Kicks di Justin Tipping è stato presentato nella sezione Alice nella Città della Festa di Roma 2016 raccogliendo nuovi consensi dopo l’apertura del Tribeca Film Festival. Tipping è giovanissimo ma ha già le idee chiare su quale grammatica audiovisiva utilizzare per raccontare una storia che affonda le sue radici nelle contraddizioni dei nostri tempi, dove il confine tra Bene e Male troppo spesso si perde e non è facile segnare il confine tra i due in modo manicheo.
Il protagonista, Brandon, è un quindicenne dei sobborghi di Los Angeles che vive le contraddizioni quotidiane di ogni adolescente: non è atletico come il suo miglior amico Rico, non è vincente, non ha successo con le ragazze ed è anche povero tanto da non potersi comprare nemmeno un nuovo paio di scarpe da ginnastica, che rappresentano un vero status presso le “gang” urbane. Tutto cambia quando acquista un paio di Air Jordans, talmente belle e vistose da attirare l’attenzione del bullo locale Flaco, innescando così un crescendo di violenza che spingerà Brandon oltre ogni limite, pur di recuperare quelle scarpe.
Kicks
rischiava, almeno su carta, di diventare il classico racconto di
formazione (o de-formazione?) di un adolescente cresciuto in un
contesto socio – culturale difficile; ma l’abilità di Tipping sta
proprio nell’utilizzo di un linguaggio onirico, sospeso e rarefatto
per raccontare l’Io interiore del giovane protagonista e le
conseguenze fenomenologiche sulla realtà innescate dalle sue
scelte. Rievocando un clima ed un gusto tesi e adrenalinici simili
a pietre miliari del cinema come American History
X, è affascinante osservare come si può raccontare
un’apparente storia di banale violenza attraverso un punto di vista
unico, giocando con le inquadrature e sfruttando la metafora –
vincente – dell’astronauta, alter ego ideale di Brandon che con i
suoi lenti movimenti lunari distorce la lente del reale, sublimando
l’immaginario ma soprattutto le complesse sfumature
dell’interiorità inquieta di un quindicenne.
Il confine tra Bene e Male, in Kicks, ha contorni indefiniti e confusi: chi è il “buono”? E chi il “cattivo”? Quali sono le ragioni – sempre futili – che spingono a valicare in modo indiscriminato i due lati opposti della barricata?
Invece di fornire risposte certe o lunghe spiegazioni moraleggianti il regista preferisce limitarsi a narrare gli eventi: reali, onirici, crudeli o rarefatti, ma pur sempre eventi che compongono, come frammenti (non a caso il film è diviso in ideali capitoli ispirati a versi e titoli di canzoni hip-hop e rap) il racconto della turbolenta formazione di un giovane uomo in fieri.