Sorrow and Joy recensione del film di Nils Malmros

sorrow and joy recensioneIl regista danese Nils Malmros ci accompagna con Sorrow and Joy (Sorg og Glaede) in un viaggio nei ricordi e nella vita di un regista cinematografico, alle prese con la revisione della sua storia d’amore con Signe, sua compagna da due anni, che durante una fortissima crisi psicotica, ha ammazzato la loro figlioletta di nove mesi, Maria.
Siamo negli anni ’80 e di ritorno da una prestigiosa conferenza universitaria, Johannes, acclamato regista danese, trova la sua casa immersa nel lutto. In un momento particolarmente difficile della sua vita, la sua compagna affetta da depressione ha ucciso con un coltello da cucina la figlia di soli nove mesi.

sorrow and joy recensione poster

 
A partire dalla constatazione della tragedia e dal ricovero in una clinica psichiatrica della donna, Johannes inizierà un percorso interiore che lo porterà a raccontarsi e raccontarci il suo incontro con Signe, la sua vita con questa donna complicata e il lento sprofondare della donna, non adeguatamente curata, in un baratro che presto, come purtroppo sappiamo, la inghiottirà.
Il tronfio regista protagonista della pellicola di Malmros fa un resoconto apparentemente oggettivo della sua relazione con questa donna, mostrandosi inconsapevolmente inadeguato ad avere a che fare con una psicologia così fragile. In maniera speculare però anche il regista  di Sorrow and Joy si ritrova ad essere completamente inadeguato nell’inquadrare, raccontare e commentare il disagio mentale e le dinamiche che intorno ad esso proliferano con una complessità davvero difficile da raccontare in maniera assoluta, e non solo per il cinema.
Nel tratteggiare il personaggio di Signe, il regista sembra voler ricondurre la nascita del suo disagio all’adolescenza, periodo notoriamente complicato e formativo per tutti gli esseri umani. Allo stesso modo diversi accenni si fanno al background familiare in cui è presente il disagio mentale, vissuto come macchia, come vergogna e come (ovviamente) portatore di grande sofferenza. Anche se le fondamenta del racconto sono gettate con cognizione di causa, il film naufraga in un abisso di irrealismo. L’immensa sofferenza che dovrebbe trasmettere la situazione narrata sembra scivolare sugli interpreti che appaiono freddi, inconsistenti e forse inadeguati a raccontare una storia potenzialmente molto potente ma sciupata da un’eccessiva lunghezza del film e da un’approssimativa messa in scena di quei sentimenti fondativi dell’essere umano che si vorrebbero invano mettere in mostra.
Presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival di Roma, Sorrow and Joy ha il sapore dell’occasione persa, dell’idea sprecata, dell’approssimazione con cui troppo spesso viene affrontato al cinema l’insondabilità della mente umana.

 

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