Dante, la conferenza stampa del nuovo film di Pupi Avati

Dante film 2022

Dante è l’ultimo film di Pupi Avati. In uscita il 29 settembre, è stato presentato alla Casa del Cinema a Roma. Un progetto che era iniziato a maturare nella mente del regista quasi vent’anni fa e che oggi prende forma attraverso il punto di vista di Giovanni Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto, che compie un lungo viaggio per consegnare un risarcimento in fiorini d’oro a Suor Beatrice, figlia del sommo poeta, come rimedio all’esilio che aveva subito il padre.

 

Del cast sono presenti anche i giovani Dante e Beatrice: Alessandro Sperduti (I Cassamortari) e Carlotta Gamba (America Latina). A moderare l’incontro è Luca Sommi, scrittore, docente universitario e autore del libro Il cammin di nostra vita, per il quale Pupi Avati ne ha chiesto una lunga consulenza.

«Fare un film sulla Divina Commedia è impossibile», spiega, «perché quello che è stato scritto è troppo per poter essere rappresentato cinematograficamente, ma Pupi Avati ha trovato lo stratagemma nel far raccontare tutto a Boccaccio, appunto: biografo di Dante che ne promuove la poetica e i lavori. È un film di evocazione e viaggio, ed è di questo che si parla nel film».

«L’amore reciproco per Dante ci ha resi amici», interviene Pupi Avati rivolgendosi a Sommi, «per me questo è un film del tutto speciale, forse per voi lo è meno, ma io ho con esso un rapporto antico: un senso di adempienza nei confronti di Dante Alighieri che abbiamo lasciato relegato tra i banchi di scuola. Soprattutto dopo il centenario dell’anno scorso è stato reso ancora più distante di prima. La scuola ci ha trasmesso un senso di inadeguatezza nei suoi riguardi che ce lo ha fatto odiare, anche dal punto di vista estetico: Alessandro Sperduti (che veste i panni di Dante n.d.r.) è un Brad Pitt a confronto», ride, «ho scritto e girato Dante perché ho pensato che fosse un autore che meritava di essere risarcito e riavvicinato alle persone».

Ed è la possibilità di rendere prossimo agli spettatori di oggi un autore di quella levatura ad interrogare il regista: «La battuta che dice Boccaccio a Suor Beatrice sintetizza tutto: continuo a vederlo ragazzo. Se noi continuassimo a vederci ragazzi e a rapportarci alle cose con quella capacità poetica che abbiamo durante giovinezza… Se riprendessimo ad usare il “per sempre”, che è una locuzione avverbiale che oggi è totalmente omessa… Quante volte anch’io da ragazzo, durante un concerto, ho detto “per sempre”, e me lo sono giurato. Il poeta ha dentro di sé quest’idea del tempo che è per sempre. A leggere oggi alcuni versi di Dante vengono i brividi, nonostante siano passati cento anni».

«Per quanto mi riguarda io “per sempre” lo dico spesso», ride intervenendo Sergio Castellitto, «trovo che Dante sia irraccontabile, come diceva Luca Sommi, nessuno ha mai osato fare un film sulla Divina Commedia perché può essere solo letta e rivissuta con l’immaginazione. Penso che la chiave sia stata proprio la trovata narrativa di mostrare tutto attraverso il viaggio di un altro gigante come Boccaccio e che compie un gesto filiale, di sconfinata umiltà, come quello di portare i fiorini alla figlia del poeta. L’umiltà è un sentimento che spesso viene frainteso, essendo visto più come sottomissione. Invece è granitico: ci vuole un gran carattere nel chinare la testa di fronte a chi è più grande di te, serve molta personalità. Qua vediamo un autore, che a scuola abbiamo detestato, cacciato, ridotto in povertà, solo, lontano dai propri affetti, che è stato soldato e forse ha ucciso anche delle persone. Chi non ha provato la sensazione di essere stato estromesso dalla propria vita? Allontanato da qualcosa che amava… Oggi se parliamo di depressione viviamo esattamente “una selva oscura”. La grandezza del poeta è quella di rendere la sofferenza della propria esistenza qualcosa di straordinario che è l’opera. Perciò i poeti sono gli unici che ci possono salvare, perché non ricompongono qualcosa, ma lo estraggono dal buco nero della mente. Sono dei veri benefattori».

Riprende poi la parola il regista, spiegando che era proprio la visceralità più terrena dell’epoca che voleva mettere in scena, incluso il tanfo che si respirava nell’aria in quel periodo storico. Cosa che emerge distintamente anche dal Boccaccio incarnato da Castellitto, che rivela di aver voluto calcare la mano sulla fatica e la malattia del poeta.

A coronare il cast, anche in scene piuttosto brevi, grandi nomi come Milena Vukotic, Alessandro Haber, Gianni Cavina, Enrico Lo Verso, Enrico Beruschi.

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