Mai come quest’anno la categoria del migliore attore non protagonista agli Academy Awards è stata tanto combattuta e contesa. Solo cinque i posti a disposizione e molti gli interpreti rimasti a bocca asciutta: da Benicio Del Toro, nominato ai Bafta (gli Oscar inglesi) per Sicario di Denis Villeneuve a Michael Shannon (menzione ai Golden Globe e ai Sag, i riconoscimenti assegnati dal sindacato degli attori) per l’indie 99 Homes di Ramin Bahrani; dalla rivelazione di Room Jacob Tremblay che, a 9 anni, ha già conquistato gli onori di pubblico e critica, a Idris Elba per Beasts of No Nation di Cary Fukunaga, la cui assenza in cinquina dopo le candidature a Bafta e Sag ha contribuito a infiammare la polemica degli attori e registi black di Hollywood contro le scelte “SoWhite” dell’Academy.

 

A contendersi la statuetta il prossimo 28 febbraio saranno, comunque, tre attori tra i più amati e apprezzati del panorama attuale, un’icona del cinema americano e un attore di razza fino a oggi conosciuto soprattutto per il suo lavoro sui palcoscenici teatrali. Cinque performance molto diverse tra loro, sospese tra ragione e sentimento, ossia tra tecnica e cuore, fisicità e intensità espressiva.

Mark Rylance ponte delle spieAffermato regista teatrale e drammaturgo, nonché attore shakespeariano di spicco, Mark Rylance vanta nel proprio curriculum Tony Award, Laurence Olivier Award e Bafta. Protagonista di Intimacy – Nell’intimità, film del 2001 di Patrice Chéreau, e presente anche nel recente The Gunman con Sean Penn, l’attore britannico ha però attirato l’attenzione di Hollywood grazie al ruolo della spia sovietica Rudolf Abel nell’acclamato Il ponte delle spie di Steven Spielberg, che lo ha scelto per il suo eccezionale trasformismo. Con poche ma sapienti pennellate (del resto Rudolf Abel amava la pittura), Rylance delinea il personaggio di una spia silenziosa e acuta, leale nei confronti del proprio paese ma compassata, quasi ironica, dall’attitudine rilassata nonostante gli eventi in cui è coinvolto. Una performance tecnicamente sublime e raffinata per l’attore che, statuetta o meno, è ora lanciato anche sul grande schermo. Sarà, infatti, ne Il gigante gentile di Steven Spielberg e In Dunkirk di Christopher Nolan.

Mark Ruffalo spotlightGiunto alla terza nomination agli Oscar come migliore attore non protagonista (dopo I ragazzi stanno bene e Foxcatcher – Una storia americana), Mark Ruffalo ha vinto la competizione interna al cast – praticamente tutto al maschile – de Il caso Spotlight, presentato all’ultimo Festival di Venezia e uno dei frontrunner dell’88esima edizione degli Academy Award, superando Michael Keaton, Liev Schreiber, Stanley Tucci e John Slattery. Con grande umanità, quella che da sempre infonde ai suoi personaggi, e adesione mimetica, l’attore di Shutter Island e The Avengers veste i panni del reporter Michael Rezendes, tuttora membro del team investigativo del Boston Globe che nel 2002 rivelò lo scandalo dei preti pedofili all’interno della Chiesa Cattolica. La sua prova restituisce efficacemente i modi incisivi e tutta la determinazione del giornalista nel riportare una realtà tanto scomoda quanto dolorosa.

Christian Bale La grande scommessaNella cinquina, Christian Bale è l’unico ad aver potuto già collocare il suo Oscar – come migliore attore non protagonista per The Fighter di David O.Russell – in salotto (o magari in bagno come Kate Winslet), ma il suo film La grande scommessa di Adam McKay è uno dei favoriti alla vittoria finale e la doppietta non può essere esclusa. La ricca e variegata carriera dell’attore britannico si arricchisce del ritratto di Michael Burry, ex neurologo con un occhio di vetro convertito alla finanza che, nel 2005, riuscì a prevedere prima di chiunque altro il grande crollo del mercato dei mutui residenziali statunitensi. Per nulla intimorito dall’idea di interpretare un personaggio reale, nonché vivo e vegeto, Bale delinea con la consueta intensità e perizia una mente geniale, ma schiva e introversa, affetta dalla sindrome di Asperger e appassionata di heavy metal (imparando a suonare la batteria grazie a un corso accelerato). Il mai dimenticato Batman di Christopher Nolan trasmette tutta l’ossessiva caparbietà di Burry, senza dimenticare il segno che l’aver previsto, e in qualche modo cavalcato, la crisi economica ha lasciato in lui.

Tom Hardy revenantIl 2015 è stato l’anno di Tom Hardy. Protagonista di Legend (in Italia ad aprile), Mad Max Fury Road e al fianco di Leo DiCaprio in Revenant – Redivivo – 22 le nomination collezionate dai due titoli – la candidatura agli Oscar giunge a coronamento di un anno importante per l’attore britannico, diventato anche padre per la seconda volta. Chiamato da DiCaprio stesso (probabilmente a sostituire Sean Penn), per incarnare John Fitzgerald, il mercenario che seppellisce vivo un Hugh Glass in fin di vita innescando la vendetta dell’esploratore, Tom Hardy abbraccia il personaggio evitando la monodimensionalità di un villan convenzionale. Attraverso il suo modo di parlare (sforzo che chiaramente si perde nel doppiaggio italiano), il suo sguardo e la sua prorompente fisicità, Hardy conferisce profonda complessità a Fitzgerald, restituendo le ragioni e le paure di un uomo privo di scrupoli, segnato dalla vita ma deciso a piegarla ai suoi bisogni.

Sylvester Stallone Creed

Sylvester Stallone è l’unico dei candidati il cui film non è tra i nominati a miglior film (in questo caso La grande scommessa, Revenant – Redivivo, Il caso Spotlight e Il ponte delle spie), ma ha dalla sua la storia più forte, perché più radicata nell’immaginario collettivo. A quarant’anni dal primo Rocky, con cui ottenne due nomination come interprete e sceneggiatore del film, Stallone torna nuovamente nei panni di Rocky Balboa, senza sferrare pugni ma trasmettendo il proprio bagaglio di esperienze ed emozioni al giovane Adonis Creed in Creed – Nato per combattere di Ryan Coogler, che è riuscito a dare nuova linfa vitale all’appannato mito cinematografico di Rocky. Con una performance malinconica e intrisa di dignità, Stallone convince nel suo ruolo di coach-mentore del figlio dell’amico e rivale Apollo Creed, chiamato questa volta ad affrontare un nemico ancora più temibile. Premiato dal National Board of Review, la stampa lo ha lanciato prima con il Golden Globe, poi con il Critics’ Choice. Escluso da Sag e Bafta, l’attore può comunque essere considerato il favorito della competizione.

L’influenza della mitologia di Rocky Balboa e il rilancio di Sylvester Stallone, protagonista di una carriera caratterizzata da picchi e tonfi clamorosi, potrebbero fare la differenza. La volontà dell’Academy di premiare Il caso Spotlight o La grande scommessa con le statuette che contano (tra cui si annoverano film, regia, sceneggiatura, montaggio, interpreti) potrebbe però far spostare l’ago della bilancia verso Mark Ruffalo o Christian Bale. Un verdetto che non andrebbe comunque a inficiare la potenza delle performance di Mark Rylance e di Tom Hardy, entrambi alla prima nomination. E, quasi certamente, non ultima.

- Pubblicità -