Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice sbarca ufficialmente oggi, venerdì 19 aprile, su Netflix. Il film, seconda parte dell’opera spaziale diretta da Zack Snyder, rappresenta la dodicesima pellicola del cineasta statunitense e prosegue nel racconto dell’epica avventura intergalattica intrapresa dalla protagonista Kora lo scorso 22 dicembre. Dopo il successo di pubblico del precedente capitolo, che ha fatto registrare quasi 24 milioni di visualizzazioni su piattaforma a pochi giorni dall’uscita (diventando subito il film più visto di Netflix di quel periodo), la storia riprende con Kora (Sofia Boutella) nuovamente impegnata nella difesa del pianeta Veldt.
All’interno del cast, composto da volti noti come quello di Sofia Boutella, Charlie Hunnam, Djimon Hounsou, Ray Fisher, Jena Malone e Michiel Huisman, trovano posto anche new entry di un certo calibro; tra loro anche il grande Anthony Hopkins nel ruolo di voce del robot guardiano. Co-scritto da Zack Snyder in collaborazione con Kurt Johnstad e Shay Hatten e musicato da Tom Holkenborg, il film spera in un responso di critica migliore di quello ottenuto da Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco. Il quale, a fronte di qualche buon responso da parte della stampa italiana, ha particolarmente deluso oltreoceano, dove la percentuale di gradimento del 21% fatta registrare su Rotten Tomatoes pone di fatto un interrogativo: riusciranno Kora e compagni nella duplice impresa di salvare la propria terra e rilanciare il franchise?
La trama di Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice
Sopravvissuti alla battaglia contro l’ammiraglio Noble, Kora e i suoi compagni fanno ritorno su Veldt per prepararsi ad un nuovo scontro con il Mondo Madre. Mentre il nemico si avvicina, il villaggio inizia l’addestramento necessario a prendere confidenza con la armi, mentre i ribelli provvedono a organizzare la strategia difensiva. La guerra è ormai alle porte, il destino della galassia in bilico. La speranza degli abitanti del pianeta è riposta in un manipolo di guerrieri e nel loro desiderio di rivalsa.
Una poetica di frammenti
Rieccoci, a distanza di qualche mese. Nuovamente su Netflix e nuovamente su Veldt; a pochi giorni dall’intervista – rilasciata a Forbes dal solito ed egocentrico Zack Snyder (“Apri gli occhi!” tuona non a caso Atticus Noble durante lo scontro finale con Kora, “Guardami!”) – con cui il regista americano ha confermato l’uscita estiva (nonché la complessiva durata di 6 ore) delle director’s cut dei primi due capitoli della sua nuova creatura sci-fi.
Parti, parti e ancora parti. Segmenti di una poetica sempre più frammentata, di volta in volta più estranea alle consuete dinamiche di fruizione e distribuzione del prodotto-film. Una poetica oramai codificabile solo nei termini di una continua e imprevedibile espansione, e di cui Rebel Moon – specie nella frenesia assemblatrice di questi suoi primi capitoli – rappresenta (per il momento) l’espressione ultima e probabilmente più sregolata.
Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice, storia ed epos
Rieccoci dunque al punto di partenza. Di nuovo su Veldt per pianificarne la difesa. Di ritorno sul pianeta Kurosawa già tratteggiato nell’episodio precedente – e alle sue sfumature western, alle spighe di grano “Scottiane” riprese al rallentatore. Snyder riparte dal mash-up, dalle atmosfere di Rebel Moon – Parte 1: La figlia del fuoco; e su queste basi organizza un discorso diegetico convenzionale e di completamento, che all’unità di azione della vicenda e al suo equilibrio tra stasi, strategia e battaglia associa il consueto occhio di bue puntato sul passato più o meno recente del regista.
Riemergono dunque le ossessioni superomistiche, riconoscibili tanto nella caratterizzazione dei protagonisti – Kora, Titus, Tarak e i loro personalissimi 300 – quanto in quella del principale antagonista – il crudele ammiraglio Noble che risorge cristologicamente e si autoproclama “salvatore”. Riemerge (lo abbiamo detto) l’amore per l’antichità classica, qui ripresa nella sabbia dell’arena “gladiatoria” e nei complotti politici di nuove Idi di Marzo intergalattiche. Riappare soprattutto l’ambivalenza del rapporto con i concetti di origine e archetipo. Che, a fronte di un nemico militare identificato con il nome di Mondo Madre, si sviscera però in un confronto tra epos (quello tecno-starwarsiano e quello agreste di Veldt) che individua nel – parziale – ritorno alla terra un primo passo per la conquista della vittoria – in un mondo nel quale, non a caso, la meccanica è innanzitutto relitto (la nave di Kora) o razza in via d’estinzione (Jimmy).
Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice, personaggi-icona
Piaccia o non piaccia Rebel Moon – Parte 2: La sfregiatrice si pone insomma in continuità con un’idea di cinema che gode forse di spunti più teorici che narrativi. E che, all’interno di un percorso autoriale che fin da principio ragiona principalmente “di rimandi”, sfrutta i personaggi di turno del racconto come pedine/simboli di un ipertesto per immagini.
Ben lo racconta, ad esempio, la sequenza di comunione paesana in cui ai futuri eroi della resistenza vengono consegnati doni/stendardi che in qualche modo li ritraggono, che ne riassumono il valore; che ratificano la loro presenza ed esistenza in quanto icone – significanti per ciò che richiamano, non per ciò che sono. Così come artificiosa appare, di contro, la parentesi di confessione che i medesimi personaggi si ritagliano la notte prima dello scontro. Tentativo maldestro di ampliamento del word building e frangente dunque fuori fuoco, sia per contenuto che per messa in scena.
Rebel Moon – Parte 2: La sfregiatrice, in attesa di un eventuale terzo capitolo di cui il finale di questa pellicola sembra già aver tracciato le coordinate, si attesta dunque, al netto di alcuni difetti, un’opera estremamente coerente e divisiva. Specchio di un autore pomposo che, lo si odi o lo si ami, prosegue dritto per la sua strada con ammirevole menefreghismo.