Da 5 Bloods – Come Fratelli, recensione del film di Spike Lee

Presente nella selezione ufficiale di Cannes 2020, nel Fuori Concorso, Da 5 Bloods - Come Fratelli arriva su Netflix e conferma ancora una volta l'incredibile talento di Spike Lee di essere cineasta, sociologo e attivista allo stesso tempo.

Da 5 Bloods recensione

Dopo il grandioso successo di BlackkKlansman, che gli è valso il suo primo Oscar (per la sceneggiatura) Spike Lee torna con Da 5 Bloods – Come Fratelli, un progetto singolare e davvero molto interessante. Con la solita lucida rabbia, Lee riesce ad intrattenere e denunciare, ad inventare e a confermarsi uno dei grandi narratori del cinema classico, sfruttando questa volta la ferita, sempreverde nel cuore dell’America, della Guerra del Vietnam.

 

I titolo, abbracciando lo slang, indica letteralmente i 5 fratelli di sangue, anche se i protagonisti veri e propri della storia sono Paul (Delroy Lindo), Otis (Clarke Peters), Melvin (Isiah Whitlock Jr) ed Eddie (Norm Lewis), quattro veterani del Vietnam che sono tornati nel sud-est asiatico. Quella che nelle prime scene sembra essere una vacanza di lusso, si rivela un viaggio nella memoria e una missione da compiere: ritrovare il corpo del leader della squadra Norman (Chadwick Boseman), morto in azione davanti ai loro occhi.

Con Da 5 Bloods Spike Lee prevede il futuro

Scritto nel 2018 e girato nel 2019, Da 5 Bloods sembra pensato domani. Spike Lee, osservatore attento ed intransigente della sua realtà e del suo Paese, racconta con grande perizia la Guerra americana bianca, quella in Vietnam, e lo fa dal punto di vista di quelli che venivano sbattuti in prima linea, a compiere le missioni più rischiose, coloro ai quali non veniva riconosciuto il merito di aver combattuto e che non erano parte di una grande nazione bianca, ma comunque che sentivano bruciante l’orgoglio per aver risposto alla chiamata ed essere tornati per raccontarlo: i soldati di colore.

Lee racconta quello che non era mai stato raccontato, nel ricco filone della narrativa cinematografica relativa alla Guerra in Vietnam, ovvero la posizione del soldati neri in un conflitto che apparteneva loro ancora meno che ai soldati bianchi. Si trovavano infatti ad affrontare persone oppresse, come loro negli USA, persone che non li avevano mai appellati con la “parola che comincia per N”, eppure erano fieri del loro coraggio in campo.

Ma, chi ha combattuto lo sa bene, la guerra non finisce mai, né nella testa di chi torna, né nel cuore di chi la ricorda, qualche volta nemmeno sul campo. E così, gli eroi di Spike Lee, si trovano ad imbracciare i fucili per svolgere un compito che, da nobile, diventa quasi greve, simbolo di quell’avidità e cattiveria che resta umana.

Da 5 Bloods mescola generi e toni

Il lavoro che Spike Lee fa sul genere è incredibile, partendo dal war movie, mescola generi e soprattutto toni, giocando con il buddy movie, con il cinismo del film di guerra con lo sfondo del Vietnam, citandoli e parodiandoli in diverse sequenze del film. Alterna i toni dell’avventura a quelli del road movie, passando per la commedia nera, realizzando un effetto così spossante e bizzarro che gli ultimi 15 minuti, in cui fa esplodere tutta la dolcezza e l’emozione di cui è capace, sono un vero e proprio shock emotivo.

Da 5 Bloods procede su due piani temporali, il presente, che vede i veterani appesantiti dagli anni ma ancora ben capaci di imbracciare le armi e lottare, e il passato, in cui i quattro protagonisti sono con il loro leader. I quattro veterano appaiono nel passato così come lo sono nel presente, spaventati e stanchi, vecchi, che seguono il loro leader, colui che non riesce a sopravvivere, che loro torneranno indietro a prendere. Il corpo bellissimo di Chadwick Boseman si scontra violentemente con quelli invecchiati e sudati dei suoi compagni, e proprio lui rappresenta la loro parte migliore, quella che li invita all’amore, a non ammutinarsi alla notizia dell’assassinio di Martin Luther King, a scegliere sempre la strada del perdono. Questa via illuminata prenderà il sopravvento in un inedito finale, che per quanto duro e attuale, apre la strada a toni di dolcezza che oseremmo dire insoliti per Lee.

Tra la bellezza del grande cinema, l’esaltazione e la mescolanza dei generi e dei toni, l’impegno sociale sempre lucidissimo, Spike Lee regala ancora una volta agli spettatori, con un solo film, un manifesto politico, una lezione di cinema e un’avventura umana preziosa.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Chiara Guida
Articolo precedenteArtemis Fowl: la recensione del nuovo film Disney+
Articolo successivoKenneth Branagh: 10 cose che non sai sull’attore
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
da-5-bloods-spike-leeTra la bellezza del grande cinema, l’esaltazione e la mescolanza dei generi e dei toni, l’impegno sociale sempre lucidissimo, Spike Lee regala ancora una volta agli spettatori, con un solo film, un manifesto politico, una lezione di cinema e un’avventura umana preziosa.