Quest’oggi presso l’AuditoriumArte si è tenuta la conferenza stampa del film Fuori Concorso Il venditore di medicine di Antonio Morabito. In sala oltre al regista era presente il cast, composto da Claudio Santamaria, Isabella Ferrari e Ignazio Oliva ed il produttore Matteo Pagani.
Come è stato pensato il
personaggio di Bruno?
Antonio Morabito: Stiamo parlando di una persona che
all’interno di una situazione dilagante, di corruzione non
rappresenta uno dei primi artefici, cioè uno dei vertici che
muovono i fili di questa dinamica, ma rappresenta anche la vittima
di questo ingranaggio, questo perché volevo assolutamente far
vedere come questo problema, la corruzione tra la farmaceutica e la
sanità, sia un qualcosa di vicinissimo a noi, non stiamo parlando
dei grandi soprusi che le nazionali del farmaco fanno nel sud del
mondo. Ma stiamo parlando del nostro medico di fiducia, il medico
di base. Volevo porre l’accento di quanto fosse un qualcosa di
molto prossimo a noi.
Il film nasce da quale
esigenza?
A.M.:Nasce da un’esigenza personale perché
io purtroppo mi sono trovato a con necessità di trovare un farmaco
per una malattia rara che colpì mio padre, prima che questo farmaco
fosse messo in commercio in Italia ed in occidente. Questo farmaco
già esisteva in altre parti del mondo ma l’FDA non dava il permesso
di entrare nel mercato. Siccome vengo da una famiglia di medici, i
miei zii, i miei nonni erano medici, ho sempre visto la malattia e
il farmaco come un qualcosa di molto regolato. Non riuscendo a
trovare questo farmaco ho provato a interessarmi personalmente sul
perché e perciò ho scavalcato quella linea immaginaria che c’è tra
la sanità e la farmaceutica, per vedere tutti le fasi di un farmaco
e lì mi si è aperto un mondo. Che ho approfondito conoscendo una
marea di informatori del farmaco delle più disparate case
farmaceutiche, ma anche medici che operano oggi nel settore, e lì
sono arrivato a capire come funzionano le cose, purtroppo
sottolineo che questo non si tratta solo di poche “mele marce” ma
purtroppo si tratta dell’andazzo del sistema.
Claudio tu sei protagonista di
questo film, sei vittima e carnefice
C.S.: Il film
prende il punto di vista da questa figura che è l’ultima ruota del
carro, colui che conta meno di tutti, ma rappresenta non solo
dell’informato scientifico ma una classe molto precisa, l’uomo con
la valigetta, il rampante, colui che cerca di raggiungere un certo
status sociale della ricchezza, ed è proprio questo il meccanismo
che funziona tanto nel film, perché è il carnefice e anche vittima,
perché di fatto per sostenere questo ritmo e questa pressione che
viene dall’alto è costretto di fatto a drogarsi, quello che gli
prescrive il suo medico non è altro che cocaina legale, anfetamina.
Non solo questo ma attraverso i suoi strumenti, fa del male anche
alla sua famiglia, distrugge ciò che ama, sua moglie, ritrovandosi
dall’altra parte e forse capisce davvero e profondamente di cosa si
tratta il suo lavoro.
Isabella e Ignazio siete due lati
opposti dello stesso sistema.
Isabella Ferrari: Mii
sono resa conto di avere un personaggio che comunque era tanto che
non mi veniva offerto, lontano dai ruoli fatti ultimamente, quindi
c’era una curiosità d’attrice che si muoveva, inoltre è un opera
prima, in qualche modo, è un film di denuncia, un film che
socialmente e politicamente ha un senso farlo oggi. Poi portato da
Matteo Pagani un produttore che io stimo e seguo da sempre
quindi non ho avuto dubbi. Ho avuto un po’ di dubbi quando l’ho
letto perché mi sembrava, terribilmente forte, che non poteva
essere reale, questa capo area con una totale mancanza di umanità.
La mia preoccupazione era capire se era reale lo script, ho preso
le mie informazioni, ho incontrato due capo area, è molto difficile
parlare di queste cose, quindi ho sentito una sorta di fastidio,
perciò ho fatto leggere solo le mie battute. E loro mi hanno
confermato questo sistema. Inseguito mi sono buttata nella
direzione che mi ha dato il regista.
Ignazio Oliva: Io rappresento la parte etica ed è stata
abbastanza facile farla, perché siamo più o meno tutti sulla stessa
onda, il regista ha voluto fare il film per denunciare la
situazione che per me è oggettiva ed è vera. Ed io rappresento
secondo me quel tipo di medici, che secondo me esistono, che ci
sono, che vanno valorizzati, quelli che si rifiutano di stare al
gioco, rischiando il lavoro, la vita e tutto quello che ne
consegue. Per me è stato un grande piacere ed onore lavorare con
tutti loro.
Data la forza del
messaggio che viene trasmesso dal film, siete mai stati ostacolati
durante la produzione?
Matteo Pagano: Ti ringrazio
ma non c’è stato nessun coraggio, è stata una necessità. Antonio mi
ha portato questa storia ed è interessantissima, non credo che
serva tanto coraggio per dire la verità. Tengo a precisare che
tutto quello che c’è nel film è assolutamente vero. Non c’è un
minimo di esagerazione, anzi c’è una forma di riduzione
dell’evidenza.
A.M: Si ci sono state, a parte le varie lettere al limite
della protesta, ci sono arrivati insulti…anche fantasiosi, di
informatori e medici indignati, che “la sanità venga sempre dipinta
in questo modo” oppure “diamo una brutta immagine dell’Italia”.
Infatti, quando abbiamo fatto la conferenza stampa a Bari tre
giorni prima delle riprese, il direttore sanitario dell’ospedale
che già avevamo contattato per usare l’ospedale per girare,
inseguito a questa conferenza, revocato l’utilizzo dell’ospedale.
Così come anche i tre medici che ci avevano dato il loro studio
privato. E questi tre medici lavorano nello stesso ospedale di quel
direttore sanitario….sicuramente sarà stato un caso!
Qual’è la sua posizione sulle
staminali?
A.M: Fare questo film fa male proprio
perché la sanità Italiana avrebbe un grosso potenziale, ci sono
paesi al mondo che non hanno sistemi sanitari come il nostro, per
cui vederlo distrutto e stracciato fa ancora più male. Per
quanto riguarda le staminali non capisco perché la ricerca venga
così frenata.
Quanto sei stato costretto a
censurarti?
A.M.: A me è piaciuto molto The
Costant Gardner, però guardando quel film lo sento un po’
protetto dalla distanza, quello è anche un film d’inchiesta che fa
vedere questi grandi meccanismi a livello dei vertici, io volevo
fare un’altra cosa, volevo far vedere che noi questi livelli ce li
abbiamo in casa e ci viene presentato dal nostro dottore, e questa
cosa secondo me si può fare solo se si rimane appiccicati al suo
personaggio e si diventa la sua ombra, facendogli pressione con la
macchina da presa.