Another End: recensione del film di Piero Messina

Al suo secondo film Piero Messina torna ad esplorare le dinamiche dell’elaborazione del lutto, con l’aiuto della fantascienza.

Another End recensione, Gael Garcia Bernal
Gael-García-Bernal_DSC_7016_picture-by-Matteo-Casilli_©Indigo-Film_rev

Another End è il nuovo lungometraggio di Piero Messina, che arriva nelle sale italiane dal 21 marzo. Il regista siciliano torna a dirigere per il grande schermo dopo una lunga pausa durata nove anni. Il suo esordio risale infatti al 2015, quando aveva firmato il promettente L’attesa, con Juliette Binoche, rivelandosi regista accorto e delicato, con una predilezione per le tematiche legate al lutto e alla perdita. Ci sono stati poi lavori come la serie tv Suburra, di cui Messina ha diretto la seconda stagione, senza tralasciare il suo lavoro di compositore. Con Another End il regista di Caltagirone torna al tema a lui caro, scegliendo un cast internazionale fatto di certezze come Gael Garcìa Bernal e Bérénice Bejo e giovani promesse e mescolando il dramma alla fantascienza in una chiave molto personale.

 

La trama di Another End

Sal, Gael García Bernal, ha perso la moglie in un incidente stradale e non riesce a darsi pace. Quando tenta il suicidio, sua sorella Ebe, Bérénice Bejo, lo convince a rivolgersi alla società per cui la donna lavora. Essa ha infatti messo a punto una tecnica, che ha chiamato proprio Another End, attraverso cui è possibile trasferire nel corpo di un ospite vivo pensieri, memorie e personalità di una persona deceduta. Il tutto, però, può durare solamente per un breve lasso di tempo. È quanto è concesso a chi ne fa richiesta per elaborare il dolore legato alla perdita del proprio caro e poter accettare la sua dipartita. Sal, dapprima contrario, si lascia convincere, trovandosi così accanto una donna, Ava, Renate Reinsve, che seppur fisicamente sia totalmente diversa dalla defunta moglie Zoe, ne possiede i ricordi, il modo di pensare, il carattere. Questo aiuterà davvero Sal a superare il lutto? Come interagiranno Sal e Ava-Zoe? Cosa succederà, poi, quando il tempo a disposizione della coppia sarà finito? Quel che è certo è che i due iniziano insieme un viaggio dalla meta sconosciuta.

Fantascienza e approfondimento psicologico

Another End è un film dal carattere non spiccatamente italiano. Non solo perché è ambientato negli Stati Uniti e si avvale di un cast internazionale. L’elemento fantascientifico scelto dal regista – anche sceneggiatore, assieme a Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni – per fare da impalcatura e da detonatore della vicenda è sicuramente più tipico di una cinematografia come quella americana, che tende a spostare all’esterno tutto ciò che è interiore, dando corpo e materia anche agli elementi eminentemente immateriali, come le paure, i dolori e le angosce umani. Qui però questa scelta, compiuta dal regista con estrema libertà stilistica, non è altro che un pretesto per introdurre e trattare la tematica del lutto e dell’assenza in modo molto europeo, con un focus sull’approfondimento psicologico, sull’interiorità dei personaggi, che non è scalfito dalla scelta del genere. Il rischio era che l’elemento fantascientifico portasse con sé una banalizzazione, semplificando eccessivamente ciò che è complesso e allontanando lo spettatore. Questo fortunatamente non accade, grazie a una sceneggiatura ben orchestrata, che riesce anche a sorprendere con un twist finale e grazie all’apporto fondamentale dei protagonisti.

Another End film 2024
Bérénice Bejo_©Indigo Film

Le interpretazioni in Another End

Il regista, infatti, lascia agli attori e alle loro interpretazioni tutto lo spazio necessario per dare profondità alla pellicola. Solo così si può riuscire quando si toccano le corde più profonde dell’animo umano e si ha a che fare col dolore, con la sofferenza, con l’angoscia della solitudine e della perdita, con la nostalgia di quanto è irripetibile, con il vuoto lasciato dalla morte. Il film mette in campo quella possibilità che non c’è, ma che molti, se non tutti, vorrebbero: andare oltre il limite della morte. Another End riesce a coinvolgere, pur con i suoi ritmi lenti, i suoi dialoghi parchi e una trama non fitta di eventi, grazie a un cast ben scelto. Al suo interno, infatti, non vi sono solo certezze come Gael García Bernal e Bérenice Béjo, capaci di dare coloriture diverse ma ugualmente intense sia ai sentimenti che accompagnano il lutto, sia all’affetto fraterno. Protagonista femminile è la giovane e talentuosa attrice norvegese Renate Reinsve, cui tocca il ruolo più difficile, ossia quello del personaggio doppio. L’attrice risulta assai convincente sia nei panni di Zoe che in quelli di Ava, due personaggi diametralmente opposti.

Lo stile di Another End

Another End non punta sugli effetti speciali, piuttosto su delle atmosfere create con misura e una certa eleganza stilistica, che però non sfocia nel manierismo. L’ambientazione è fredda, dominata dal grigiore della metropoli. Tuttavia, vi sono momenti in cui questa lascia spazio a luci calde come il calore dei sentimenti, delle emozioni. Un ambiente asettico richiama la morte, ma i personaggi che si muovono all’interno degli spazi li rendono vivi. Ad accompagnare il film le musiche di Bruno Falanga, evocative, coinvolgenti e adatte ai vari momenti del film. Si nota anche la sensibilità musicale del regista e compositore. Senz’altro da apprezzare, dunque, il ritorno alla regia di lungometraggio di Piero Messina: un lavoro delicato e con una sua poesia, che pone lo spettatore di fronte a domande su di sé e sui legami affettivi cui non è facile rispondere. Prodotto da Indigo film e Rai Cinema, Another End è in sala dal 21 marzo.

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