Romeo è Giulietta, la recensione della commedia di San Valentino con Pilar Fogliati

Pilar Fogliati torna a lavorare con Giovanni Veronesi, che la dirige in una storia di identità multiple e teatro con pregi e difetti.

Romeo è Giulietta recensione
Pilar Fogliati @Enrico De Luigi

Ormai ne parla da tempo come della sua musa, del suo alter-ego, dopo Leonardo Pieraccioni e quel Francesco Nuti cui dedica questo suo nuovo film (oltre ai ringraziamenti all’amica Asia Argento, presente in un cameo), ma effettivamente senza Pilar Fogliati non ci sarebbe il Romeo è Giulietta di Giovanni Veronesi. Uno che rifiuta la definizione di romantico – e che già promette un film per il 2 novembre per compensare questo, in sala proprio dal 14 febbraio, San Valentino, distribuito da Vision Distribution – ma che dopo la doppietta Moschettieri del re – La penultima missione (2018) e Tutti per 1 – 1 per tutti (2020) sembra aver trovato nuova linfa proprio nel tema della ricerca dell’identità intorno al quale ruota tutta la vicenda. Che vede coinvolti, a vario titolo, insieme alla protagonista, Sergio Castellitto, Geppi Cucciari, Maurizio Lombardi, Serena De Ferrari, Domenico Diele, Margherita Buy e Alessandro Haber.

Romeo è Giulietta, la trama

Il grande regista teatrale Federico Landi Porrini (Castellitto) è alla ricerca dei suoi Romeo e Giulietta per l’opera che dovrebbe consacrare definitivamente il suo prestigio e concludere la sua carriera sul palco del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Tra le tante deludenti candidate – provinate insieme al compagno Lori (Lombardi) e al produttore Festa (Haber) – spicca Vittoria, che viene però esclusa a causa di un’ombra sul suo passato. Perso il ruolo di Giulietta, andato alla tiktoker Gemma (De Ferrari), e determinata a ottenere comunque un ruolo nello spettacolo e con la complicità della sua amica truccatrice (Cucciari), la giovane attrice decide di ritentare sotto falsa identità, per dimostrare tutto il suo talento e prendersi una rivincita. È così che si trasforma, e con il nome di Otto Novembre si propone per il ruolo di Romeo, ottenendo la parte. Interpretare qualcun altro non sembra poi così complicato, sia sul palco sia dietro le quinte, neanche quando il suo fidanzato (Diele) viene scelto per interpretare il ruolo di Mercuzio. Vestire però i panni di un uomo le consentirà di scoprire molte cose su sé stessa, ma soprattutto sulle persone che la circondano.

Una nuova sfida per la Fregoli Fogliati

È innegabile la cura, soprattutto formale, messa nell’operazione nata dalla nuova collaborazione della coppia di Romantiche, che qui comprensibilmente punta a mettere ulteriormente alla prova le ormai note capacità di trasformismo di Pilar Fogliati. Dopo l’aristocratica, la pariolina, la borgatara e l’aspirante sceneggiatrice lasciano il campo, in Romeo è Giulietta, a una promettente attrice pronta a tutto per non rinunciare al suo sogno, anche a diventare uomo. Ovviamente sul palco di un teatro, in questo caso, dove si svolge gran parte del film e dove le trame e i piani dei vari protagonisti vengono messi alla prova.

Romeo è Giulietta Pilar Fogliati
Serena De Ferrari e Pilar Fogliati@Enrico De Luigi

Uno spazio ristretto, spesso cupo, che pur con le sue suggestioni e l’attenzione dichiarata da Veronesi stesso alle riprese in interni, non risulta l’arma in più che il regista si augurava fosse né offre occasioni in più ad attori e personaggi per esprimersi o aggiungere drammaturgia e tensione alla commedia. Che pure non delude e regala buoni momenti, scambi convincenti e riesce a rendere credibile l’intreccio, anche nei suoi passaggi più obbligati. E che, a prescindere dalla lunga premessa dedicata ai provini e alla voluta fissità (soprattutto degli esterni, per quanto in molti casi inusuali, con Ponte Tazio, Villa Torlonia e la via Elpide di Trionfale sfruttate più del fin troppo turistico laghetto di Villa Borghese), per troppo tempo non sembra procedere, involuto tra dubbi e tormenti poco originali e sentiti.

Una commedia pronta per il remake

Ma non tutti i film possono essere Tootsie o Shakespeare in Love, o devono esserlo per funzionare, visto e considerato che proprio l’appartenenza a quel rango potrebbe accreditare le speranze della produzione di vendere i diritti per un remake di questo Romeo è Giulietta su scala internazionale (come accaduto già per Perfetti sconosciuti e altri). Versioni alternative che – oltre a soddisfare la curiosità di quale sarebbe all’estero il fidanzato della influencer invece del romanista Lukaku (caparbiamente difeso a scapito della possibilità di scegliere il contendente interista) – permetterebbero di assistere a altre interessanti declinazioni del tema della ricerca dell’identità, non solo di genere, e del conflitto con sé stessi, i propri principi e obiettivi, che restano lo spunto più interessante di questa commedia.

Più dell’apprezzabile per quanto autocelebrativo monologo iniziale di Castellitto, di una delle definizioni più sintetiche ed esilaranti del personaggio di Giulietta, della ormai stereotipata rappresentazione dell’attore costretto a fare il rider (per lo meno stavolta non era il cameriere) e dell’insistenza della Fogliati personaggio sul fatto di essere più di una attrice comica (convinzione che immaginiamo abbia la stessa Pilar, che attendiamo volentieri alla prova). Pro e contro, come si diceva, tra i quali vanno sicuramente ascritti il purtroppo debole finale e il surreale ballo al ristorante Alfredo – tra i secondi – e gli incredibili titoli di testa e di coda cantati, affidati alle incredibili doti di Alessandra Tumolillo, che apre i giochi con la sua versione della “Si t’o sapesse dicere” di Eduardo De Filippo, e di Simona Molinari, un lusso che Veronesi si è concesso e un regalo del quale lo ringraziamo.

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