Domink Moll torna al cinema, dal 29 settembre, con La notte del 12, un film dai toni crudi presentato nella selezione ufficiale all’ultimo Festival di Cannes. Il lungometraggio è ispirato a uno dei casi raccolti da Pauline Guéna nel libro 1.83 – Une année à la PJ, un libro d’inchiesta in cui l’autrice ha dovuto trascorrere circa un anno insieme alla polizia giudiziaria.
Già famoso per il suo film Only the Animals – Storie di spiriti amanti, il regista questa volta ci presenta una storia a tratti macabra, dove il crimine e il modo di investigazione sono al centro della sua sceneggiatura, scritta insieme a Gilles Marchand.
La notte del 12, la trama
Yohan (Bastien Bouillon) è stato appena messo a capo della polizia giudiziaria di Grenoble quando deve confrontarsi con l’omicidio di una giovane donna, Clara (Lula Cotton Frapier), bruciata viva mentre tornava a casa di notte. Il caso si apre immediatamente e il poliziotto, principalmente assieme al suo collega Marceau (Bouli Lanners), inizia ad indagare sull’accaduto.
L’interrogatorio dei giovani ragazzi che hanno avuto rapporti con Clara – molti dei quali sprezzanti nei confronti della vittima – porta il protagonista alla consapevolezza che ognuno di loro può essere un potenziale carnefice. Ed è proprio cercando di capire cosa è successo quella notte del 12 ottobre che Yohan farà di quel caso la sua più grande ossessione.
Fra tormenti e denunce alla misoginia
Fra alcuni movimenti di macchina che prediligono inquadrature irregolari attraverso l’uso della macchina a mano – tipica soprattutto della Nouvelle Vogue degli anni Sessanta e in questo caso usata per mostrarci il protagonista nel suo massimo tormento – e altre che invece pongono attenzione sulla sovrimpressione – molto utilizzata nel cinema francese muto – Moll restituisce allo spettatore un personaggio, ossia Yohan, complesso e profondo. Un uomo che deve fare necessariamente i conti con la misoginia della società, grande e importante piaga di cui ancora purtroppo si è afflitti.
Attraverso l’interrogatorio dei principali ragazzi indagati, e i suoi stessi colleghi che esprimono concetti maschilisti e sessisti, il regista mostra nel film quanto il male non riesca a trattenersi neppure davanti a un omicidio. Ed è proprio a causa di questo che Yohan, apparentemente forte, si sbriciola attraverso il progredire della storia; quando la vittima rimane senza colpevole, perché in realtà lo sono tutti, lui piano piano diventa sempre più fragile, e questa fragilità si trasforma nell’ossessione dell’omicidio di Clara.
L’essere impotente, il non riuscire a trovare il carnefice e il dover accettare qualcosa di talmente brutale, lo mette davanti ad una consapevolezza: c’è qualcosa che non va fra uomini e donne. Ed è qui che l’ossessione della morte di Clara si sbatte contro la verità, contro una realtà nuda e cruda, difficile da digerire ma necessaria. È questo il fulcro de La notte del 12: il rapporto, forse malsano, fra l’uomo e la donna e la loro differenza.
Clara, un femminicidio che ne rappresenta altri
La scelta di Moll di far seguire il caso solo ad un gruppo di uomini, nella prima parte della diegesi, non è un caso. L’ennesima violenza nei confronti di una donna è stata consumata e adesso, per risolvere l’omicidio, viene incaricato un uomo che deve indagare su altri uomini. Questo rende la storia e le scene pregne di significato, perché è qui che Yohan capisce cosa realmente un uomo sia in grado di fare senza avere il minimo scrupolo.
Clara, nello sceneggiato, è una ragazza innocente, vittima degli abusi maschili e senza alcuna arma per difendersi. È l’ennesima donna uccisa, bruciata viva senza alcuna pietà, in un mondo in cui ancora i femminicidi non riescono ad essere fermati. Clara è la sorella, l’amica, la compagna di tutti e rappresenta tutte le donne massacrate e tutti gli uomini che non hanno mai rimpianto il gesto.
E se nella seconda parte del film – dopo che il caso era rimasto irrisolto e quindi chiuso – è stata proprio una donna, la giudice istruttrice, a spingere Yohan a riaprilo, un motivo c’è: chi realmente può comprendere quel male non è un uomo, è solo una donna. Sono solo loro che combattono fino alla fine perché solo loro sanno realmente cosa voglia dire essere vittime.
In La notte del 12 Moll è stato magistrale. Ha permesso quell’identificazione necessaria al cinema, riuscendo a far immedesimare lo spettatore nei personaggi. Ed è forse proprio perché si opera un riconoscimento di sé attraverso l’immagine speculare di un altro, in questo caso di Yohan, che il regista riesce a far porre delle domande, utili e indispensabili, al fine di innescare in chi fruisce un processo di riflessione che inevitabilmente si porterà anche a casa.