Paul Greengrass è sempre stato interessato a rappresentare il mondo reale sullo schermo. Dopo aver iniziato la sua carriera nel mondo dei documentari all’età di vent’anni, ha affinato la sua caratteristica estetica osservativa che ha finito per definire il suo cinema.
“Mi ci sono voluti diversi anni per trovare la mia voce e un modo efficace per coniugare la registrazione e la ricreazione della realtà”, afferma Greengrass parlando del suo approccio alle storie di finzione con l’istinto di un documentarista. “Mi sono reso conto che, invece di cercare di girare film come farebbe un regista di fiction, sarebbe stato molto meglio tornare alle mie origini”.
Questa filosofia cinematografica ha portato alla realizzazione di diversi classici moderni tratti dai titoli dei giornali, tra cui Captain Phillips e United 93, e ha persino influenzato l’estetica mozzafiato e adrenalinica dei suoi film della saga Bourne. Ora, quella qualità di veridicità permea tutto The Lost Bus, in cui ricostruisce una storia miracolosa di eroismo e sopravvivenza nel mezzo del violento incendio Camp Fire del 2018 a Paradise, in California.
Dal Camp Fire alla storia vera di Kevin McKay
Il film racconta la vicenda dell’autista Kevin McKay (Matthew McConaughey) e dell’insegnante Mary Ludwig (America Ferrera), che salvarono 22 bambini mentre intorno a loro infuriava l’incendio più catastrofico nella storia della California.
“I lavori che ho realizzato basandomi su fatti reali tendono a muoversi tra due poli”, ha dichiarato Greengrass a TIME prima della première al Toronto Film Festival 2025. “Uno è quello che definirei un lavoro tranquillo e austero, come Bloody Sunday o 22 July. E poi ce ne sono altri come Captain Phillips, molto più simili a esperienze cinematografiche. The Lost Bus segue questa seconda strada”.
L’8 novembre 2018, un guasto alla linea di trasmissione della PG&E ha causato l’incendio più mortale e distruttivo nella storia della California. Le fiamme divamparono nella contea di Butte, propagate dai venti forti, causando la morte di 85 persone e costringendo oltre 50.000 abitanti ad abbandonare le proprie case.
Nel suo pluripremiato libro del 2021, Paradise: One Town’s Struggle to Survive an American Wildfire, la giornalista del San Francisco Chronicle Lizzie Johnson ha raccontato la tragedia. La parte dedicata allo scuolabus condotto da McKay è diventata la base del film, scritto da Greengrass con Brad Ingelsby, creatore di Mare of Easttown.
Tra documentario e cinema spettacolare
“Quando ho sentito parlare di questo autobus e di quei bambini, ho pensato subito: ‘So come farlo’. È stato istintivo”, racconta Greengrass.
Un film a cui ha pensato immediatamente come punto di riferimento, oltre ai suoi stessi lavori ambientati in spazi chiusi, è stato il western di John Ford Stagecoach (1939). “Qualsiasi tipo di compressione nella storia offre possibilità cinematografiche”, afferma. “E io sono interessato al cinema del movimento. Se ti trovi nel mezzo di una situazione pericolosa, la tua telecamera si muove con te”.
La storia lo ha colpito anche per la sua risonanza tematica, in un’epoca segnata da incendi e catastrofi ambientali sempre più devastanti. “Sono sempre interessato a ciò che guida il nostro mondo oggi. In Captain Phillips ho raccontato la globalizzazione. Con The Lost Bus vedo una micro-storia di sopravvivenza che riflette un problema globale”.
Verità e finzione sul grande schermo
Come si fa a modellare la realtà in termini cinematografici senza tradire chi l’ha vissuta? “Bisogna fare delle scelte per creare un’opera autentica che trasmetta la verità”, spiega Greengrass. “Anche in un documentario si fanno delle scelte. La domanda è: sembra reale o propagandistico?”.
Alcuni elementi sono stati modificati, come l’esclusione della seconda insegnante Abbie Davis, che non desiderava comparire nel film. Ma l’impegno per l’autenticità resta: McConaughey e Ferrera hanno incontrato i veri protagonisti della vicenda per comprendere cosa avessero provato.
Per rispetto, il film non è stato girato a Paradise ma a Ruidoso, in New Mexico, città operaia molto simile per atmosfera. Qui Greengrass ha trovato un campus abbandonato che ha permesso di controllare strade e scenari in totale sicurezza, senza rischi per la popolazione.
Gli incendi sono stati ricreati con gas controllati, senza pericolo di propagazione. La luce, invece, è stata ricostruita girando solo in determinate ore del giorno, per catturare quell’atmosfera sospesa e occlusa tipica del fumo degli incendi.
Un cast coinvolto in prima persona
La terrificante scena finale, quando l’autobus è costretto ad attraversare il fuoco, richiama direttamente Stagecoach, ma anche Lo squalo di Spielberg. “Questo film aveva bisogno dello squalo. Dovevamo personificare gli incendi come in Jaws: un personaggio affamato e minaccioso”, spiega Greengrass.
Il casting ha seguito la stessa logica di verità. McConaughey non è stato scelto come sosia, ma per la sua affinità culturale e umana con Paradise. Dettagli realistici, come il cane malato del personaggio, hanno aggiunto intensità emotiva. E per rafforzare il legame familiare sono stati coinvolti anche Kay e Levi McConaughey, madre e figlio dell’attore.
“Matthew e America sono stati fantastici con i ragazzi sul set, quasi come insegnanti. E quei bambini della scuola di Santa Fe si sono rivelati veri attori”, racconta il regista.
Resilienza e memoria collettiva
Il film sfiora il tema ambientale solo in un passaggio, quando il capo dei vigili del fuoco (Yul Vazquez) sottolinea come gli incendi stiano peggiorando. Per il resto, The Lost Bus evita il moralismo, lasciando che siano emozioni e contesto a emergere.
“Il cinema serve a commuoverci, a trasportarci, non a fare lezioni”, dice Greengrass. “La cosa che i film sanno fare meglio è mostrare la resilienza degli esseri umani di fronte alle avversità”.
“Se torniamo a Stagecoach, Ford ci ha mostrato la strada. Noi che lavoriamo alla sua ombra possiamo solo sperare di imparare da lui”, conclude.