Gianmaria Fiorillo: intervista al regista e sceneggiatore di VAS

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Dal 20 novembre con Piano B, VAS – nato da un progetto che è iniziato sui social media – è un’opera prima di Gianmaria Fiorillo e ha per protagonisti Eduardo Scarpetta e Demetra Bellina.

Prende il titolo dal termine VAS (Visual Analogue Scale), un parametro visivo usato in medicina affinché i pazienti possano indicare l’entità del dolore che provano. La scala va da “nessun dolore” a “dolore insopportabile”.

In VAS, Camilla Sangez (Demetra Bellina) è una 25enne che vive a Milano, bella, intelligente e agorafobica. Filtra ogni suo rapporto attraverso i devices e da quando si è trasferita a Milano da poco più di un anno esce sempre di meno. Nella sua vita rintanata tra le pareti del suo piccolo appartamento prendono spazio solo due cose: il suo amico Adriano (Gabriel Lynk) e il racconto erotico/sentimentale dal titolo “C.A.S. – CAM AND SEX”, che Camilla pubblica a puntate su WriteApp – una app per scrittori in erba – seguito da pochi follower, cosa che a lei pare comunque un incredibile successo. Il suo racconto parla della relazione virtuale fra una ragazza che si chiama come lei e un ragazzo di nome Matteo, misterioso sconosciuto con il quale interagisce solo tramite devices. Ed è proprio uno sconosciuto di nome Matteo (Eduardo Scarpetta) che un giorno la contatta per caso: ecco che la finzione e la realtà si incontrano confondendo i confini di dove inizia una e finisce l’altra e spingendo i due a percorrere una personale scala del dolore dove dovranno affrontare le loro fobie e paure peggiori, provocando conseguenze imprevedibili per entrambi.

Abbiamo raggiunto telefonicamente il regista, Gianmaria Fiorillo e gli abbiamo chiesto di raccontarci la genesi di VAS.

È il risultato di varie esperienze personali, ma parte principalmente da uno spettacolo teatrale che si intitola proprio VAS e racconta la storia d’amore tra due ragazzi. Quello è stato il seme di un racconto che abbiamo completamente stravolto per ragioni cinematografiche, e l’abbiamo trasformata poi nel film. Altri spunti che hanno arricchito la storia sono stati il fenomeno dell’emigrazione giovanile: i ragazzi che dai piccoli centri si spostano nelle grandi città e si scontrano con il fenomeno sempre peggiore del caro affitti. E infine il film voleva essere anche una riflessione sulla solitudine e gli Hikikomori che, dopo la Pandemia, sono diventati quasi “di moda” ma che esistono da sempre.

Per un lavoro così ricco di spunti ci deve essere stata anche un una certa quantità di ricerca: il film racconta due individualità precise. Ci sono state persone a cui ti sei rivolto, con cui hai parlato, per costruire i tuoi protagonisti?

I due personaggi principali sono presi da talmente tante cose che ormai hanno raggiunto un’identità propria. Sono il frutto di mille racconti e esperienze, tutti condensati in due personaggi che ho cercato di scrivere con la massima delicatezza per rispettare la tematica clinica della loro condizione. Ho avuto anche la possibilità di avere delle consulenze con l’Associazione Hikikomori Italia. Il mio scopo ultimo era quello di raccontare due realtà per certi versi archetipali, che potessero racchiudere tante individualità e tante testimonianze raccolte nel corso degli anni, per raccontare un disagio contemporaneo che allo stesso tempo maschera un comportamento umano atavico.

Hai parlato anche per esperienza personale in questo film. Pensi che “stare dentro” a una storia tolga la possibilità di raccontarla in maniera oggettiva?

Io credo che un regista debba raccontare quello che conosce e che è nelle corde della sua esperienza diretta. Poi bisogna essere bravi e mettersi al servizio della storia, creare una messa in scena e una costruzione in grado di raccontare le cose in maniera quanto più oggettiva possibile. Alcuni aspetti poi vengono enfatizzate, altri smussati. Molte volte succede anche che dal punto di vista della scrittura alcuni aspetti della storia siano semplicemente spunti che prendono vita in maniera autonoma. Per esempio in VAS si nota che parte del lavoro più complesso è stato realizzato da Demetra ed Edoardo, nonostante non siano mai fisicamente nella stessa stanza.

Demetra Bellina e Eduardo Scarpetta sono i protagonisti di VAS

Infatti uno degli aspetti migliori del film è l’alchimia che si crea trai due protagonisti Demetra Bellina e Eduardo Scarpetta. Li hai tenuti a distanza per lavorare su questo tipo di dinamica che si crea trai personaggi o hanno provato insieme?

In realtà, loro seppur distanti, dovevano avere una certa intimità e quindi il metodo è stato quello di farli stare insieme quanto più possibile. Abbiamo fatto tante prove insieme, come si potrebbe fare a teatro, abbiamo fatto tante letture, soprattutto perché lavorando su set molto piccoli, dovevamo essere molto precisi sia nei tempi che nei movimenti. Nell’atto pratico delle riprese, invece, entrambi recitavano sempre davanti a uno schermo, separatamente. Per fortuna l’intimità che devono avere i personaggi passa a schermo, nonostante sia stato tutto un lavoro molto tecnico e costruito. Loro sono stati straordinari, sono riusciti a emozionarsi di fronte a una messa in scena veramente fredda.

Qual è l’accoglienza che ti aspetti per questo film che, nel mercato contemporaneo, è un progetto piccolo e si scontrerà con colossi e blockbuster?

Innanzitutto, sono molto contento di avere questa concorrenza vuol dire che il cinema è vivo e che comunque tanta gente andrà al cinema perché ci sono offerte diverse per tutti i gusti degli spettatori. Mi auguro che così facendo intercetteremo i gusti anche del pubblico interessato a un film più piccolo. E magari rispetto ai grandi film in cartellone, noi cerchiamo di compensare con i temi e i contenuti che possono essere più interessanti o originali. Ma soprattutto sono fiducioso per il fatto che il film intrattiene e possa offrire una buona ora e mezza di cinema senza eccessive sovrastrutture e pretese. Alla fine lo scopo principale del cinema è questo!

Tornando al vero tema del film, quali pensi possano essere le conseguenze a lunga scadenza di questo nuovo, forse imperfetto, ma sicuramente reale modo di vivere le relazioni?

Secondo me a lunghissimo termine si creerà un equilibrio… si parla di temi quali la digitalizzazione della vita, del lavoro, quindi della quotidianità, si parla della sovraesposizione, dell’Iper connessione e secondo me questi due personaggi hanno qualcosa in più rispetto a chi vive questo cambiamento in maniera passiva. Loro avvertono un disagio e secondo me questo disagio potrebbe essere il campanello d’allarme di una situazione più ampia, di una presa di coscienza: va bene che la vita sia cambiata in questo modo verso una digitalizzazione e un’alienazione dei rapporti, ma bisogna trovare un attimo per fermarsi e rintracciare un equilibrio che è andato perduto. Bisognerebbe cominciare a contemplare la possibilità di non avere i social network personali, o di scegliere se rispondere o meno al telefono, senza essere schiavo di certe dinamiche, ritrovando il piacere del contatto con gli altri.

Come dice a Napoli, ‘più nera della mezzanotte non può venire’ per dire che peggio di così non si può andare. E siamo di fronte a un punto in cui dobbiamo per forza trovare il tempo e il modo di ri-centrarci e cercare un equilibrio. In questo, VAS è emblematico perché ha vibrato a diversi livelli con chiunque lo abbia visto, il che vuol dire che in molti modi racconta l’oggi. Ho cercato di pormi delle domande più che di darmi delle risposte. Spero di esserci riuscito.

Prodotto da Al One in co-produzione con Meleagris Film, Vas arriva al cinme ail 20 novembre distribuito da Piano B.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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