Dellamorte Dellamore, recensione del film di Michele Soavi

Il film di Michele Soavi torna in sala in versione restaurata in occasione dei suoi primi 30 anni. Dal 14 al 16 ottobre, distribuito da CG Entertainment e Cat People.

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A trent’anni dal suo esordio nel mondo (dei vivi), Dellamorte Dellamore torna al cinema in una versione restaurata in 4K per una tre giorni di emozioni forti che riportano sul grande schermo la storia di Francesco Dellamorte, custode del cimitero di Buffalora, dei suoi desideri e dei suoi incubi, che sono un po’ più vividi di quelli delle persone comuni. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi del 1991 che, come ormai anche i non-morti sanno, è stato in qualche modo il virus da cui è nato Dylan Dog… oppure è accaduto il contrario?

 

La storia di Dellamorte Dellamore, da Dylan Dog e ritorno, passando per Rupert Everett

Scritto nel 1983 e non pubblicato, il romanzo Dellamorte Dellamore giace tra gli scaffali di Sclavi che intanto decide di creare, per Sergio Bonelli Editore, il fumetto di Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo. Nel 1986 esce il primo albo leggendario L’Alba dei Morti Viventi, scritto da Sclavi e disegnato da Angelo Stano. Tiziano stesso aveva chiesto a Claudio Villa, primo copertinista di Dylan Dog e creatore dell’immagine del personaggio, di andare al cinema a vedere Another Country – La scelta (1984 – Marek Kanievska) perché in quel film c’era un giovane attore che aveva esattamente il volto che lui voleva per il suo Dylan: Rupert Everett.

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Dellamorte Dellamore – una scena del film – Screen

Il fumetto fu un successo travolgente e ad appena tre anni dall’esordio, la testata arriva al terzo numero speciale, Orrore Nero, dove per la prima volta il mondo viene a conoscenza di Francesco Dellamorte. A quel punto la casa editrice Camunia, consapevole di poter cavalcare l’enorme successo di Dylan Dog, decide di pubblicare Dellamore Dellamore, romanzo complicatissimo, scritto a metà tra sceneggiatura per un fumetto e prosa, pieno di violenza, mostri, creature e scelte controverse. Era il 1991, il libro esce e finisce nelle mani di Tilde Corsi, che lo regala a suo figlio, Andrea De Sica (oggi regista) poco più che undicenne. Il ragazzino, inavvertitamente, lascia il libro nella biblioteca della scuola, e Corsi viene convocata d’urgenza in presidenza: com’è possibile che un libro così scabroso sia nelle mani di un bambino?

Questa reazione così forte al libro, spinge Tilde Corsi a puntarci sopra soldi, carriera e impegno: esordirà in veste di produttrice cinematografica con quella storia! Da quella decisione, con il coinvolgimento di Michele Soavi alla regia, Gianni Romoli alla sceneggiatura e con la partecipazione a sorpresa (e a prezzo scontato) dell’originale Dylan Dog, Rupert Everett, venne alla luce, non senza difficoltà, un film divenuto cult.

Un successo divenuto cult

Dellamorte Dellamore uscì in pochissime copie che venivano stampate man mano su richiesta delle sale e il racconto delle peripezie per portare a termine la produzione riempirebbe pagine e pagine, e forse non è questo il luogo. Tuttavia quel progetto di passione fatto da persone che accettarono di non essere pagate pur di completarlo (e che mai sono rientrate delle loro spese) torna ora in sala, per la gioia dei suoi spettatori, in una forma smagliante.

Dellamorte Dellamore – una scena del film – Screen

La storia è quella arcinota di Francesco Dellamorte, custode del cimitero di Buffalora, che da qualche tempo si trova a dover gestire un fastidioso contrattempo per chi fa il suo mestiere: dopo circa una settimana dalla sepoltura, i morti tornano in vita in forma di zombi affamati di esseri umani vivi, e devono essere ri-ammazzati, compito che Francesco, insieme al suo compagno Gnaghi (segni particolari: tutti), svolge con grande scrupolosità. Fino a che incontra Lei (Anna Falchi), una splendida vedova di cui si innamora e che per una fatalità lascia il mondo dei vivi. Ovviamente anche lei poi ritornerà in forma di zombie (ma sempre seducente e bellissima!) e il nostro si troverà costretto a lottare tra la vita (la sua) e la morte (di Lei) per poter portare a termine il suo compito.

La storia che viene tirata fuori dall’ostico romanzo di partenza è un interessante e ricercato miscuglio di riferimenti non solo al testo stesso, ma anche a quello che negli anni è diventato Dylan Dog. Francesco Dellamorte cerca di costruire la replica di un teschio (e non un galeone), ha un assistente a dir poco bizzarro, è veramente innamorato ogni volta che incappa in una bella donna (nel film tutte le Lei hanno il volto e il corpo di Anna Falchi), guida un maggiolino bianco, si confronta con un poliziotto che brancola spesso nel buio. È il risultato perfetto di un felice matrimonio tra il personaggio del romanzo e quello del fumetto che lui stesso ha generato e da cui a sua volta è nato.

Dellamorte Dellamore – Anna Falchi in una scena del film – Screen

Un film sui turbamenti dell’adolescenza

Nonostante proponga un linguaggio e dei ritmi che si riferiscono a un modello di cinema desueto, Dellamorte Dellamore è uno scrigno di idee, una potente testimonianza di un cinema artigianale realizzato con passione, che mirava principalmente al divertimento dello spettatore senza però rinunciare a raccontare una storia a più livelli di lettura. Uno di questi, quello forse più affascinante, propone Dellamorte Dellamore come un film sull’adolescenza, sull’innamoramento e sul modo di un uomo (sì, è effettivamente un film “maschile”) di affrontare una fase molto delicata della propria vita che passa dal fare i conti con i propri impulsi sessuali, fino poi all’idealizzazione dell’oggetto del desiderio, arrivando a rinunciare totalmente al corpo in virtù del culto della propria amata.

Dellamorte Dellamore – Rupert Everet in una scena del film – Screen

Non solo, il film offre anche una mescolanza complessissima di riferimenti alti e bassi, da Magritte (attraverso una citazione da Dylan Dog), fino a influenze estetiche che sembra aver lasciato nel lavoro del fotografo giapponese Daikichi Amano, ma allo stesso tempo mettendo in scena contesti e situazioni folli, talvolta scabrose, ad esempio una relazione necrofila e pedofila, senza soluzione di continuità. Immaginari oggi impossibili da proporre, figurarsi da raccontare, che nel film di Michele Soavi raggiungono una iconicità senza tempo, che ha a tutti gli effetti definito un’intera generazione di lettori e spettatori e che forse, con questo ritorno in sala in versione restaurata, può diventare ancora una volta oggetto di studio e di fascinazione per un modo di fare cinema che non esiste più.

Dellamorte Dellamore
3.5

Sommario

Un film iconico che riscoperto oggi mette in evidenza il perfetto equilibrio nella coesistenza di riferimenti alti e colti con trame al limite del triviale, il tutto con un gusto genuino per il racconto e la passione per l’intrattenimento.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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