Storia di mia moglie: recensione del film con Léa Seydoux

Un legame d'amore perverso tra Parigi e Amburgo, mare e terraferma, ricordando Joyce.

Storia di mia moglie recensione film

Arriva direttamente dalla selezione ufficiale del Festival di Cannes 2021 Storia di mia moglie, della regista e sceneggiatrice ungherese Ildikó Enyedi, già vincitrice della Camera d’Oro nel 1989 con il suo esordio, Il mio XX secolo. Premiata anche a Berlino con l‘Orso d’oro nel 2017 per Corpo e anima, la regista sceglie qui di raccontare una storia d’amore intensa quanto travagliata, inquinata dal dubbio e da un rapporto di coppia perverso tra due figure molto diverse, che però, non possono che attrarsi.

 

La storia di Lizzy e Jacob 

Jacob Störr, Gijs Naber, è un capitano di marina olandese solitario e taciturno, sempre in giro per il mondo sulle sue navi. Tuttavia, ha la sensazione che alla sua vita manchi qualcosa. Finchè un giorno, un po’ per gioco, scommette col suo amico Kodor, Sergio Rubini, che sposerà la prima donna che entra nel bar dove i due stanno facendo colazione. Il caso, fortunato, vuole che si tratti della bella e spregiudicata Lizzy,  Léa Seydoux , che accetta senza porsi problemi la proposta di matrimonio del capitano. Ha inizio così una storia d’amore dominata dall’ossessione di lui per un possibile tradimento da parte di Lizzy, donna affascinante e libera. Storia contraddistinta da continui litigi e rappacificazioni. Un amore che li tiene legati, ma spesso lontani anni luce e comunque diversi. Questo amore sopravviverà alla gelosia? Il capitano Störr, gigante buono e uomo tutto d’un pezzo all’apparenza, in realtà fragile e disilluso, riuscirà a capire cosa vuole davvero?

Cinema e letteratura in Storia di mia moglie

È la prima volta che Ildikó Enyedi prende spunto da un’opera letteraria per un suo lavoro. Si tratta del romanzo La storia di mia moglie di Milán Füst, scritto nel 1942. Se il romanzo segue gli andirivieni della mente del protagonista, non si possono non ricordare, mentre si assiste alla visione del film, i capolavori che hanno rinnovato la narrativa del Novecento. Difficile non cogliere riferimenti letterari a Joyce e al suo Ulisse. In primis, Jacob è un capitano di marina, un navigante, come l’eroe omerico, che fa ritorno a casa, dove lo aspetta la sua donna. Ma Lizzy, più che una moderna Penelope, sembra una moderna Molly Bloom, moglie del protagonista dell’opera Joyciana, che forse tradisce il marito Leopold, ma dalla quale lui, finisce sempre per tornare. Non per nulla, il proprietario della casa che Jacob e Lizzy affittano ad Amburgo, interpretato da Josef Hader, si chiama proprio Leopold Bloome. Tra gli echi di Joyce, poi, troverà posto anche un’epiphany, un’apparizione.

Storia di mia moglie film recensioneBravura dei protagonisti e cura della messa in scena in un’aura troppo enigmatica

Storia di mia moglie è senza dubbio un lavoro molto curato esteticamente, che a tratti ricorda perfino dei dipinti, grazie alla fotografia di Marcell Rév, ma anche ai costumi di Andrea Flesch

e alla scenografia di Imola Láng, che contribuiscono a creare un’ambientazione elegante e ricostruiscono benissimo epoca e luoghi – Parigi, Amburgo.  Il protagonista ha la solidità rassicurante che ci si aspetta da un capitano di marina: robusto, coraggioso e buono, quanto fragile nel rapporto con Lizzy. Lei è una perfetta dama anni ’20, estroversa, esuberante e libera. La vicenda è centrata sul rapporto malato tra i due, che diventa per Jacob ossessione del tradimento in sua assenza, ansia di non riuscire ad afferrare l’essenza di questa donna, pagando il peccato originale di averla sposata senza conoscerla. All’interno di questa ossessione si snodano corsi e ricorsi di una storia ciclica, allontanamenti e riavvicinamenti, in un gioco in cui, appena la coppia sembra aver trovato un equilibrio, tutto torna al punto di partenza. La regista sa rendere bene la perversione del legame, ma il film soffre della mancata evoluzione dei personaggi. Al suo posto, una eterna circolarità.

Per quel che riguarda le interpretazioni, Gijs Naber è molto espressivo, riesce a trasmettere al pubblico sensazioni ed emozioni, pur sotto la dura scorza del suo personaggio, c’è in lui della verità.  Léa Seydoux si trova qui a proporre un personaggio che, visto dagli occhi di Jacob, appare come una mantide, una creatura felina, sfuggente e intrigante, che però riesce sempre a ricondurlo a sé. Tuttavia, questo tipo di personaggi che non le sono nuovi, risultano un po’ troppo affettati, di maniera, come è accaduto di recente con il personaggio di Madeleine, compagna di Bond nell’ultimo No time to die. Manca un po’ quell’autenticità che porta al coinvolgimento e che l’attrice certo ha nelle sue corde. Vi sono poi diverse partecipazioni di rilievo, anche italiane. Accanto a un bravissimo Sergio Rubini, perfetto nel ruolo dell’amico Kodor, faccendiere intrallazzone, troviamo Jasmine Trinca nei panni di Madame Cobbet. Ad interpretare Dedin, l’amante – o presunto tale – di Lizzy, troviamo Louis Garrel che ben caratterizza un personaggio doppio e infido.

Storia di mia moglie jasmine trincaPur potendo contare su un cast e interpretazioni di tutto rispetto, il film soffre però di molti non detti, cenni che non vengono chiariti, allusioni. Se all’inizio questi alimentano la curiosità dello spettatore e lo fanno entrare nei panni del protagonista – che quasi nulla sa della donna che ha sposato e tutto vorrebbe scoprire – poi restano irrisolti, lasciando dubbi e più di qualche buco narrativo.

Storia di mia moglie è un lavoro esteticamente pregevole, da vedere al cinema, godendo di tutte le potenzialità del grande schermo. È adatto a chi ama le storie in costume – con un’ambientazione anni Venti. È ricco di riferimenti interessanti e tenta un viaggio intrigante nella mente dei due protagonisti, soprattutto di Jacob, alla ricerca di un equilibrio difficilissimo in un amore contorto e malato. Forse, però, come il Leopold Bloom di Joyce, il film si perde un po’ nel suo peregrinare, in un dipanarsi lungo e ricorsivo, infine statico, come il suo protagonista, che sembra tornare al punto di partenza, senza una nuova consapevolezza di sé.

Storia di mia moglie è una co-produzione ungherese, italiana e tedesca. Prodotto da Inforg M&M Film, National film institute Hungary, Palosanto Films con Rai Cinema, Komplizen Film, in associazione con Pyramide Productions e distribuito da Altre Storie, è visibile solo al cinema dal 14 aprile.

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Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
storia-di-mia-moglie-film-ildiko-enyediStoria di mia moglie è un lavoro esteticamente pregevole, da vedere al cinema, godendo di tutte le potenzialità del grande schermo. È adatto a chi ama le storie in costume - con un'ambientazione anni Venti.