Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni: recensione del film Disney

Lo schiaccianoci e i quattro regni

Il 31 ottobre uscirà al cinema una nuova fiaba Disney Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni, e nonostante la programmazione precoce aprirà le porte ad una sfarzosa atmosfera natalizia. Lo Schiaccianoci è da sempre una favola di Natale.

 

I più la ricorderanno per le musiche di Ciajkovskij, composte tra il 1891 e il 1892 per accompagnare il balletto di Marius Petipa, suggestiva rappresentazione che ancora oggi – nonostante le numerose variazioni sul tema – vive e gode di ottima salute.

Ma la favola dello schiaccianoci differisce in realtà da quella pensata per il mondo della danza, e fu scritta nel 1816 dal tedesco E.T.A.Hoffman, che la intitolò “Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi” .

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Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni, il film

Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni è una sorta di mix della trasposizione letteraria e di quella musicale, grazie all’adattamento di Ashleigh Powell e alla sceneggiatura della stessa Powell assieme a Simon Beaufoy (The Millionaire, Hunger Games – La Ragazza di Fuoco).

La notte di Natale la giovane Clara Stahlbaum (Mackenzie Foy) farà la conoscenza di un nuovo magico mondo, scoprendo di esserne l’erede al trono. Accanto a lei siedono i sovrani del Regno dei Fiori (Eugenio Derbez), il reggente del Regno dei Fiocchi di Neve (Richard E. Grant) e la Fata Confetto (Keira Knightley), regina del Regno dei Dolci. Unica assente per aver tentato di cospirare contro la pace dei regni, Madre Cicogna (Helen Mirren), esiliata a vita nel cosiddetto “Quarto Regno” (in origine Il Regno dei Divertimenti) e odiata da tutti. Per evitare una possibile guerra contro Madre Cicogna, Clara dovrà recuperare una chiave molto preziosa, dono della sua defunta madre. Ad aiutarla nell’impresa l’impavido schiaccianoci Philip (Jayden Fowora-Knight).

Lo schiaccianoci e i quattro regniIl film è diretto eccezionalmente da due registi Lasse Hallström (Chocolat, Le Regole della Casa del Sidro) e Joe Johnston (Jumanji, Captain America: il Primo Vendicatore). Quest’ultimo era stato inizialmente chiamato solo per la fase di reshoot, ovvero quelle riprese di “adattamento” che servono per la messa a punto finale di un film a così alto budget. Ma l’aggiunta dei costosi effetti speciali ha reso di fatto Johnson un secondo vero e proprio regista.

Nonostante quindi l’incredibile lavoro tecnico che si cela dietro questa ultima fatica prodotta dalla Disney, Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni non può dirsi un film pienamente riuscito. Al di là della trama, forse troppo arzigogolata per un pubblico di più piccini, né i personaggi né gli avvenimenti risultano davvero interessanti.

Gli omaggi al genere fantasy sono evidenti: dal giro in carrozza per ricevere i doni, palese riferimento al Mago di Oz, all’intera figura di Clara, plasmata quasi senza voglia di originalità su quella della Alice di Tim Burton. E se le citazioni di Hugo Cabret e de Le Cronache di Narnia sono ottimi esercizi visivi che dimostrano l’altissimo livello di CGI di questo film, nulla di tutto ciò va a beneficio della storia, che dopo un primo tempo scontato ma buono, va purtroppo perdendo il poco fascino che conservava.

Peccato, perché alcune soluzioni narrative potevano essere molto valide, come la svolta dark nella rappresentazione del Regno dei divertimenti. E il trucco applicato sul volto di una Helen Mirren/Madre Cicogna, “rotta” come una bambola di porcellana gettata e dimenticata, è evocativo dei toni cupi all’origine della storia de Lo Schiaccianoci.

Ma l’errore più clamoroso è costituito dal forzato affrancamento dalle musiche incantevoli di Čajkovskij, citate solo a sprazzi e per brevissimi istanti lungo tutta la durata del film (e nei titoli finali), preferendo invece l’immissione costante della soundtrack ufficiale, affidata a James Newton Howard (King Kong, Batman Begins) e di un piattume devastante (d’altronde il confronto col compositore russo era perso in partenza).

Speciale apparizione della prima ballerina dell’American Ballet Theatre, Misty Copeland, che danza dapprima sulle note di Howard per introdurre la storia sei Quattro Regni e quindi, finalmente, nei titoli di coda, sul terzo movimento della suite  di Čajkovskij , Il Valzer dei Fiori, egregiamente diretto dal maestro Gustavo Dudamel (che in un nostalgico omaggio al Fantasia del 1940, sale sul podio in un sovrapporsi di ombre su un campo lungo e monocromatico).

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