Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente: recensione del film di Francis Lawrence

Arriva in sala dal 15 novembre il prequel della celebre saga young adult creata da Suzanne Collins. “Are you, are you Coming to the tree? They strung up a man They say who murdered three. Strange things did happen here No stranger would it be If we met at midnight In the hanging tree”

Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente recensione film

Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente è pronto a sbarcare in sala. Il prequel della celebre saga ideata dalla scrittrice statunitense Suzanne Collins sarà infatti al cinema a partire dal 15 novembre.

 

Distribuito da Notorius Pictures e diretto da Francis Lawrence – autore dei tre precedenti capitoli – il film riavvolge il nastro di oltre 60 anni, risalendo lungo la mitologia del brand fino ai decimi Hunger Games e provando a raccontare una Capitol City diversa da quella che abbiamo conosciuto.

Tra i numerosi interpreti presenti ricordiamo Rachel Zegler, Tom Blyth, Jason Schwartzman, Peter Dinklage e Viola Davis. Per un film che, tracciando l’origin story del malvagio Coriolanus Snow – ritratto prima della sua malefica ascesa al potere – si sforza di raccontare la genesi del male che ha afflitto Panem per quasi sei decenni.

Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente: la trama

In Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente Coriolanus (Tom Blyth), giovane rampollo diciottenne appartenente alla potente famiglia degli Snow – caduta in disgrazia dopo gli anni di Guerra e il tristo trascinarsi dei Giorni Bui – vive nell’attico di proprietà a Capitol City insieme alla cugina Tigris (Hunter Schafer) e alla nonna paterna, con le quali prova a tirare avanti tra avvisi di pignoramento e pasti raffazzonati.

Hunger Games - La Ballata dell'usignolo e del serpente

Il ragazzo, studente modello della propria Accademia, alla ricerca di una via di fuga dalla misera condizione sociale che lo affligge, spera che i buoni voti bastino a garantirgli l’ottenimento del prestigioso Premio Plinth, una cospicua somma di denaro – predisposta da un ricco magnate della città – che potrebbe consentirgli di finanziare i propri studi universitari e risollevare le sorti della Casata. Quando il decano Casca Highbottom (Peter Dinklage) stabilisce però che l’ambito riconoscimento sarà assegnato al migliore dei ventiquattro mentori selezionati tra il corpo studentesco per la Decima Edizione dei “neonati” Hunger Games, Coriolanus si ritrova coinvolto nella competizione. E tra inganni, sotterfugi, mosse e contromosse, il giovane Snow è chiamato a modellare il proprio destino sulla pelle dell’affascinante Lucy Gray Baird (Rachel Zegler), tributo femmina proveniente dal distretto 12. Fino a quando…

Un prequel anti-spettacolare per Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente

A otto anni di distanza dalla conclusione della saga d’origine, Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente riparte dall’ambivalenza dell’organismo prequel, in precario equilibrio – distributivo quanto percettivo – tra novità e reminescenza, tra indipendenza e citazione. Francis Lawrence, regista feticcio del brand, rispolvera dunque i caposaldi visivo-concettuali del franchise, proiettandosi all’origine del capitalismo informazionale di Capitol City per porre le basi della iconica e feroce gamification del paradigma orwelliano su cui la lore si fonda.

Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente Rachel Zegler

In “attesa” di una onnipresenza dello schermo di cui iniziano a intravedersi i primi terrificanti germogli, la nuova (o vecchia?) battle royale propagandistica orchestrata su grande schermo diviene l’occasione per un’intrigante anti-spettacolarizzazione metacinematografica. Quasi che il regista, alla stregua degli inesperti organizzatori delle prime edizioni degli Hunger Games, sia chiamato a lavorare in sottrazione; a tentare cioè di riproporre l’opulenza cerimoniosa di un meta-passato ancora da realizzarsi, usufruendo però di un immaginario vetusto, antico quanto le apparecchiature a schermo.

Demolire l’arena

Lungo il solco tracciato dalla controparte cartacea – seguita come di consueto ai limiti del pedissequo – Lawrence tenta di rielaborare i termini dell’equazione, “demolendo” – anche fisicamente –  l’arena, per poterne riassemblare i frammenti in una struttura diversa dall’autografo cine-letterario.

Il melò a tinte folk che ne deriva, che nulla di fatto aggiunge alla riflessione politica e sociale del franchise, stringe dunque l’inquadratura su Coriolanus, rendendolo parte attiva del gioco e cercando di tratteggiare il percorso che porterà il ragazzo a scalare i vertici di Panem – e aderire così alla variante futura (o passata?) di villain. Il regista, insomma, estromette per larga parte il contesto, concentrandosi sul riproporre una lineare ripartizione in tre atti che, pur nel rispetto del materiale di partenza, fatica però a spiccare il volo.

Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente Peter Dinklage

Costretto nei panni di ghiandaia imitatrice di se stesso e dei propri antecedenti cinematografici, Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente tenta così invano di costruire un’identità propria, ma, affaticato dagli oltre 150 minuti di durata, ricade invece nelle medesime trappole individuabili nell’opera di Collins. Il film di Lawrence, paradossalmente prolisso e insieme frettoloso, gode solo di qualche rara trovata registica e musicale; piccoli e marginali sprazzi di lucidità che, tuttavia, faticano ad opporsi alla sensazione di una narrativa rimasticata e pensata ad hoc. A tal punto vincolata alle esigenze dettate dal ruolo di prequel, da scadere in forzature tanto necessarie quanto ingombranti.

“Are you, are you
Coming to the tree?
Where dead man called out
For his love to flee.
Strange things did happen here
No stranger would it be
If we met at midnight
In the hanging tree”

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