaturito da un montaggio esperto, ha fatto sì che quella scena diventasse “La Scena” del genere thriller per eccellenza. Ma come ha fatto il regista a creare un momento che è rimasto impresso nella storia del cinema hollywoodiano? Molti non sanno che l’ansia generata da quelle immagini e la forte suspense di cui sono pregne derivano dai famosi jump cut, tipici del cinema moderno, e altro non sono che un montaggio “a salti”.

Psycho, i falsi raccordi di Hitchcock

Il cineasta nei suoi lungometraggi gioca molto sull’attesa, elemento chiave delle sue rappresentazioni cinematografiche, che suscita una certa apprensione in chi fruisce. Per Hitchcock, l’elemento fondamentale che veicola la diegesi non è la sorpresa, era la suspense. Poiché era proprio questa che teneva gli occhi incollati allo schermo. Era lì che si giocava tutta la partita: lo spettatore sapeva cosa sarebbe successo a breve, e ne era angosciato.

Per sviluppare la scena della doccia in Psycho, momento emblematico dell’intero lungometraggio, Hitchcock prese “in prestito” da Godard – si fa per dire – proprio i falsi raccordi (jump cut). Il regista però operava nel periodo più florido del cinema classico, indi per cui il modo di rappresentare la scena attraverso questi “salti” strideva parecchio con il montaggio tipico del modello predominante dell’epoca, che era molto più pulito e ordinato. Ma a differenza del cineasta francese, che ne faceva uso per andare controcorrente, lui se ne servì per innescare il senso di inquietudine che i fotogrammi antecedenti l’omicidio dovevano trasmettere.

La famosa scena dell’omicidio di Psycho

La sequenza di Marion sotto la doccia ha due falsi raccordi: le inquadrature della donna sono veramente poco differenziate l’una dall’altra, e restituiscono quasi una sensazione di “spaesamento”, oltre che di estrema suspense. L’unico modo per provocarla era dare allo spettatore delle immagini estranee a quelle a cui il cinema classico lo aveva abituato. L’uso, in questo caso, del jump cut fu in grado di rilasciare tutta l’inquietudine necessaria per passare ai beat successivi.

Hitchcock in Psycho riuscì a ricorrere a questo particolare montaggio in maniera veramente eccezionale, preparando lo spettatore a quello che sarebbe accaduto di lì a poco: l’omicidio vero e proprio. Il tutto fu realizzato continuando con questo montaggio fuori dall’ordinario. La durata di ogni inquadratura mentre il delitto si consuma è, infatti, inferiore al secondo. Ciò che ne scaturì fu una frenetica successione di inquadrature spiazzanti, che portarono al tempo (ma anche adesso) ad un ricezione molto più forte delle immagini, provocando maggiore shock nello spettatore.

Nella storia del cinema, Psycho rappresenta un autentico labirinto di angoscia. La bravura di Alfred Hitchcock è stata proprio nel scandirlo grazie al suo straordinario lavoro fatto di un montaggio peculiare, minuzioso e prorompente. Un maestro del brivido degno di essere chiamato tale assieme al suo capolavoro immortale.

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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.