È un concorso di piante quello di Venezia 82. Le abbiamo viste ramificarsi nella quotidianità e nell’animo del protagonista di No Other Choice; attraversare il fogliame carponi da Hsiao-lee in Girl e, ora, ergersi a testimone silenzioso di tre vite che si incrociano riflettendo sul bisogno di contatto umano e la nostra vicinanza a diverse forme di esistenza, con Silent Friend di Ildikó Enyedi.
All’ombra di un Ginkgo biloba che sovrasta un’università tedesca dal 1832 vanno intersecandosi le storie di un professore universitario silenzioso (Tony Leung) rimasto isolato nel campus allo scoppio della pandemia da Covid 19; quella dell’unica studentessa femmina in una classe di soli uomini nel 1908; infine, quella di uno studente di letteratura degli anni ’70 che legherà con una ragazza appassionata di esperimenti botanici.
L’albero che unisce
Il professore Wung cerca tramite le neuroscenze di trovare metafore dei fenomeni del mondo. Al momento, indaga sull’idea della conoscenza lantera, ovvero il fatto che la mente dei bambini non smette mai di lavorare di fronte a uno stimolo – “sono sempre sballati“, dirà – finchè non sente la necessita di ramificare questo suo sapere estendendolo anche al mondo vegetale, tramite l’aiuto di un’esperta del settore (Léa Seydoux).
Vi è poi Grete (Luna Wedler), a cui una commissione tutta al maschile si riferità senza soluzione di continuità come “una femminista libera” o “una futura scienziata“. Nel corso di un imbarazzante esame di ammissione, le vengono solo fatte domande a sfondo erotico, ad esempio la classificazione della piante in base al sesso elaborata da Carlo Linneo. La giovane, tuttavia, dimostrerà una conoscenza invidibiale, guadagnandosi l’ingresso in università. La sua sete di conoscenza, però, non si limiterà alla botanica: verrà poi in contatto con la macchina fotografica, strumento per studiare la fragile natura della realtà e, forse, per leggere ancora meglio queste piante.
Infine c’è Hannes (Enzo Brumm), unico studente vestito elegante in mezzo ai capi leggeri e svolazzanti della gioventù anni ’70. Una figura che funziona come una sorta di ponte tra passato e post ’68, che legge Rielke e cita Goethe. Tramite la conoscenza con la coinquilina Gundula e, soprattutto, il suo geranio, si interesserà a un mondo di cui fino ad allora non si era mai curato.
Tutto è foglia
In tutti i casi, l’obiettivo ultimo dei nostri protagonisti è quello di trovare un linguaggio, immortalare un’esperienza tra outsiders che è insieme intima (tutti i personaggi sono in qualche modo alienati rispetto al grande disegno accademico) e universale (neanche il passare dei tempi può cancellare la curiosità umana e la spinta verso l’altro).
Silent Friend è un film anche sull’istitutuzione universitaria, sul piacere della scoperta condivisa, slancio che la pandemia ha irrimediabilmente accantonato, svuotando i campus e le scuole, relegando la formazione culturale ad obbligo prima che esperienza. Non c’è vita sociale nei giardini botanici, le piante muoiono di solitudine, svelerà la scienziata interpretata da Lea Seydoux, rispecchiando l’esperienza che noi umani abbiamo vissuto negli ultimi anni.
Sopra ogni vetta è pace
Silent Friend lavora soprattutto per immagini e mentiremmo se dicessimo che solo qualcuna di queste ci è rimasta impressa. C’è però un’inquadratura precisa che esemplifica da sè il senso stesso dell’ampia riflessione imbastita da Enyedi, in cui il professore e il custode diventano parte del fogliame: una nuova idea di socialità che deve partire dalle radici per elevarsi verso l’alto, lassù dove è pace.
Silent Friend
Sommario
Tra università svuotate, studenti emarginati e il silenzioso testimone di un albero che attraversa i secoli, Enyedi firma un film che lavora per immagini potenti e simboliche, capace di trasformare l’esperienza accademica in una ricerca universale di radici e connessioni.