Cannes 2016, Ken Loach dalla parte dei più deboli: “Il Welfare è una piaga europea”

A due anni da Jimmy’s Hall, presentato a Cannes nel 2014, Ken Loach torna sulla Croisette con un nuovo lavoro dalla parte degli ultimi, come del resto il regista britannico ha fatto dall’inizio della sua carriera. Girato a Newcastle con molti attori non professionisti, con i due protagonisti alla loro prima esperienza cinematografica o quasi, I, Daniel Blake fa della sua semplicità la sua forza, della sua umanità la sua emozionante qualità. A finire sotto i riflettori del set una storia di attesa e disperazione, quella di un 59enne malato di cuore troppo fragile per lavorare, troppo sano per raggiungere i punti necessari a ottenere un sussidio di invalidità. Per Daniel, il personaggio principale incarnato da Dave Johns, inizia così un calvario fatto di uffici, di ricorsi, di grandi rinunce e di morsi della fame; nonostante questo però non rinuncia a dispensare il suo amore per chi è ancor più in difficoltà di lui, come Rachel (Hayley Squires), madre single con due figli da sfamare. Il regista de Il Vento che Accarezza l’Erba tocca così lo scottante tema delle politiche del welfare in Inghilterra, raccontando un problema che però è diffuso praticamente in tutta Europa. “Al centro della nostra rappresentazione doveva esserci l’uomo, la sua umanità, per questo motivo abbiamo scelto una scenografia ridotta all’osso, allo stesso modo abbiamo optato per una fotografia essenziale, volevamo al centro della scena solo i personaggi. La storia è ambientata nel mio Paese, ma quello dell’assistenza alle persone più deboli della nostra società, più vulnerabili, è un problema europeo. Il numero di disoccupati, in attesa di un sussidio, cresce purtroppo a dismisura nel nostro continente, allo stesso tempo crescono i suicidi, un dramma enorme e scioccante” ha detto il regista incontrando la stampa del Festival.

 

Ken Loach 3

Regista che, come tradizione, ama lavorare con attori non professionisti, presi “dalla strada” o quasi, dagli stessi luoghi che poi va a raccontare su schermo: “Non è complicato lavorare in questo modo, con gente che non fa cinema in modo professionale. Ad esempio le persone del banco alimentare che si vede nel film sono davvero impiegati di quel posto, così come le persone che si vedono negli uffici avevano avuto esperienze simili in passato, è un processo davvero molto naturale, è la tecnica del neorealismo italiano, è una disperata ricerca di realtà”. Da questo meccanismo non si salvano neppure i due protagonisti, Dave Johns ad esempio è alla sua prima esperienza su grande schermo, il suo mondo è solitamente altrove, nei piccoli club, nel teatro underground della stand-up comedy, per Hayley Squires invece la recitazione è un mestiere relativamente nuovo: “È qualche anno che lavoro come attrice ma non ho mai fatto grandi ruoli. Quando il mio agente mi ha chiesto se conoscessi Ken Loach ho sgranato gli occhi, ho risposto CERTO. Così l’ho incontrato, abbiamo parlato per svariati minuti, mi ha chiesto della mia vita, dei miei figli, abbiamo improvvisato qualche dialogo preso dal copione, è stata davvero un’esperienza magnifica.”

Chi frequenta i Festival del cinema internazionali sa bene che i film proiettati presentano sempre dei sottotitoli, poiché in lingua originale. Nel caso di Cannes sono sempre presenti i sottotitoli francesi, in caso di lingua diversa dall’inglese sono presenti anche i sottotitoli inglesi. I, Daniel Blake è però un caso particolare: nonostante la lingua inglese, è stato presentato al pubblico e alla stampa comunque con il doppio sottotitolo francese/inglese. “Io vengo dal nord dell’Inghilterra” ha detto Dave Johns sorridendo, “e non sempre il mio accento è perfettamente comprensibile dagli stessi inglesi. Con il doppio sottotitolo abbiamo voluto aiutare il pubblico di Cannes”.

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