Questa mattina alla Casa del
Cinema di Villa Borghese è stato presentato il film Il
Flauto di Luciano Capponi. Alla conferenza stampa
hanno partecipato il regista, l’attore Patrizio Olivia e
Totonno Chiappetta e il distributore Giacomo
Carlucci.
Possiamo dire che il tema della
reincarnazione è accennato e poteva essere spinto di più
L.C:Mancano tre parole fondamentali nella vita, il buon senso,
il rispetto e l’onestà, ed è quello che cerco di raccontare in
realtà da sempre nella mia carriera d’autore post-contemporaneo,
come mi hanno citato in una tesi di laurea. Quello che ho cercato
di raccontare sono quelle tre parole, che credo che Patrizio sia
riuscito a comunicarle, possono essere delle armi in realtà che
forse ormai sono totalmente sommerse sotto il peso di una
determinazione mediatica, ma che a mio avviso, forse dovremmo
cominciare a rifletterci.
È un film di nicchia?
L.C.:Io non sono d’accordo, e questa è una mia opinione
personale. Perché io ho avuto sempre un mio pubblico ovunque io sia
andato, anche con il mio teatro. Le mie cose piacciono specialmente
ai bambini, quindi non credo che un bambino possa essere definito
un ascoltatore della nicchia.
Mi diverte sempre credere che
l’aldilà sia in realtà semplicemente una porta che si apre e mi
diverte anche pensare che forse è apparentemente sconosciuta.
Io credo che siamo tutti molto piccoli, anche nelle dimensioni,
questa è una scoperta iniziatica che ho fatto la prima volta che ho
volato in aereo perché vedevo le macchinette piccoline mi sono
immaginato un marito e moglie che litigavano e c’era da ridere!.
Sono dei paradossi e me ne rendo conto, ma solo chi ha la volontà
di accettare un apparente segreto può accogliermi quando dico che
un grande segreto dell’esistenza è un piatto di spaghetti con il
pomodoro mangiato con gli amici. Che sembra una sciocchezza un
valore al lato, ma invece per me è una cosa molto importante.
Per me il film è l’emozione di un momento, non è la gloria dei
riflettori, il divismo, folle di ragazzini, io sono sempre un po’
preoccupato di quello che faccio, perché sono sempre ‘sopra’ o
‘fuori’ però mi sembra di comprende che una volta tanto i presenti
in questa conferenza stampa hanno colto il mio messaggio è questo è
per me più di una speranza.
Patrizio come è stata la tua seconda esperienza d’attore?
P.O.:Per me è stata un esperienza affascinante; non avrei mai
pensato che sarei entrato in questo mondo, ci sono entrato per caso
e devo dire che il calcio è stato galeotto. Luciano è il presidente
di una squadra di calcio che si esibisce solo per beneficenza e per
aiutare i bambini. Luciano mi vide nello spogliatoio insieme agli
altri della squadra e mi disse ‘tu sei un bravo attore‘ e io
gli risposi ‘no guarda mi hai confuso per qualcun altro, io sono
Patrizio Oliva il pugile‘ e lui ‘no no, ti conosco, tu sei
un bravo attore‘ e io gli ho detto ‘ma guarda può darsi pure
ma mi dai l’impressione che tu sei pazzo perché io non ho mai
recitato‘ e invece poi mi ha convinto mentre stava girando
Butterfly Zone. Mi fece fare un cameo e fu anche
molto apprezzato dai critici. Inseguito mi ha chiamato e mi ha dato
questa ulteriore responsabilità dicendomi che stava scrivendo un
altro film e che gli avrebbe fatto piacere se io interpretavo il
protagonista e io lì ho pensato che era pazzo!
Mi ha convinto e io sono una di quelle che persone che tutto ciò
che fa le fa con estrema serietà, con estrema professionalità
perché so che mi gioco la mia storia sportiva e perciò quando
faccio una cosa la voglio fare bene per non fallire. Allora ho
cominciato ad andare da Luciano ogni fine settimana e abbiamo
lavorato. E mi ha portato pian piano in questo mondo e vi posso
dire che se non fosse stato Luciano il regista per questo film e
per questa mia iniziazione, non so se avrei potuto sopportare
un’altro regista che, come capita, mi avrebbe potuto aggredire
perché io sono sempre stato un pugile, mi sono sempre scontrato ad
armi pari con i miei avversari e non avrei mai potuto sopportare
l’aggressione di un regista. Invece lui mi ha capito e mi ha
insegnato a saper vivere il personaggio, mi ricordo che quando
giravamo il film più volte mi richiamava e mi diceva ‘ no, no
patrizio e stai facendo Patrizio Olivia‘ e io ‘Lucià che
devo fa?‘ ‘Devi fare Gennaro Esposito, devi vivere il
personaggio”’ capì così quello che Luciano voleva, non dovevo
recitare dovevo essere vero, dovevo essere quello che sul ring ero
sempre stato; capendo così chi era Gennaro Esposito quali erano i
suoi sentimenti, i suoi valori, i suoi problemi e angosce, cercando
di esprimerle.
Mi sono sentito realizzato nel fare questo lavoro.
Totonno com’è lavorare con Luciano Capponi?
T.C.: Io e Luciano Capponi ci conosciamo da quarant’anni e lui
per me resta, nonostante la sua grande preparazione nell’immagine,
un grande raccontatore di favole e quello che avete visto, il
Flauto ne è l’esempio. Lui è il vero poeta, io lo so perché
conosco le sue canzoni di tanti anni fa, so che lui è stato il mio
maestro che mi ha aperto quella porticina alla poesia. Ecco perché
bisogna vedere le cose di Luciano con un attenzione particolare,
anzi addirittura senza attenzione, perché arrivano meglio. Il
Flauto rappresenta innanzitutto questa attesa, questo stupore
di queste anime senza memoria, il traditore di ogni essere umano è
il cervello anche se quello che conta è lo stomaco, le viscere.
Giacomo Carlucci, quante copie
sono previste per la distribuzione?
G.C.:Questa è una sfida che noi credo abbiamo vinto, ci siamo
chiesti, perché delle pellicole così non possono raggiungere il
grande pubblico? Lo sappiamo com’è l’ambiente del cinema, la
produzione, la distribuzione e via dicendo. E Gennaro Esposito a
fatto sì che questo film uscisse in 120 sale compresi i grandi
circuiti quali l’UCI, 41 sale dell’UCI in tutt’Italia e nelle
grande città. Ma questo film non muore adesso perché subito dopo
comincia anche una tour teatrale di Patrizio “Due ore
all’alba” e il film sarà contemporanee nelle province.
Noi ce l’abbiamo fatta nonostante tutto e tutti, nonostante i
meccanismi che regolano questo settore, ce la facciamo a
raggiungere il vasto pubblico che forse è l’obiettivo principale di
Luciano Capponi, di raggiungere la gente.