“Il cinema ha due anime, quella realistica dei Lumiere e quella fantastica di Méliès, e io ho sempre oscillato tra queste due cose e se si riescono a mettere insieme, io sono molto contento. Sono sempre stato attratto da storie che ti permettono di andare in mondi paralleli.” Così Gabriele Salvatores introduce la conferenza stampa del suo ultimo film, Il Ragazzo Invisibile, al cinema dal 18 Dicembre e distribuito in più di 400 copie nel week-end prima delle festività, “Partecipiamo alla Champions uscendo a Natale! Ora ci si gioca subito tutto in un week-end, ma mi piacerebbe riuscire a combattere il preconcetto che anche in Italia si può fare un film di supereroi. Come mi ha detto una bambina di 6 anni dopo l’anteprima “Perché ti piace?” “Perché è magico, ma ci credo.” Ecco se si riuscisse a superare questo preconcetto, allora in Italia si aprirà una bella strada.”
Il Ragazzo Invisibile racconta la storia di Michele, un ragazzo preso sempre di mira a scuola e che risulta invisibile a tutti i suoi coetanei, in particolare a Stella, la nuova arrivata in classe di cui lui è innamorato. Un giorno però tutto cambia, quando Michele una mattina si guarda allo specchio e scopre di essere veramente invisibile.
Come mai è così difficile fare film del genere in Italia?
“L’idea non è mia purtroppo.” confessa Salvatores e passa la palla al produttore Nicola Giuliano, “Non è facile, ma era il momento di provare a farlo. Ci vuole passione, idee e perseveranza nel volerle fare le cose in Italia. E questa è anche una scommessa per capire se il nostro pubblico è pronto a dare una chance ai film di supereroi fatti dal cinema italiano.” “Volenti o nolenti, americanata o no, noi siamo cresciuti con questo immaginario. Fa parte del nostro DNA narrativo. E’ stato molto naturale lavorarci e sentiamo ci sia altra benzina per lavorarci ancora.” commentanti gli sceneggiatori, “Abbiamo attinto al nostro immaginario di bambini degli anni ’80. Quando scrivi non ti preoccupi del budget, ma sapevamo che tutto il film sarebbe costato come un minuto de I Guardiani della Galassia e abbiamo dovuto adottatare un ‘approccio più europeo nella narrazione, esplorando di più la scoperta di un potere da adolescente.” (n.d.r Il film è costato 8 milioni, un budget elevato per un film italiano, ma non per uno del genere.)
Dopo aver presentato a Settembre
alla 71° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Italy in
a Day, e aver esplorato diversi generi cinematografici nel
corso della sua carriera, da Puerto Escondido,
Quo Vadis, Baby? a Io Non Ho
Paura, fino a Mediterraneo,
Gabriele Salvatores arriva a dirigere un
film per famiglie: come mai questa scelta?
“Penso che a me un superpotere sia arrivato dall’alto proprio
nel ’92, con l’Oscar per Mediterraneo. Un premio che ho vissuto
stupidamente e anche con un po’ di sensi colpi, perché c’erano
tanti altri bei film in concorso quell’anno, perché era solo il mio
terzo film, e anche perché in quegli anni Hollywood era l’impero
del male. Allora siccome avevo questo debito, ho pensato a come
ripagarlo! Faccio una cosa per cui gli altri riceverebbero dei no.
Ma chi può dire di no ad un regista premio Oscar? Così ci abbiamo
provato anche con i supereroi!”
Che film di riferimento
aveva prima di iniziare le riprese?
“Ho letto tanti fumetti nella mia vita, ma non ho visto tanti
film di supereroi. E se devo essere sincero, non tutti mi
piacciono, ma alcuni molto. Ho amato il primo
Batman di Tim Burton, Il
Cavaliere Oscuro di Nolan e il primo
Spiderman. Ma quello più vicino al nostro concetto
e che è più un horror, è Lasciami Entrare. Un film
secondo me non sui vampiri ma sull’amore. Da piccolo leggevo
Flash Gordon e Corto Maltese, che
era un supereroe dell’anima. Che tipo di adolescente ero? Io
pensavo che stavo facendo film di questo tipo perché non ho figli,
quindi me li creo sullo schermo, ma secondo il mio analista sono io
il ragazzo del film.”
Presente a Roma anche il cast al completo: Ludovico Girardello che interpreta il protagonista Michele, “Trovarmi sul set con attori di così grande esperienza, e anche un regista premio Oscar è stata un’esperienza bellissima. E’ stato il mio primo film, e per ottenere questo ruolo ho fatto 5 provini. Io ero tranquillo, invece mia madre aveva tanta ansia di sapere l’esito!”, e Noa Zatta che interpreta Stella, anche lei per la prima volta sullo schermo, “Stella vive nel suo mondo e per questo non è stato difficile per lei credere al Ragazzo Invisibile. Mi sono ritrovata molto nel personaggio, anch’io vivo un po’ nel mio mondo. Dopo tanti provini, appena ho saputo di essere stata presa per la parte ho iniziato ad urlare e ho corso per tutta Trieste!”. Sicuramente un debutto che si ricorderanno e inoltre è già in cantiere l’idea di un sequel e Salvatores è propenso a mantenere lo stesso cast, “Sarebbe molto bello vedere i ragazzi che crescono, quasi un “Boyhood” supereroe.”
A fare da spalla ai
ragazzi Valeria Golino nella parte di Giovanna, la
mamma di Michele, “Giovanna è una donna buona, innamorata di
suo figlio, onesta e umana.Dovevo portare questo personaggio ad
avere poco mistero e farle fare da veicolo allo spettatore per
rendere credibili tutte le cose incredibili. Mi sono ispirata a
Toni Colette ne Il Sesto Senso,
dove interpretava la mamma del bambino. A mio avviso una
performance incredibile: quel personaggio femminile riusciva a
rendere tutto quell’orrore, credibile. E poi c’è stato il
divertimento puro di essere coinvolta in questa avventura
bambinesca.”, e Fabrizio Bentivoglio,
nei panni dello psicologo Basili “Il mio era un personaggio
doppio, suo malgrado. E questa doppiezza era una patata bollente da
interpretare, perché ne andava della credibilità di Michele come
Ragazzo Invisibile. Abbiamo deciso quindi quasi di non farlo
sentire questo confine tra reale e irreale.”
Oltre al film è stata pubblicata anche una graphic novel in 3 albi edita da Panini e un romanzo per Salani Editore, “E’ nato prima il film. Poi abbiamo pensato che era giusto creare un mondo intorno al soggetto. Il fumetto non è la storia del film, ma è più un prequel . Ci sono brandelli di film, ma solo a far da cornice. Chi legge il fumetto arriva a vedere il film con una concezione diversa. Nel romanzo invece si esplorano di più i personaggi che nel film vengono solo sfiorati, abbiamo avuto modo di raccontare di più i sentimenti e le sensazioni dei personaggi durante la storia.” conclude Giuliani.