Uscite al cinema del 6 maggio 2011

Fast & furious 5 – Dopo aver attaccato un bus di detenuti per permettere a Dominic Toretto di sfuggire alla prigione, Mia Toretto e l’ex agente Brian O’Conner scappano in Brasile. Qui, durante una spettacolare rapina a un treno, ritrovano Dominic e scoprono che il mandante del furto è un ricco affarista corrotto di Rio De Janeiro, Hernan Reyes, interessato a recuperare un chip nascosto nell’autoradio di una macchina rubata contenente tutte le tracce dei suoi traffici illeciti da centinaia di milioni di dollari. Dom e Brian decidono così di utilizzare le informazioni del chip per fare un ultimo colpo e derubare tutte le finanze di Reyes. Ma per farlo hanno bisogno di formare una nuova squadra.

 

Dopo gli inizi a tutto gas, nel suo lungo e costante tragitto, la saga di Fast and Furious sembrava destinata a sbandare. Invece, due anni fa, complice la volontà di tornare a “sporcarsi le mani” (anche come produttore) da parte di Vin Diesel, la saga ha ritrovato i suoi pezzi originali e ha saputo tornare in pista, recuperando anche il controllo di una narrazione seriale finita in testacoda.

Machete – Machete è un agente federale che si pensa sia morto in uno scontro con la banda del pericolosissimo boss Torrez. Ma non è così. Machete ha cercato rifugio in Texas dove viene coinvolto nell’attentato a un senatore xenofobo. Scoprirà di essersi infilato in un machiavellico complotto che vede lui come capro espiatorio. Ha contro il capo dei vigilantes Von, il perfido uomo di affari Booth e, ancora una volta, Torrez. Al suo fianco c’è solo Sartana Rivera, giovane e seducente ufficiale della squadra anti-immigrazione che ha compreso che non tutto è come sembra.

A partire dalla sequenza iniziale sino ad arrivare all’ultima inquadratura di un film in cui non ci sono ruoli cameo ma attori che si mettono in gioco come De Niro, Steven Seagal, Don Johnson facendo ironia su se stessi divertendosi (lo si percepisce) enormemente e divertendo il pubblico. Il pupillo di Quentin Tarantino – noto ai più per aver diretto Sin City – Robert Rodriguez firma il suo sedicesimo film. Un regista che fa sentire al pubblico tutta la sua voglia di fare cinema, senza secondi fini o sofisticate pretese.

Come l’acqua per gli elefanti – Nell’America della Grande Depressione, Jacob Jankowski è a un esame dalla laurea e da una notte d’amore con la più bella ragazza del corso di medicina veterinaria. Un tragico incidente, in cui muoiono i genitori, sconvolge la sua vita e i suoi piani di studente, conducendolo su un binario alternativo e imprevisto. Lasciata la propria casa per coprire i debiti accumulati dal padre e abbandonata l’università, Jacob sale su un treno in corsa e spera nella buona sorte che avrà il volto dolce di Marlena, stella equestre del Benzini Bros Circus e moglie dell’instabile August, impresario e domatore crudele di artisti e animali. Rivelate presto le sue evidenti doti di veterinario, Jacob viene accolto con entusiasmo da August e promosso al ruolo di addestratore dell’elefantessa Rosie, ingombrante ‘primadonna’ col vizio del whisky. Innamoratosi perdutamente della bionda Marlena, il ragazzo dovrà vedersela coi reiterati soprusi di August e trovare come un funambolo un nuovo equilibrio nell’universo circense.

Nell’America ‘depressa’ di fine anni ‘20 si svolge il melodramma circense di Francis Lawrence, ispirato dalle pagine di Sara Gruen (“Acqua per gli elefanti”) e idealmente prossimo al Trapezio e al ménage à trois di Carol Reed. Accantonati re biblici e leggende moderne (come Costantine o Io sono Leggenda), il regista americano rispolvera leoni, elefanti e bionde acrobate, sceneggiando il Circus di Britney Spears, diretta tre anni prima nell’omonima clip musicale. D’altronde ha diretto anche altre clip musicali di altri artisti pop: Justin Timberlake, Janet Jackson, Will Smith (per il film Men in Black II), Aerosmith.

Senza arte né parte – Siamo in Salento. Il Premiato Pastificio Tammaro decide di modernizzarsi. La vecchia fabbrica viene chiusa e se ne apre una nuova, completamente meccanizzata. Tutta la squadra di operai addetti allo stoccaggio manuale, tra cui Enzo, Carmine e Bandula, si ritrovano disoccupati. Enzo è sposato con Aurora che lavora saltuariamente come traduttrice, e hanno due figli piccoli. Carmine vive con la vecchia madre e con Marcellino, il fratello minore e scapestrato. Bandula è un’immigrato indiano, ormai al verde e senza più un posto dove dormire.

La situazione è drammatica. In quei giorni, la moglie di Tammaro eredita una bizzarra collezione d’arte contemporanea, che viene sistemata proprio nel vecchio pastificio. Tammaro offre a Enzo un lavoro provvisorio in nero: guardiano del magazzino dove è custodita la collezione d’arte. Enzo e i suoi amici, scoprono sbalorditi l’arte contemporanea, e soprattutto, che quegli oggetti all’apparenza strani e privi di senso, valgono così tanti euro. Ed ecco che si inventano inventori di improbabili opere di arte moderna…

Secondo film per Giovanni Albanese, dopo A.A.A.ACHILLE uscito ben dieci anni fa. Una commedia gradevole e divertente, che sdrammatizza sulla crisi economica e sui licenziamenti, e che al contempo esalta la proverbiale “arte di arrangiarsi” tipica dei meridionali. Nel cast spicca la presenza di Vincenzo Salemme nei panni di Enzo, e quella di Donatella Finocchiaro in quelli della moglie ereditiera Aurora.

Hai paura del buio – Eva è una ragazza di poco più di vent’anni che lavora in una fabbrica a Bucarest. Nel suo ultimo giorno dopo che non le è stato rinnovato il contratto, decide di mettere in vendita tutto quello che possiede e di comprare un biglietto per l’Italia. Raggiunge la stazione di Melfi e trascorre la notte vagabondando senza meta finché trova un’auto aperta dove ripararsi dal freddo. La macchina appartiene ad Anna, giovane operaia presso la fabbrica della FIAT, che decide di accoglierla nella casa in cui vive assieme ai genitori e alla nonna malata.

Nel suo percorso come autore televisivo, Massimo Coppola si è mosso in una direzione opposta rispetto ai flussi e alle formule dei format popolari. Attraverso monologhi brand new, anti-reality di finzione e documentari sui ventenni ai margini di servizi e talk show, Coppola ha sempre cercato di mostrare, all’interno di un canale giovanile e “giovanilista” come Mtv, un’alternativa al pensiero comune e alla visione a senso unico sulle nuove generazioni. Dallo sguardo maturato coi ritratti giovanili di “Avere Ventanni” e da quel bisogno di porre una frattura fra rappresentazione e identità dei giovani d’oggi, sembra nascere anche il suo ingresso nel cinema di (cosiddetta) finzione.

Dopo i due documentari Politica zero – nato sempre dall’esperienza maturata da Massimo Coppola e dai suoi fidati amici e collaboratori, Giovanni Giommi e Alberto Piccinini, con il programma “Avere Ventanni” in onda su Mtv – e Bianciardi! del 2007, Coppola arriva dunque al suo primo e autentico lungometraggio non-documentario. Capace di stesso a parlare dei giovani e dei loro problemi.

Tatanka – Dopo ”Gomorra” e’ la volta di ”Tatanka Scatenato”. Un racconto di Roberto Saviano estratto dal libro “La bellezza e l’inferno” (ed. Mondadori), portato sul grande schermo questa volta da Giuseppe Gagliardi, alla sua opera seconda dopo ”La vera leggenda di Tony Vilar” con la produzione di Margherita Film e Minerva.

La sceneggiatura, firmata dal regista insieme a Maurizio Braucci, Massimo Gaudioso, Salvatore Sansone e Stefano Sardo ha ottenuto 1.400.000 euro di contributo da parte del Ministero dei Beni Culturali, che ha riconosciuto di interesse culturale il progetto. Questo racconto di Saviano e’ incentrato sui pugili di Marcianise e sul loro rappresentante principe, il vicecampione olimpico Clemente Russo, che sara’ anche protagonista del film. Le riprese si sono svolte tra l’Italia e Berlino.

Un film sull’esaltazione dello sport come mezzo per evadere dai contesti sociali difficili in cui si vive. E magari, uno dei “salvati”, sfiora anche l’oro alle Olimpiadi.

Il primo incarico – Puglia, anni ’50. Nena è una giovane maestra, innamorata di un ragazzo dell’alta borghesia, messa sotto pressione dalle preoccupazioni della madre. Quando arriva la lettera di assunzione in una piccola scuola nel sud salentino, fa le valigie e parte a malincuore, curiosa della sua nuova esperienza ma triste per la lontananza dal suo amore. Dopo le prime difficoltà di integrazione nella piccola comunità agreste, riesce a trovare un equilibrio che verrà nuovamente messo in discussione dalla notizia dell’innamoramento del fidanzato per un’altra donna. Scegliere come protagonista di un film una professoressa degli anni Cinquanta, vuol dire prediligere il punto di vista femminile a quello maschile. Gli uomini, nel film, non fanno bella figura: sono rozzi e insensibili o vittime inconsapevoli di un sistema classista, irrigidito sul lusso di privilegi atavici. Le donne sanno far da mangiare e si occupano della casa.

Isabella Ragonese, senza trucco e senza vezzi, dimostra ancora una volta di essere un’ottima interprete versatile. Il tocco elegante della regista Giorgia Cecere, al suo primo film, rende apprezzabile una storia piccola che, per essere raccontata, ha bisogno di un narratore che sappia osservare. Un film sulle difficoltà che incontrava, e in fondo incontra ancora, una donna che vuole emanciparsi nel Sud Italia.

La misura del confine – In cima al Monte Rosa, sotto nubi prepotenti, è stata ritrovata una mummia ma nessuno ha ancora stabilito se il luogo della scoperta sia terra italiana o svizzera. Così due squadre di esperti partono alla ricerca del soggetto ma il maltempo smarrisce nelle nebbie la spedizione svizzera e spinge quella italiana a ripararsi in un rifugio accogliente. Dopo aver dichiarato che il corpo è “italiano”, i due gruppi si uniscono a festeggiare insieme e, chiacchierando di amori del passato e affetti del presente, si accorgono di avere a che fare con un misterioso delitto.
La montagna, silenziosa e ruvida, accoglie una storia intrigante che comincia come una sorta di documentaristica cronaca di una spedizione scientifica per trasformarsi poi in un raffinato giallo investigativo.

Secondo film per Andrea Papini, dopo La velocità della luce del 2008, un Noir esistenziale che indaga sulle ombre e sullo smarrimento dell’animo umano. Anche La misura del confine ha un nonsoché di misterioso ma al contempo razionale, che a molti farà venire in mente serie tv americane alla Csi Miami.

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