Don't Worry Darling

Olivia Wilde torna dietro la macchina da presa per la seconda volta con uno dei film attesi dai più giovani della Mostra del Cinema di Venezia 2022: Don’t Worry Darling. La scelta dei due protagonisti per questa prima incursione della Wilde nel thriller psicologico è ciò che ha attirato attenzione mediatica nei confronti del progetto: Harry Styles e Florence Pugh sono gli interpreti principali di un film che rappresenta un grande passo indietro rispetto all’esordio registico della Wilde, Booksmart – La rivincita delle sfigate, in cui emergeva chiaramente tutta la sua creatività. Contenuta da un budget sostanzioso, che punta tutto sul casting e sulla spettacolarizzazione di due delle icone giovani più amate del momento, Don’t Worry Darling è un film dimenticabile e fuori tempo massimo, con qualche intuizione interessante ma che si perde nello stesso meccanismo gestionale che attanaglia i suoi protagonisti.

 

Benvenuti al progetto Victory

Don’t Worry Darling segue le vicende Alice (Florence Pugh) e Jack (Styles) una giovane e appartentemente felicissima coppia che vive nella comunità idealizzata di Victory, una città aziendale sperimentale che ospita gli uomini che lavorano per il progetto top-secret chiamato appunto Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank (Pine) – in egual misura visionario dell’azienda e life coach motivazionale – sostiene ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto.

Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di FrankShelley (Chan) – passano il tempo a godersi la bellezza, il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa di Victory.

Laddove una Florence Pugh – che ormai ha consolidato la propria figura di giovane promessa del cinema – riesce a prendere le redini del film e a offrire quanto meno una performance in linea con le precedenti, Harry Styles sembra non riuscire ad afferrare completamente la psicologia della sua dolce metà, inserendosi in maniera ottimale nel contesto patinato e anni ‘50 del film, concorde con il carisma che ha sempre esibito nelle performance canore, ma senza quella consapevolezza e raffinatezza che lo avevo innalzato in Dunkirk di Christopher Nolan. Un ruolo in cui serviva espressività più che parole, e con cui si è iniziato a parlare di una sua possibile carriera anche nell’ambito della recitazione.

Don’t Worry Darling, un passo falso per Olivia Wilde

Don’t Worry Darling  è un film derivativo e questa è forse la delusione più grande se pensiamo che a dirigerlo è stata la stessa Olivia Wilde che, con arguzia e una regia frizzante, si era imposta nella scenda indipendente con il primo film Book Smart – La rivincita delle sfigate. La forte componente femminile, tanto sulla scena quanto da un punto di vista ideologico, viene completamente meno in una sceneggiatura che richiama tantissimo Black Mirror, non in termini di lungimiranza narrativa, anzi, quanto più nella spettacolarizzazione del pericolo e delle insidie che si nascondono all’interno di cornici tecnologiche apparentemente perfette.

Non stiamo parlando di un’aggiunta significativa al fuori concorso di Venezia 2022, ma Don’t Worry Darling  ha una nota di merito importante: sarà un film che richiamerà l’attenzione e la presenza del pubblico nelle sale, e che potrà comunque soddisfare il palato degli appassionati di thriller grotteschi senza troppe pretese. Tantissimi i riferimenti iconografici, tra Shutter Island e The Truman Show, passando per Sucker Punch e Stepford Wives, che racchiudono Don’t Worry Darling in una morsa di citazionismo e dinamiche interne ai personaggi che non conoscono suspense o un crescendo tensivo che ne legittimi un comparto visivo così prorompente.

Se Don’t Worry Darling  si consacrerà come un passo falso nella carriera di Florence Pugh, questo non ci è dato dirlo, ma l’auspicio è che Olivia Wilde faccia presto ritorno alla scena indipendente, presentandoci personaggi che possano davvero lasciare il segno e non vivere nell’ombra dell’icona che li interpreta. Le donne di Victory si coalizzano contro un sistema che le rende impotenti, le ha sottratte dalle responsabilità che volevano avere, contrapponendole a uomini di tutto punto, che nascondono più di un segreto. La verità è che due semplici ragazze di 17 anni, Amy e Molly, avevano raccontato molto più della solidarietà femminile in Booksmart, celebrandola in tutte le sue sfaccettature. Le donne di Don’t Worry Darling, invece, dovrebbero preoccuparsi eccome non solo del progetto Victory, ma anche della sceneggiatura in cui sono state inserite.

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