Alpha, spiegazione e significato del film di Julia Ducournau

La regista ha incontrato il pubblico del Cinema Troisi a Roma.

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Con Alpha (qui la nostra recensione), Julia Ducournau torna dietro la macchina da presa dopo il successo di Titane, ma con un’opera profondamente diversa e più intima. Se il film vincitore della Palma d’Oro era intriso di corpi, metallo e trasformazioni scioccanti, Alpha si muove su un terreno più delicato, pur mantenendo lo sguardo radicale della regista francese. Al centro della storia troviamo il rapporto madre-figlia, un tema che Ducournau ha scelto di affrontare solo ora, dopo anni di riflessione e rimandi, proprio per il suo carattere personale e complesso.

Julia Ducournau ha spiegato il film in occasione dell’incontro al Cinema Troisi di Roma, il 17 settembre 2025, data in cui l’opera è stata presentata in anteprima al pubblico italiano.

Madre e figlia: un legame impossibile da recidere

Il cuore del film è l’emancipazione dalla madre. Ducournau sottolinea come, per i cineasti, il film che riguarda la figura materna arrivi spesso in un secondo momento della carriera: affrontare il padre significa liberarsi da uno sguardo esterno, mentre emanciparsi dalla madre implica staccarsi da una fusione primordiale, da quel “sentirsi una cosa sola” che continua a vivere dentro di noi. In questo senso, dice Ducournau, “puoi uccidere il padre, ma non la madre”, perché significherebbe eliminare una parte di sé stessi. L’indipendenza dalla madre diventa quindi un’esperienza paragonabile a una piccola morte, a un tramonto dell’anima.

Vita e morte: il crepuscolo delle relazioni

L’opera si muove proprio su questo terreno fragile, che la regista sceglie di trattare con dolcezza e modestia, piuttosto che “con lo shock”. Alpha esplora il momento della separazione dalla madre come un passaggio esistenziale vicino al concetto di vita e morte: un arto che si stacca, una parte di noi che non possiamo più recuperare. Da qui nasce il tono crepuscolare e contemplativo del film.

La musica come voce interiore dei personaggi

Un ruolo fondamentale è affidato alla colonna sonora. Ducournau ha scelto le canzoni già in fase di scrittura, rendendo il lavoro dei music supervisor “quasi impossibile“: ogni brano è legato indissolubilmente ai personaggi e ai loro stati d’animo. La musica non è semplice accompagnamento, ma linguaggio: le lyrics diventano la voce interiore dei protagonisti, come versi poetici.

Così, Let It Happen dei Tame Impala diventa un anacronismo voluto, non appartenente agli anni ’90 ma essenziale per il personaggio di Alpha, che attraverso la canzone rivive il trauma infantile e impara ad accettarlo. The Mercy Seat di Nick Cave, registrata in una versione spoglia solo piano e voce a Budapest, accompagna invece Amin, intrappolato tra vita e morte, trasformandosi in un’affermazione di esistenza e urgenza vitale. Infine, Roads dei Portishead porta con sé un carico di nostalgia: il verso “How can it feel this wrong?” riflette la crisi interiore dei personaggi e le tensioni emotive del film, evocando le ferite collettive legate agli anni ’80 e ’90, dall’Aids allo smarrimento generazionale. Il brano, pur non incluso nella release ufficiale dello score, ha un ruolo fondamentale nel tessuto emotivo dell’opera.

Golshifteh Farahani e Mélissa Boros in Alpha

Pietrificazione e trauma

Uno degli elementi visivi più potenti del film è la rappresentazione dei corpi che diventano pietra. Ducournau lega questa scelta alla “società pietrificata” dalla paura”: reprimere il trauma significa irrigidirsi, ammalarsi, fino a sgretolarsi in polvere. Il marmo diventa allora doppio simbolo: da un lato malattia e immobilità, dall’altro monumento e santificazione della vita e della morte.

Il pensiero corre alle vittime dell’Aids, del Covid, a tutte le persone che non abbiamo potuto salutare. Con Alpha, Ducournau costruisce un memoriale cinematografico, un monumento intimo ed eterno.

Il film nato dalla paura e dalla memoria

Contrariamente a quanto avvenuto con Titane, Ducournau ha dichiarato che Alpha non nasce da un sogno. L’idea l’accompagnava da anni, ma la scrittura vera e propria ha richiesto circa un anno e mezzo. È stato un processo triste, che riflette l’incertezza del nostro presente. La regista ha attinto alle paure della sua infanzia negli anni ’90, quando cresceva convinta che sarebbe stata la prossima a morire, in un mondo che vedeva spegnersi intorno a lei.

Significato di Alpha

Alpha è un’opera sull’emancipazione più radicale, quella dal legame materno, e allo stesso tempo un racconto sulla memoria collettiva delle crisi e delle perdite che hanno segnato intere generazioni. I corpi pietrificati, le canzoni che danno voce ai personaggi, il tono crepuscolare e intimo: tutto converge a costruire un’opera che parla di vita e morte con delicatezza, senza cercare la potenza dello shock, ma con la dolcezza del ricordo e la potenza del dolore.

Con Alpha, Julia Ducournau conferma la sua volontà di sorprendere, di non essere mai dove il pubblico si aspetta. Un film-memoriale, che coniuga la fragilità del legame più primordiale con l’urgenza di ricordare chi non c’è più.

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