Christspiracy: recensione del documentario di Kameron Waters e Kip Andersen

Dal 14 aprile al cinema un documentario che sfida la fede mettendo in discussione il legame tra religione e consumo di carne.

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Tutto parte da una domanda: «Come ucciderebbe un animale, Gesù?» Kameron Waters, cristiano devoto cresciuto nella Bible Belt americana, si è interrogato a lungo su questo dilemma. Esiste un modo spirituale per togliere la vita a un animale? All’interno della sua comunità, la frase «Cosa farebbe Gesù?» è da sempre un mantra quotidiano. Eppure, secondo Waters, esiste una contraddizione profonda tra l’immagine di un Messia amorevole e compassionevole e la condotta di molti suoi seguaci contemporanei, spesso cacciatori o allevatori, per i quali sangue e macellazione sono all’ordine del giorno.

 

Da questa riflessione è nata Christspiracy, probabilmente l’opera più audace e sconvolgente della carriera di Andersen, dal 14 aprile anche nelle sale italiane con Mescalito Film. Un progetto durato sette anni, in collaborazione con Kip Andersen, autore dei celebri documentari Cowspiracy, Seaspiracy e What the Health.

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Il legame tra fede e consumo di carne

Andersen è ormai una figura di riferimento per chi promuove il veganismo e i diritti degli animali. Ogni suo progetto mette in discussione le istituzioni e i comportamenti sociali, e Christspiracy non fa eccezione: questa volta, però, il bersaglio è uno dei tabù più grandi di tutti i tempi, ovvero il legame tra religione e consumo di carne.

Il documentario, come dicevamo, parte da una domanda: «Come ucciderebbe un animale, Gesù?» — una variante del noto motto cristiano “Cosa farebbe Gesù?”. L’idea è che l’etica cristiana dovrebbe sempre rifarsi agli insegnamenti di Cristo, anche quando si parla di alimentazione e uccisione degli animali. Ma è davvero possibile conciliare la macellazione con i valori cristiani?

Le prime risposte, raccolte da pastori e studiosi, sono quelle prevedibili: Gesù viveva in Palestina nel I secolo, dove la carne faceva parte dell’alimentazione comune. Ma nessuno sa dire con certezza come – o se – Gesù uccidesse animali per cibarsene. Si passa poi a un’intervista con una studiosa di Oxford esperta di religione e cibo, che apre la porta a un’interpretazione radicalmente diversa di Gesù e del suo messaggio. Una delle tesi centrali del film è che l’epiteto “Gesù di Nazareth” sia in realtà errato. Secondo i registi, la dicitura corretta sarebbe “Gesù il Nazareno” – e qui sta tutta la differenza: la prima perifrasi identificativa si riferisce al luogo di provenienza, la seconda a una setta ebraica del I secolo.

Per avvalorare questa tesi, i documentaristi citano lo storico ebreo Giuseppe Flavio, che nel suo elenco delle località della Galilea non menziona Nazareth. Questo dimostrerebbe che Nazareth non esisteva all’epoca di Gesù e che quindi egli non poteva provenire da lì. Al contrario, sostengono che il Messia appartenesse a un gruppo religioso chiamato i Nazareni, i cui membri – compreso Giovanni Battista – erano vegetariani e contrari ai sacrifici animali.

Una scena del documentario Christspiracy
Una scena del documentario Christspiracy – Cortesia di Mescalito Film

Un Messia vegetariano?

La prova principale di questa tesi sarebbe l’episodio dell’ingresso di Gesù nel tempio di Gerusalemme. Qui non si sarebbe limitato a cacciare i mercanti, ma avrebbe anche liberato gli animali destinati al sacrificio. Il messaggio? Il Nazareno voleva porre fine alla violenza sugli animali e offrire sé stesso come ultimo sacrificio, così che non ne servissero più altri. Ulteriori indizi sarebbero presenti nell’Ultima Cena (dove manca l’agnello pasquale) e nella frase Il buon pastore offre la vita per le sue pecore, interpretata non in senso metaforico, ma letterale: Gesù si sarebbe sacrificato per salvare le pecore reali, non solo gli uomini.

Attraverso interviste a pastori e leader religiosi, il film mette in luce l’ipocrisia tra l’immagine evangelica di Gesù e la pratica concreta dei suoi fedeli.  Da questi interrogativi si sviluppa un racconto che attraversa culture, epoche e religioni, intrecciando tematiche emotive, storiche e morali legate al tentativo di giustificare eticamente la macellazione animale. Il film suggerisce apertamente fino a che punto le religioni organizzate siano disposte a piegare i propri insegnamenti per giustificare il consumo di carne.

Un viaggio spirituale e globale

Christspiracy non attacca una religione in particolare: tocca Hinduismo, Buddhismo, Ebraismo, Islam e Cristianesimo: come dicevamo, per Waters la narrazione è anche un viaggio personale che diventa sempre più scomodo man mano che si scoprono le contraddizioni tra i principi religiosi e la pratica della macellazione.

Una delle sequenze più forti riguarda proprio il festival hindu di Gadhimai, che si tiene ogni cinque anni in Nepal. Si tratta della più grande cerimonia di sacrificio animale al mondo: durante il picco del 2009 furono uccisi circa 500.000 animali. Uno shock per lo spettatore occidentale, ma – come fa notare un partecipante – comunque meno dei tacchini macellati negli Stati Uniti per il Giorno del Ringraziamento.

La sorpresa maggiore è che proprio nella cultura hindu, che considera gli animali custodi di anime e simboli spirituali, esistano ancora rituali di questa portata. Il documentario si sofferma anche sull’India moderna, oggi tra i maggiori esportatori di carne bovina al mondo, nonostante la mucca sia sacra in molte religioni dharmiche. Un intervistato parla addirittura di un’industria cooptata da una vera e propria “mafia”.

I registi del documentario Christspiracy
I registi del documentario Christspiracy – Cortesia di Mescalito Film

Il caso Daniele e le contraddizioni cristiane

Il film dedica ampio spazio anche al personaggio biblico di Daniele, che seguiva una dieta vegetale e che oggi ispira il cosiddetto “Daniel Plan”, adottato da alcune chiese cristiane. In teoria, il piano promuove un’alimentazione priva di carne e vino, ma il documentario mostra come anche in questo caso si celino contraddizioni: lo stesso libro di ricette ufficiale include piatti come Cast Iron Pork e Chile Lime Chicken.

Viene poi posto l’accento sul fatto che diversi Padri della Chiesa, tra cui Girolamo e Basilio Magno, erano vegetariani. Lo stesso Eusebio affermava che gli apostoli evitavano carne e vino. La famosa frase di Paolo «l’uomo debole mangia solo verdure» (Romani 14:2), spesso interpretata come una critica al vegetarianesimo, viene contestualizzata per mostrarne la reale ambiguità. Anche se in alcune lettere Paolo invita a non giudicare chi non mangia carne (1 Corinzi 8:13; Romani 14:21), il film sorvola su questi dettagli, preferendo enfatizzare la rivelazione secondo cui Gesù, Giacomo e forse anche Pietro e Giovanni fossero vegetariani.

Frame dal documentario Christspiracy
Frame dal documentario Christspiracy – Cortesia di Mescalito Film

Dove finiscono i fatti, dove iniziano le ipotesi?

È bene specificare che molte delle affermazioni contenute in Christspiracy sono basate su frammenti di verità, mescolati però con interpretazioni forzate e fonti poco affidabili. La tesi che Nazareth non esistesse è stata smentita da scavi archeologici che hanno confermato l’esistenza di un piccolo villaggio, abitato da una cinquantina di famiglie già nel I secolo. Quanto ai Nazareni, le fonti più dettagliate su di loro risalgono al IV secolo, e non esistono prove dirette che fossero vegetariani. Lo stesso vale per i Mandei – una setta ancora esistente in Iraq e Iran che considera Giovanni Battista il vero messia – i cui testi parlano di vegetarianismo, ma sono stati scritti secoli dopo la morte di Gesù e non hanno valore storico attendibile.

Anche l’interpretazione dell’episodio del tempio come atto animalista è fuorviante: in realtà, Gesù si opponeva alla corruzione del clero e al commercio religioso, più che al sacrificio animale in sé. E quanto all’Ultima Cena, è più probabile che il pane e il vino siano stati scelti per ragioni simboliche, già in uso tra le prime comunità cristiane. Infine, Paolo non era contrario al vegetarianismo: nelle sue lettere, invita i fedeli a rispettare chi sceglie di non mangiare carne, pur non rendendolo un obbligo. Se davvero ci fosse stata una forte opposizione tra vegetariani e non, in molti sostengono che il Nuovo Testamento ne avrebbe parlato più apertamente.

Un invito a ripensare la compassione

Al di là di alcune congetture e reinterpretazioni forzate, Christspiracy ha il merito di porre domande scomode sull’etica del consumo di carne oggi. Non è solo un documentario, ma un atto di accusa e una provocazione che mette in discussione millenni di tradizione religiosa. Ed è anche un invito, coraggioso e divisivo, a riflettere su che cosa significhi davvero seguire gli insegnamenti di Cristo nel mondo moderno.

Il risultato è un’indagine spietata che unisce decenni di attivismo in un’unica riflessione: come può una vita di compassione, come quella predicata da tutte le grandi religioni, giustificare la sofferenza animale? Christspiracy è un’opera coraggiosa, che spinge a riflettere su una domanda cruciale: possiamo davvero definirci compassionevoli, se ignoriamo la sofferenza degli animali? Per chi è vegano e religioso, forse queste domande hanno già trovato una risposta. Ma per chi consuma carne, il documentario rappresenta una sfida alle proprie convinzioni, che mette in luce le incongruenze tra fede, alimentazione e morale. Con immagini scioccanti e riflessioni profonde, Andersen ci invita a riconsiderare il nostro ruolo nel mondo e il nostro rapporto con tutte le creature viventi. Che ci piaccia o no.

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Sommario

Christspiracy è un documentario provocatorio e divisivo che parte da una domanda spiazzante – «Come ucciderebbe un animale, Gesù?» – per mettere in discussione il legame tra religione e consumo di carne. Il film ha il merito di porre interrogativi etici urgenti e scomodi, soprattutto per chi si professa credente. Andersen e Waters non offrono verità assolute, ma sfidano lo spettatore a riconsiderare le proprie convinzioni su compassione, fede e alimentazione.

Agnese Albertini
Agnese Albertini
Nata nel 1999, Agnese Albertini è redattrice e critica cinematografica per i siti CinemaSerieTv.it, ScreenWorld.it e Cinefilos.it. Nel 2022 ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bologna e, parallelamente, ha iniziato il suo percorso nell'ambito del giornalismo web, dedicandosi sia alla stesura di articoli di vario tipo e news che alla creazione di contenuti per i social e ad interviste in lingua inglese. Collaboratrice del canale youtube Antonio Cianci Il RaccattaFilm, con cui conduce varie rubriche e live streaming, è ospite ricorrente della rubrica Settima Arte di RTL 102.5 News.

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