L’8 novembre 1934, l’Accademia di Svezia assegnò a Luigi Pirandello il Premio Nobel per la letteratura. Un giorno prima del 90° anniversario, il 7 novembre, esce nelle sale Eterno Visionario, il nuovo film di Michele Placido, ispirato a uno dei giganti della letteratura italiana e internazionale. Pirandello, come ben sappiamo, non si limitò a scrivere, ma rivoluzionò anche il teatro, diventando un drammaturgo che osò sperimentare, contribuendo a elevare quest’arte tanto amata, regalando sul palcoscenico capolavori immortali come Sei personaggi in cerca d’autore, Così è (se vi pare) ed Enrico IV. Una vita dedicata al teatro e alla letteratura, segnata dall’innovazione.
È da qui parte Placido, per dare vita a una pellicola in cui cerca di svelare una figura tanto affascinante quanto complessa. Con Eterno Visionario siamo di fronte non solo all’artista indiscusso, ma all’uomo nascosto dietro di esso, che ci prende per mano e ci guida lungo il suo percorso tumultuoso ma intriso di bellezza. A interpretare il Maestro, come viene spesso chiamato nel film, un ottimo Fabrizio Bentivoglio, affiancato da Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo della moglie, Federica Luna Vincenti nei panni di Marta Abba, e Gianmarco Commare, Aurora Giovinazzo e Michelangelo Placido che interpretano i tre figli di Pirandello: Stefano, Lietta e Fausto. Eterno Visionario ha debuttato alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Grand Public.
Eterno Visionario, la trama
1934. Pirandello è in viaggio per Stoccolma con Saul Colin, suo agente letterario, per la consegna del Premio Nobel per la letteratura. In treno l’uomo si confida con il suo collaboratore, dichiarando che il suo unico desiderio è di avere alla cerimonia una persona che sa non verrà mai. Facciamo un tuffo nel passato, al 1918, e varchiamo la soglia di casa Pirandello, dove la moglie di Luigi, Antonietta, è in preda alla pazzia. Ride sguaiata, lancia piatti a terra, si fa consumare dalle paranoie e diventa persino indecente davanti ai suoi figli, sempre più disperati. Da lì inizia il vero viaggio all’interno della vita dell’artista, una montagna russa da cui attinge a piene mani per modellare opere teatrali di innata meraviglia. Siamo poi al 1925, quando Pirandello incontra la giovane Marta, colei che diventerà la sua prima fonte d’ispirazione. Spostandosi avanti e indietro nel tempo, ci addentriamo in quello che è il legame fra i due, fra successi, gioie e lacrime amare, trasformandosi nella colonna portante della storia.
Fra la vita e l’arte di Luigi Pirandello
Non è la prima volta che Michele Placido affronta figure di spicco della cultura italiana. Lo aveva già fatto nel 2022 con L’Ombra di Caravaggio, presentato sempre alla kermesse romana, dove ricostruiva la vita e l’arte dell’immenso pittore Michelangelo Merisi. Con Eterno Visionario si passa dai pennelli alle luci e ombre del teatro, provando a esplorare l’incredibile mente di Pirandello. Al centro della sua produzione teatrale, divisa in quattro fasi che accompagnano la sua maturità artistica, c’è l’idea di rappresentare la realtà senza filtri, spogliata di ogni maschera – che è uno dei pilastri della sua poetica. Protagonista, qui, è la vita vera, quella cruda, vissuta intensamente ogni giorno e senza alcun tipo di filtro.
Le prime sequenze del film sembrano seguire questa direzione: rivelare il drammaturgo dietro le sue opere, raccontare i meccanismi che animavano i suoi lampi di genio, per poi mostrare il frutto della sua visione. E, nel primo atto, nonostante la narrazione frammentata, il film ci riesce, offrendoci uno sguardo intimo su Sei personaggi in cerca d’autore. Tuttavia, man mano che la narrazione progredisce, Eterno Visionario prende altre strade, smarrendo il suo intento iniziale. Placido introduce una moltitudine di temi, aprendo squarci sulla vita privata di Pirandello che, invece di intrecciarsi armoniosamente nelle maglie narrative, sfaldano l’intera pellicola. Si toccano diversi momenti della sua vita: la difficile relazione con la moglie internata, il rapporto con i figli e quell’incomunicabilità provata con loro e non solo, che impregna le sue opere. Poi c’è la messa in scena delle sue pièce e infine la relazione con la sua musa, Marta Abba. È proprio su quest’ultima parte che Placido si concentra maggiormente, scivolando a tratti nel melodramma e nel romanticismo, dando alla fine l’impressione di non avere una chiara idea. Il film, pur ricco di spunti interessanti, finisce dunque per sembrare privo di un reale controllo nell’esecuzione.
Un cast ben assortito
Una nota di merito va invece al parterre di attori, cominciando da Fabrizio Bentivoglio, capace di restituire i tormenti, le riflessioni e le visioni del suo Pirandello, in lotta con i suoi fantasmi interiori e sempre con la fronte corrucciata. A fianco a lui, una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo di Antonietta: la sua interpretazione, tanto folle quanto credibile, riesce a trasmettere tutta l’intensità del personaggio senza risultare artificiosa. Bravi anche Gianmarco Commare, Aurora Giovinazzo e Michelangelo Placido, che danno vita ai tre figli, ognuno con il proprio dolore e la propria ricerca di comprensione nei confronti del padre. Meno convincente è invece la performance di Federica Luna Vincenti, il cui approccio troppo istrionico quando non dà vita alle personagge di Pirandello sul palco, appesantisce la sua Marta Abba. La vera pecca di Eterno Visionario è, in conclusione, la sua incapacità di trovare un equilibrio tra i vari momenti messi in scena, dando spazio a tutto ma senza dare concreta rilevanza a niente.
Eterno Visionario
Sommario
Le prime sequenze del film sembrano seguire questa direzione: rivelare il drammaturgo dietro le sue opere, raccontare i meccanismi che animavano i suoi lampi di genio, per poi mostrare il frutto della sua visione. Ci riesce nel primo atto ma, man mano che la narrazione progredisce, Eterno Visionario prende altre strade, smarrendo il suo intento iniziale. Placido introduce una moltitudine di temi, aprendo squarci sulla vita privata di Pirandello che, invece di intrecciarsi armoniosamente nelle maglie narrative, sfaldano l’intera pellicola.