The Limehouse Golem: la spiegazione del finale e il significato nascosto

Il film The Limehouse Golem si conclude con un colpo di scena che rimescola completamente ciò che lo spettatore credeva di sapere. Ma cosa significa davvero quel finale? E quali indizi erano già presenti nella storia?

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Ambientato in una Londra vittoriana oscura e inquietante, The Limehouse Golem – Mistero sul Tamigi è un thriller gotico del 2016 diretto da Juan Carlos Medina e tratto dal romanzo di Peter Ackroyd. Il film intreccia atmosfere da romanzo noir con elementi horror e riflessioni sull’identità, il ruolo della donna e il potere della narrazione. Protagonisti della vicenda sono Bill Nighy nel ruolo dell’ispettore Kildare, Olivia Cooke nei panni dell’ambigua Lizzie Cree, e Douglas Booth nel ruolo dell’attore Dan Leno, figura realmente esistita nella scena teatrale londinese dell’epoca.

La narrazione si apre con una serie di brutali omicidi firmati da un misterioso assassino noto come “il Golem”. Le indagini conducono Kildare in un mondo di maschere, spettacolo e segreti taciuti, mentre il pubblico è progressivamente immerso in una rete sempre più fitta di sospetti. Il cast, ben diretto e perfettamente calato nei rispettivi ruoli, contribuisce a costruire un’atmosfera cupa e teatrale, dove il confine tra realtà e finzione diventa sempre più sottile. Il finale, sorprendente e stratificato, merita un’analisi più approfondita per comprenderne appieno il significato.

Cosa succede nel finale di The Limehouse Golem?

Nel climax del film, l’ispettore John Kildare (Bill Nighy) si avvicina sempre di più alla verità sull’identità del Golem, il serial killer che terrorizza il quartiere di Limehouse. Dopo aver escluso vari sospetti tra cui Karl Marx, George Gissing e Dan Leno, la sua attenzione si concentra su Elizabeth Cree (Olivia Cooke), attrice di teatro accusata dell’avvelenamento del marito. Kildare analizza i diari che descrivono gli omicidi in dettaglio, creduti scritti dal vero assassino, e nota una calligrafia compatibile con quella di Elizabeth.

Nonostante la condanna a morte già pronunciata nei confronti della donna, l’ispettore scopre che il manoscritto è stato scritto con inchiostro raro, presente nel camerino di Elizabeth, e che solo lei avrebbe potuto descrivere con tanta precisione i luoghi e le vittime. Tuttavia, la conferma arriva troppo tardi per intervenire legalmente.

La rivelazione dell’assassino e il destino di Elizabeth

Il colpo di scena finale svela che Elizabeth è il Golem. La sua mente brillante e disturbata ha orchestrato una serie di omicidi per imporsi in un mondo che le negava libertà e voce. Gli omicidi diventano una forma estrema di espressione artistica e ribellione. Elizabeth ha creato una doppia identità: la giovane attrice vittima e la spietata assassina, lasciando che gli altri fossero ingannati dalle apparenze.

Kildare, pur avendo scoperto la verità, sceglie di non rivelarla pubblicamente, forse per proteggerne il mito, forse per garantire a Elizabeth la fama e il potere che la società le ha sempre negato. Il film si conclude con l’esecuzione della donna, ma anche con la consapevolezza che la verità è stata archiviata per sempre sotto una coltre di silenzio e mistero. Elizabeth Cree diventa così leggenda, simbolo oscuro di una società che trasforma i suoi mostri in spettacolo.

Il significato nascosto del finale

The Limehouse Golem

La rivelazione finale non è solo un twist narrativo, ma un commento sulla maschera e la performance. Lizzie, relegata al silenzio da bambina e vittima di abusi, trova nel teatro e nel delitto l’unico modo per affermare la propria identità.

Il teatro, presente in tutto il film, diventa metafora della verità manipolata e della società vittoriana ipocrita. Il finale mostra come le maschere — quelle sul palco e quelle nella vita reale — possano celare mostri impensabili, e come il vero orrore possa celarsi sotto una facciata affascinante e tragica.

Redazione
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