Arriva nelle sale il 24 ottobre 2025 Springsteen – Liberami dal nulla (Deliver Me from Nowhere), il biopic scritto e diretto da Scott Cooper che ripercorre uno dei momenti più fragili e rivelatori nella vita di Bruce Springsteen. Il film, interpretato da Jeremy Allen White (The Bear), porta sul grande schermo il periodo che portò alla nascita di Nebraska, l’album più intimo e oscuro del “Boss”, e racconta come la musica divenne per lui una via di guarigione da traumi familiari e crisi personali.
Prodotto da 20th Century Studios, il film si ispira al libro omonimo del giornalista Warren Zanes ma si basa anche sui racconti personali che Springsteen ha condiviso con Cooper, offrendo così un ritratto umano e vulnerabile del leggendario rocker del New Jersey.
L’infanzia difficile e il rapporto complesso con il padre
Tra i momenti più intensi del film c’è il rapporto tra il giovane Bruce e il padre Douglas (interpretato da Stephen Graham), figura autoritaria e instabile che influenzò profondamente la sensibilità del futuro musicista. Nei flashback in bianco e nero, il film mostra gli episodi di violenza domestica che segnarono la famiglia Springsteen. In una delle scene più drammatiche, Bruce interviene per difendere la madre Adele (Gaby Hoffmann) e, in un impeto di rabbia e paura, colpisce il padre con una mazza da baseball.
La scena è ispirata a un fatto realmente accaduto: “Bruce mi disse che non sapeva cosa sarebbe successo dopo, ma doveva farlo per proteggere sua madre”, ha spiegato Cooper. Più avanti nel film, la riconciliazione tra padre e figlio – con Douglas che chiede al figlio di sedersi sulle sue ginocchia dopo un concerto – rappresenta uno dei momenti più toccanti, tratto anch’esso da un episodio vero.
Le relazioni sentimentali e il personaggio di Faye
Accanto al percorso familiare, Springsteen – Liberami dal nulla (la nostra recensione) esplora anche la difficoltà del cantautore nel vivere relazioni affettive. Nella finzione, Bruce si lega a Faye (interpretata da Odessa Young), una giovane madre e cameriera di Asbury Park. Sebbene Faye sia un personaggio inventato, è ispirata a diverse donne realmente presenti nella vita del musicista in quegli anni.
Attraverso di lei, Cooper indaga la solitudine e la distanza emotiva di Springsteen, incapace di mantenere un rapporto stabile mentre era completamente assorbito dal proprio processo creativo. “La verità su di sé non è mai bella”, racconta il regista citando le parole del musicista. “Bruce non riusciva a connettersi con gli altri perché non riusciva a connettersi con se stesso.”
La depressione, la corsa notturna e il ruolo salvifico della musica
Il film non teme di affrontare i momenti più oscuri della vita del rocker. In una sequenza di forte impatto visivo, Springsteen guida a tutta velocità lungo una strada deserta, sul punto di schiantarsi: una scena che, secondo Cooper, nasce da un episodio reale in cui Bruce ammise di aver pensato di togliersi la vita. “Era arrivato al limite – racconta il regista – ma all’ultimo istante ha premuto il freno.”
Decisivo in quella fase fu l’intervento del suo manager Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong), che lo spinse a intraprendere un percorso di terapia. Da quel momento Springsteen cominciò un lento processo di rinascita personale e artistica, che avrebbe segnato tutta la sua produzione successiva.
Un ritratto autentico tra musica, dolore e redenzione
Con una regia sobria e una fotografia dai toni malinconici, Springsteen – Liberami dal nulla si distingue come uno dei biopic musicali più personali degli ultimi anni. Lontano dai cliché del genere, il film di Scott Cooper restituisce la dimensione intima di un artista che ha trasformato il dolore in arte, offrendo un racconto di caduta e redenzione che parla a chiunque abbia conosciuto la fragilità.
Grazie all’interpretazione intensa di Jeremy Allen White e a una colonna sonora che alterna brani originali di Nebraska a nuove orchestrazioni, il film si candida a essere tra i titoli più acclamati della stagione dei premi.

