Ken Loach“Grazie per essere venuti, so che siete reduci da una faticosa settimana al Festival di Venezia”. Così Ken Loach saluta la stampa romana, che ha incontrato per presentare il suo ultimo film Io, Daniel Blake, già vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2016 e in arrivo nelle nostre sale il prossimo 21 settembre.

 

Il film racconta di un falegname di 59 anni che vive a New Castle e che per la prima volta nella sua vita è costretto a chiedere un sussidio statale in seguito a una grave crisi cardiaca. Il suo medico gli ha proibito di lavorare, ma a causa di incongruenze burocratiche si trova nell’assurda condizione di dover comunque cercare lavoro. La sua sfortuna si incontra con quella di Katie, una madre single, con la quale nascerà una profonda amicizia. Daniel è un cittadino che chiede quanto gli spetta, niente di più e niente di meno, ed è da questo concetto che parte la riflessione di Loach, sempre gentile e cordiale e allo stesso tempo estremamente lucido e severo nel suo giudizio del nostro tempo.

“Credo che dobbiamo riappropriarci del termine “cittadino” – ha dichiarato il regista – Il problema è che lo Stato, tutti gli Stati europei, cercano di non schierarsi con le persone ma con il Capitale. Il loro interesse è quello di rendere i lavoratori vulnerabili. Se non hai un lavoro e perché il tuo c.v. non è compilato a dovere o perché sei arrivato in ritardo. La realtà è che i posti di lavoro non ci sono, oppure ci sono ma sono così precari che non forniscono un’entrata stabile che possa consentire una vita dignitosa. Questo precariato è utile agli affari e alle grande imprese perché costituisce un rubinetto che si può aprire e chiudere in base alle necessità. Ma questa situazione per la classe operaia è un vero disastro.”

Cannes 2016: I, Daniel Blake recensione del film di Ken Loach

Nonostante la situazione di profonda crisi, nel film è forte il concetto di solidarietà tra persone con le stesse difficoltà: “Un punto importante del film e della società in generale è la solidarietà operaia. In qualunque comunità di lavoratori c’è solidarietà. Nel Regno Unito per esempio abbiamo campagne di beneficenza per ogni cosa. Senzatetto, disabili, ospedali e scuole, anziani e associazioni a scopo benefico. Le persone sanno che è difficile vivere così e c’è consapevolezza di questa condizione di vulnerabilità. Chi soffre di più sono i disabili che non sono nemmeno in grado di andare in giro in autonomia. Il tessuto sociale si sta sfaldando.”

Il futuro è quindi completamente buoi per Ken Loach? “Sorprendentemente c’è ancora speranza, il partito sociale democratico, la sinistra, è riuscito a eleggere un leader perché l’ala destra del partito stesso ha permesso che si candidasse una persona insospettabile, che nessuno si aspettava sarebbe stato eletto. Questa persona ha ottenuto il sessanta per cento dei voti, e ora abbiamo molti più iscritti al partito grazie a lui. Jeremy Corbyn. Se dovesse vincere tra due settimane ci potrebbe essere davvero un cambiamento radicale. Mi sento un po’ vecchio quando vengo in Italia, forse per il modo di vestire, ma in realtà non sono mai stato così giovane perché il movimento di sinistra nei Regno Unito e guidato dai giovani e dai social media.”

Nella continua lotta di Daniel con il sistema burocratico, il suo peggiore nemico è la burocrazia stessa o le persone che la applicano in maniera così cinica? “Penso che la burocrazia e la mancanza di empatia degli impiegati siano connessi. La complessità burocratica e lì per intrappolarti. Il Governo sa perfettamente quello che fa e le persone che lavorano in queste agenzie di collocamento sono costrette ad agire seguendo il regolamento, tanto che hanno un numero fisso di sanzioni da assegnare a settimana, pena ulteriori sanzioni ai loro danni.”

Parlando proprio di società e problemi legati all’economia in crisi e alla mancanza di lavoro, Loach ha espresso anche la sua opinione sulla Brexit: “Abbiamo votato per uscire dall’Europa ma non siamo ancora usciti. C’è una specie di guerra fredda in UK in cui non accade nulla. Per adesso le previsioni sono di un rallentamento dell’economia e una perdita di valore della sterlina. I datori di lavoro reagiranno tagliando i salari e aumentando il grado di precarietà.”

Sul presente e sul futuro del cinema invece il regista è molto cauto: “Incontro tanti giovani cineasti che vogliono fare film e che condividono mie idee ma le decisioni su quali film vengono prodotti non vengono prese da questi cineasti. Chi prende le decisioni commerciali ha la sua visione del mondo e cerca film che la rispecchino. Noi abbiamo iniziato in TV, era un tempo in cui la classe dirigente era molto sicura di sé e ci lasciava la libertà di essere un po’ sovversivi. Adesso la classe dirigente si sente minacciata e di conseguenza ha ristretto le regole. È raro riuscire a trovare qualcosa di interessante. Ci sono tanti bravi registi in giro ma forse non trovano spazio per esprimere un certo tipo di cinema.”

In merito al valore che la Palma d’Oro vinta ha Cannes ha per lui e per il suo film, Ken Loach, ancora una volta ha fatto un discorso molto lucido, completamente privo di vanità. “I premi aiutano film come questi. A livello di distribuzione riescono a vendere meglio il film ma aiutano anche a rompere gli schemi. Il vento che accarezza l’erba ha trovato notorietà con il premio a Cannes nel 2006 e così è arrivata alle luci della ribalta anche la politica imperialista dell’Inghilterra sull’Irlanda.” Poi, inaspettatamente, arriva da Ken il commento che lo rende uno dei più grandi. Nonostante l’impegno sociale profuso nel film, nonostante i premi e le parole sulla politica e la società contemporanea in difficoltà, Loach aggiunge: “Questo film è stato motivato dalla rabbia che si agitava in me di fronte alla situazione sociale in cui ci siamo venuti a trovare, ma è anche prima di tutto un film. Alla sua base c’è il piacere della scrittura, di lavorare sul set con gli attori. Il piacere di fare cinema.”daniel blake

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