Allied: recensione del film con Brad Pitt e Marion Cotillard

Allied

Arriva in sala il 12 gennaio Allied, il nuovo film di Robert Zemeckis che vede protagonisti Brad Pitt e Marion Cotillard. Se esiste un elemento che separa l’uomo dall’animale è forse la profondità dello sguardo. Seppur violente, istintive, le bestie non mentono mai, negli occhi di un uomo invece può nascondersi un mondo parallelo, capovolto, dove si cammina sul cielo e si naviga a pelo d’aria. Mentire fa parte della nostra natura innata, una natura in cui il confine fra vita e teatro è sottile, quando non è invisibile. Questo confine non esiste affatto fra Max Vatan e Marianne Beausejour, che vivono fianco a fianco da sconosciuti nelle notti d’Africa, prima per sopravvivere ai nemici tedeschi, poi per creare una nuova vita il più lontano possibile dal recente passato. La stessa guerra che ha portato spavento e terrore, ha generato un legame d’amore che sembra più forte di qualsiasi odio o inganno.

 

Allied – il fascino dei protagonisti

Secondo Robert Zemeckis e Steven Knight però, quest’ultimo autore della sceneggiatura, anche le certezze assolute possono crollare, in un thriller dai tratti romantici che profuma d’altri tempi. L’intero impianto tecnico e fotografico di Allied sembra un diretto omaggio ai classici hollywoodiani degli anni ’40 e ’50, epici eppure in parte sterili, artefatti, che dagli studi di Los Angeles lasciavano partire l’immaginazione dello spettatore verso mete lontane, spesso esotiche.

Istantanee patinate ma profondamente affascinanti, funzionali e misteriose, arricchite talvolta da tinte fosche e buie, esattamente come le scene che sospingono oggi Brad Pitt e Marion Cotillard, nelle vesti di un uomo e una donna che hanno fatto della menzogna il loro mestiere. Un meccanismo che si insinua sotto pelle, difficile da lasciare indietro e persino da domare, anche una volta smessa l’uniforme. Un destino doloroso, soprattutto quando si pensa di essere cambiati, rinnovati nelle intenzioni e nell’animo.

AlliedAllied – il dubbio al centro della storia

È forse questo il cuore di Allied, il suo epicentro: l’illusione della fiducia, il costante dubbio, che mette a repentaglio anche la fortezza più solida. Robert Zemeckis mette così in scena un’opera elegante, confezionata omaggiando il passato e pensata per esistere sulle vesti dei due protagonisti. Quando queste vengono tolte, abbandonate al vento e alla sabbia, Allied si fa ancora più oscuro, ambiguo, sospeso su un confine sottile che separa la realtà dalla finzione. Nonostante in superficie sembri un film impigliato nel citazionismo, fra le pieghe del testo si nasconde un linguaggio rinnovato, capace di cambiare forma e prospettiva a seconda dell’angolo da cui viene osservato.

Accade così che le note più drammatiche e sospese del thriller lascino spazio al romanticismo, la tensione ceda alla passione, e viceversa. Un gioco malsano e pericoloso raccontato con maestria, enfatizzato da una colonna sonora firmata Alan Silvestri colma di rimandi nostalgici, ballate jazz e archi malinconici. Non esiste niente di vero, tranne la verità.

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