Che cosa stupida la morte, quella fastidiosa guastafeste che arriva all’improvviso per trascinarti via dalla festa a cui sono presenti tutti i propri affetti e i piaceri della vita. È un pensiero che ci accomuna tutti e che a suo tempo ha avuto anche il regista Carlos Marques-Marcet, che elabora ora le proprie riflessioni con il film Polvo serán, una delle più piacevoli scoperte della diciannovesima Festa del Cinema di Roma ma già affermatosi a livello internazionale come uno dei film più apprezzati dell’anno, tanto da trionfare nella sezione Platform – dedicata al cinema d’autore – del Toronto International Film Festival.
Il film, interpretato da attori del calibro di Ángela Molina (Quell’oscuro oggetto del desiderio, Gli abbracci spezzati, Baarìa) e Alfredo Castro (El Club, Post Mortem, El Conde), porta dunque a confrontarsi con la morte, certo, ma anche con tutti gli interrogativi e le paure di contorno che il suo sopraggiungere porta con sé. Si viene così posti dinanzi a tutta una serie di dinamiche difficili da accettare ma con cui tutti prima o poi si scontrano, che se ne voglia parlare o meno. Per renderle più tollerabili, però, Marques-Marcet sceglie un registro vivace e audace, che tra musical e danza contemporanea raccoglie e ci restituisce sotto una chiave nuova le emozioni alla base del film.
La trama di Polvo serán
Le vite di Claudia e Flavio sono intrecciate da così tanto tempo che nessuno dei due è in grado di concepire la propria esistenza senza l’altro. Quando Claudia, a cui è stato diagnosticato un male incurabile, decide di recarsi in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito, Flavio stabilisce di seguirla in questa scelta. Nel momento in cui però i figli, tornati a casa, scoprono le intenzioni della coppia, i sentimenti e i non detti di sempre tornano a galla, e in famiglia esplodono le tensioni. Divisi tra la lealtà verso il proprio amore e la difficoltà di far comprendere agli altri le proprie scelte, Claudia e Flavio si confrontano con il bilancio di una vita, da chiudere insieme.
Morire per amore
La vita è uno spettacolo e noi non siamo che gli attori sul palcoscenico chiamati a recitare la propria parte, fino a quando non è il momento di uscire di scena. Sarà per questo che il regista apre Polvo serán su una tenda rossa, chiusa, che richiama quella del teatro. Da qui ha inizio la comica tragedia dei due protagonisti, afflitti dalla più lacerante delle situazioni: la malattia di lei, l’incapacità di lui di lasciarla andare. L’amore che Flavio prova per la compagna Claudia è infatti di quelli che ti rendono pronto a morire in nome della persona amata. Ma in questo caso si tratta del voler “morire con”, del non sopportare l’idea di vivere in un mondo dove l’altro non c’è più.
E cosa vuol dire non esserci più? Dove si va a finire? Si ha consapevolezza del proprio “essere altrove”? C’è modo di ritrovarsi in questo luogo misterioso? Che ne è dell’amore che è stato da noi destato? Sono solo alcuni dei tanti interrogativi che nascono nei due protagonisti, chiamati a rapportarsi con l’ovvia ignoranza che circonda la più spaventosa delle tappe della vita umana. Tutte queste domande i due protagonisti se le pongono attraverso tre parti (o atti, tanto per tornare al natura teatrale di Polvo serán), attraversando da prima il rapporto tra loro, poi quello con i figli e infine quello con la propria definitiva decisione.
Ed è proprio in questa progressione che emerge il reale interesse del regista. Perché se l’incombenza della morte è ciò che dà il via allo spettacolo, non è tanto il decadimento fisico l’interesse principale, quanto il modo in cui si sceglie di rapportarsi con sé stessi e con i propri affetti. Si affronta così il lato esistenziale ed emotivo della cosa, con un susseguirsi di scene che indagano la difficoltà di gestire le fasi finali della propria vita, tanto nell’accettare di dover lasciare determinate cose e persone, quanto nel far accettare a queste ultime la propria dipartita. Particolarmente toccanti, dunque, sono le scene che pongono i due protagonisti a confronto con i figli. Momenti in cui si apre completamente quel ventaglio di emozioni umane così universali da toccare tutti, ma proprio tutti.
La danza della vita
Come si accennava all’inizio, tutto ciò sarebbe potuto risultare difficilmente sostenibile data la pesantezza degli argomenti e la gravità delle situazioni (a meno che non si sia attratti proprio da ciò). Al regista va dunque il merito di aver trovato il tono giusto per un approccio brillante e innovativo a un tema così impegnativo. Lì dove sembrano non poter arrivare le parole, ci arriva la musica e la danza. Polvo serán trova infatti in questi elementi lo strumento ideale per incanalare emozioni difficili da esprimere a parole, scegliendo di utilizzarli come elemento narrativo a tutti gli effetti. Assistiamo così a veri e propri numeri da musical o ancora a sequenze mute di danza moderna dalle coreografie particolarmente espressive.
Si spezza così non solo la pesantezza del tema ma si offre anche un elemento visivo in più che restituisce le paure dei protagonisti (interpretati dai sempre straordinari Ángela Molina e Alfredo Castro), dilaniati da emozioni così forti da poter essere ritenute insostenibili per l’animo umano. Ma con Polvo serán il regista non vuole né incupire né intristire, ma anzi mira tra le altre cose a celebrare tutti i piaceri e le bellezze della vita. Per farlo, porta avanti questa commistione di generi attraverso cui cerca di divertire, commuovere, spaventare e in generale di favorire un avvicinarsi alle emozioni della vita e a quel mistero insondabile che è la morte.
Polvo serán
Sommario
Con Polvo serán il regista Carlos Marqués-Marcet offre un’opera che, attraverso una commistione di generi che va dal dramma al musical alla teatro-danza, affronta un tema impegnativo quale è la morte. Tappa della vita qui esplorata da un punto di vista particolarmente intimo ed emotivo, ma anche attraverso una serie di felici scelte di messa in scena che allegeriscono i toni e rendono l’intero film non solo particolare ma anche avvincente. L’interpretazione di Ángela Molina e Alfredo Castro è infine un valore aggiunto ad un’opera già di per sé ben concepita e realizzata.