Tre ciotole: il film è tratto da una storia vera?

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Tre ciotole è un film del 2025 diretto da Isabel Coixet e scritto dalla stessa regista insieme a Enrico Audenino, basato sull’omonimo romanzo di Michela Murgia, pubblicato pochi mesi prima della sua scomparsa. Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, il film segna un momento di grande intensità emotiva nel cinema italiano contemporaneo: una riflessione sul corpo, sulla malattia, ma anche sull’amore come forma di resistenza e consapevolezza.

Protagonista della pellicola è Marta, interpretata da Alba Rohrwacher, affiancata da Elio Germano nel ruolo di Antonio. I due vivono a Roma, in una relazione che sembra aver perso equilibrio e curiosità reciproca. L’indolenza di Marta verso gli interessi del compagno porta quest’ultimo a lasciarla, innescando un cambiamento profondo che coinvolge anche il corpo della donna. I disturbi gastrointestinali diventano il segno visibile di un disagio interiore più ampio, destinato a condurla verso una diagnosi inaspettata: un tumore metastatico non operabile.

Tre ciotole non è una storia vera, ma racchiude la verità di Michela Murgia

Pur non raccontando una vicenda realmente accaduta, Tre ciotole è intimamente legato all’esperienza e al pensiero di Michela Murgia. Nel romanzo da cui trae origine, l’autrice sarda affrontava temi che risuonavano con la sua condizione personale negli ultimi anni di vita: la malattia, la famiglia scelta, la libertà di amare e di lasciare andare. Isabel Coixet traduce tutto questo in un linguaggio visivo fatto di silenzi, piccoli gesti e sguardi sospesi, trasformando la storia di Marta in una metafora dell’accettazione.

Il personaggio della specialista gastroenterologa, che accompagna Marta in un percorso di guarigione non solo fisica ma anche emotiva, diventa nel film una figura chiave: simbolo della cura e della solidarietà femminile che Murgia ha spesso celebrato nelle sue opere.

Un finale che parla di vita, non di morte

Nel finale del film, Marta – ormai consapevole della propria condizione – sceglie di affrontare la malattia con dignità e amore, fingendo una partenza per un lungo viaggio. Il collega di filosofia, segretamente innamorato di lei, promette di vigilare sulle questioni lasciate in sospeso. Con un salto temporale, la casa di Marta si riempie di amici e persone care che, seguendo le sue volontà, si portano via un oggetto, un ricordo, un frammento della sua esistenza. È una scena di commiato e gratitudine, che restituisce il senso profondo del titolo: tre ciotole come immagine di equilibrio, di misura e di accoglienza del cambiamento.

La verità emotiva di una storia universale

Tre ciotole non è dunque tratto da una storia vera, ma da un romanzo profondamente autobiografico, in cui Michela Murgia intreccia la propria esperienza alla riflessione universale sulla perdita e sulla rinascita. Isabel Coixet, autrice da sempre attenta ai temi dell’intimità e dell’identità femminile, ne offre un adattamento rispettoso e commosso, che trasforma la finzione in verità emotiva. Nel viaggio di Marta c’è la voce di Murgia, la sua ironia, la sua lucidità e quella forza gentile che continua a parlare al pubblico come un lascito d’amore e libertà.

Redazione
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