C’era una volta il Crimine, la recensione della fine della trilogia di Max Bruno

Max Bruno & Co. continuano il loro viaggio nel tempo e chiudono il cerchio.

C'era una volta il Crimine recensione

Termina con C’era una volta il Crimine la trilogia firmata da Massimiliano Bruno e iniziata con il Non ci resta che il crimine del 2019. Un capitolo finale che prende le mosse direttamente dal precedente Ritorno al crimine, dove il quadro al centro della vicenda era un Van Gogh e nel quale già si accennava a un incontro con i fascisti in marcia su Roma, ma soprattutto si progettava il ‘colpo’ che vediamo messo in atto nel film in sala dal 10 marzo. Un impegno importante per la 01 Distribution, che punta a compensare la mancata uscita nei cinema del precedente con le 500 copie annunciate e che evidentemente crede molto nelle possibilità della storia e dei suoi protagonisti.

 

Registrata la grave perdita di Carlo Buccirosso, ai crowd-pleaser Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi ed Edoardo Leo si aggregano Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini, mentre al fianco di Massimiliano Bruno torna Giulia Bevilacqua, in versione Q… ma anche un po’ Lara Croft. Non l’unica citazione di un’immaginario collettivo che va da Rambo alle Sturmtruppen o di un gotha personale del regista, che si toglie la soddisfazione di mescolare la indimenticabile Curva Sud della Roma a Sandro Pertini e la sua pipa. Come in precedenza, inevitabilmente, sono molti i riferimenti a un passato nostalgico, ma degli anni ’80, non di certo del drammatico ‘ventennio’ che qui – anzi – viene sottoposto a un autocritico ‘fact-checking’ e ridicolizzato. A partire dai suoi principali responsabili.

Cosa succede in C’era una volta il Crimine

Nel terzo capitolo della saga, infatti, i nostri eroi tornano al 1943 per rubare la Gioconda ai francesi. Un furto che ci viene raccontato con una minimale quanto riuscita animazione, sulla quale scorrono i titoli di testa, che ci lascia in una terra di nessuno con Claudio, Moreno e Giuseppe in fuga dai nazisti e costretti a rifugiarsi a casa di Adele (Carolina Crescentini), la giovane nonna di Moreno, dove l’uomo incontra anche sua madre Monica, bambina. Proprio la piccola finisce nelle mani dei tedeschi, obbligando la banda a cercare di salvarla, finendo per attraversare un’Italia devastata dalla Seconda Guerra Mondiale alla vigilia dell’Armistizio.

Ovviamente, sempre senza perdere di vista l’appuntamento con il prossimo portale temporale disponibile, per tornare al presente, e l’obiettivo del piano. Che però potrebbe cambiare insieme ai protagonisti della vicenda, e alle loro priorità. A cambiare è senza dubbio la squadra – inizialmente vincente – invece delle premesse, che ne avrebbero avuto maggiormente bisogno. Se nel primo capitolo, infatti, il gioco del ‘Ritorno al futuro’ aveva una sua freschezza, lo sviluppo ulteriore della trilogia continua a perdere più di quanto le aggiungano gli incontri e le interazioni tra i personaggi (o il lessico più ‘colorito’ del solito del Moreno di Giallini).

Non bastano solide fondamenta a sostenere uno sviluppo obbligato

Come spesso accade, una idea divertente sulla carta non sortisce molto di più di un prodotto commerciale che faccia da vetrina al solito gruppo di attori-amici, pronti a divertirsi sul set e a soddisfare il proprio pubblico di aficionados. Il desiderio di “scrivere un film che possa rientrare nella categoria della Commedia all’Italiana”, come dichiara Bruno, e di riportare in vita il Mondo che lo ha “formato da ragazzo”, le sue “problematiche socio-politiche, le tavole rotonde e i dibattiti” resta encomiabile, e commovente per i suoi coetanei, ma sullo schermo…

Al netto di ottime location e di scenografie accurate, si riaffacciano alcuni ‘classici’ di molti nostri prodotti, spesso in difficoltà con la ripresa di scene ‘di massa’ o presunte tali, o nelle quali il campo si allarghi a includere un minimo di azione, soprattutto quanto a verosimiglianza e credibilità. Qualcosa che nel film manca, ma non per la scelta di un tono tra il fantastico e il fumettistico (la traccia di benzina in fondo fa ‘casereccio’) quanto piuttosto per alcune mancanze annoverabili più tra i difetti di sceneggiatura se non fossero state sicuramente pensate, considerata la qualità degli autori. Un bene, in sintesi, che la trilogia si sia chiusa e che Bruno possa tornare a dedicarsi alla prossima opera originale, quanto ai viaggi nel tempo e agli scontri coi nazisti, speriamo nel prossimo Indiana Jones 5!

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