“Ok te lo spiego io. Slam Dunk
vuol dire essere una stella del basket. Significa saper giocare in
modo da eccitare il pubblico e quando la paura dell’avversario fa
concentrare tutta l’energia in un canestro quello si chiama Slam
Dunk”.
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Sono trascorsi trent’anni dalla
messa in onda di quel primo episodio dell’anime. Oggi, il mangaka
giapponese Takehiko Inoue firma The first
Slam Dunk, quinta trasposizione filmica di uno dei brand
più amati dal pubblico orientale e di tutto il mondo; donando nuova
linfa al microcosmo della pallacanestro liceale che Hanamichi
Sakuragi e compagni hanno contribuito a rendere celebre.
Una produzione Toei
Animation, un film in tecnica mista (tra CGI e disegno a
mano); un’occasione unica per rispolverare la divisa rosso fuoco
dello Shohoku e scendere nuovamente in campo.
The first Slam
Dunk: una nuova partita
Riparte da lontano
The first Slam Dunk, da un campetto nella città di
Okinawa, da un uno contro uno tra fratelli. A calcare il cemento e
ritagliarsi un ruolo da protagonista non è però il solito
Hanamichi, bensì un giovanissimo Ryōta Miyagi, futuro playmaker
dello storico quintetto base dello Shohoku. Lo sguardo del numero
7, innamoratosi della pallacanestro grazie al fratello maggiore
Sota, scomparso prematuramente a causa di un incidente in mare, è
il filtro selezionato da Inoue per elaborare il proprio racconto.
Un racconto che ai flash del passato e del tormentato percorso di
crescita di Ryōta, alterna l’impeto del presente narrativo,
palcoscenico dell’adrenalinico incontro-scontro fra i team Shohoku
e Sannoh.
Contro ogni pronostico,
la squadra di Ryōta si è infatti guadagnata la possibilità di
rappresentare la Prefettura di Kanagawa al torneo nazionale di
basket. E il match contro “l’imbattibile” Sannoh, campione in
carica, rappresenta un turning point decisivo per la
competizione.
Convergenza tra
due mondi
Quella raccolta da
The first Slam Dunk è un’eredità pesante.
Un’eredità che affonda le proprie radici nell’ottobre del 1990, nel
primo dei trentuno volumi che di lì a pochi anni ci avrebbero
consegnato uno degli shōnen più iconici dell’epoca. Da quel giorno,
indelebile nella storia della narrazione sportiva giapponese, il
brand Slam Dunk si è arricchito di un anime di
centouno episodi (1993-1996) e quattro film animati (tra il 1994 e
il 1995), ispirando al contempo una ricca produzione di videogiochi
tratti dalla serie.
Parlare di The
first Slam Dunk significa allora, innanzitutto, dialogare
con il suo citazionismo, coglierne i numerosi rimandi interni,
apprezzarne gli scorci temporali su di un passato che è memoria,
leggenda, catalogo di un immaginario collettivo. Senza naturalmente
tralasciare l’importanza di un connaturato omaggio all’NBA, da
sempre faro di ispirazione per l’autore nipponico.
Ed è con il pensiero al massimo
campionato di basket statunitense che il rilascio di The
first Slam Dunk, a poche settimane da Air – La storia del grande salto, sembra
suggerire un confronto tra due prodotti che, seppur manifesto di
ragionamenti antitetici sulla pallacanestro, scaturiscono da una
medesima scintilla. Perché se è vero che il film di
Inoue eleva la purezza sportiva del gioco, a
discapito di una dimensione – quella proposta da
Affleck – improntata al merchandising e alla
realizzazione del sogno americano, è altresì innegabile il comune
valore sociale – e la comune bruciante passione – che sottende la
visione del basket di entrambe le opere. Un basket che è creatore
di icone, di attimi interminabili, di fiati sospesi e storie che
infondano la voglia di volare.
Un campo, una
vita
Ma il campo da basket,
come spesso accade negli “spokon” (da Judo Boy a
L’uomo Tigre, da
Mila e Shiro a Holly e Benji), è solo
l’intrigante pretesto che The first Slam Dunk
sfrutta come contenitore di spunti. Come centro propulsore per una
narrazione di più ampio respiro.
Il racconto di Inoue è
storia di perdita, di lacrime e dolore; ma l’iniziale focus su
Ryōta, sinfonia di sottofondo all’intero film, si allarga ben
presto a includere i principali componenti della squadra, a
suggerire incomprensioni, debolezze o punti di forza del gruppo.
Così che i diversi momenti della partita contro il Sannoh divengano
link d’accesso a ricordi e vecchi incontri; essenziali attimi di
rilettura che dal campo invadono la vita e dalla vita traggono la
forza necessaria per lottare sul campo.
Fino all’istante in
cui, proprio sulla sirena, il pallone si stacca dalle mani di un
campione, nel vuoto pneumatico di un’attesa che sembra non
terminare mai.
Sommario
Un racconto adrenalinico che
guarda al passato ma brilla di luce propria. Una storia di perdita,
lacrime e dolore che omaggia il basket e celebra il gioco di
squadra.
Laureato in Lettere Moderne
all'Università Statale di Milano, ha collaborato con l'Associazione
Culturale Lo Sbuffo a partire dal 2019, scrivendo articoli e
approfondimenti sul mondo dello spettacolo. Ha poi frequentato la
specializzazione in Critica cinematografica presso la rivista e
scuola di cinema di Sentieri Selvaggi di Roma, con la quale
collabora dal 2022. Appassionato di cinema e serie tv, collabora
con Cinefilos dal 2023. A partire dal 2022 ha partecipato a diversi
festival cinematografici su territorio nazionale, tra cui quelli di
Venezia, Roma, Torino, Bergamo e Trieste.
Un racconto adrenalinico che
guarda al passato ma brilla di luce propria. Una storia di perdita,
lacrime e dolore che omaggia il basket e celebra il gioco di
squadra.The first Slam Dunk: recensione del film di Takehiko
Inoue