Non scrivo mai articoli in prima persona, lo trovo un modo troppo autoreferenziale per parlare di cinema. L’unica occasione in cui mi concedo un “io” è la classifica di fine anno, la famigerata Top 10, tanto “complicata” da stilare quanto sempre, per fortuna, discussa, perché non mette mai d’accordo chi legge e perché, e la prima persona lo sottolinea, è assolutamente discrezionale, esclusivamente basata sul gusto personale, che è sempre insindacabile.
Di seguito, potete trovare la mia Top 10 dei film usciti, in sala o su piattaforma, nel 2022, almeno tra quelli che ho visto, che seppure non sono tutti, sono comunque molti. Lo dico in anticipo, non ci sono titoli gettonati, come The Fabelmans oppure Triangle of Sadness, è una classifica estremamente personale, che elenca i film che mi hanno dato da pensare a fine visione, che mi fanno spuntare un sorriso anche nei giorni, nelle settimane o anche nei mesi successivi alla visione. I film che, per qualche motivo, mi hanno parlato di più nel corso di quest’anno. Ecco la mia Top 10 dei migliori film del 2022, godetene e discutetene:
C’mon C’mon di Mike Mills
Visto nel 2021 ma uscito in
sala in Italia nel 2022, il film con
Joaquin Phoenix rasenta la video-arte, eppure ha
un cuore grande e una dolcezza palpabile, come una carezza.
Questa sensazione è accentuata anche dalla fotografia morbida, dalla colonna sonora che punteggia con discrezione ogni momento del film, soprattutto dall’interpretazione di Phoenix che, dopo gli eccessi e i trionfi di Joker, si dedica a una storia piccola a un personaggio che mette in scena per sottrazione, confermandosi uno dei migliori attori viventi.
Il piacere è tutto mio di Sophie Hyde
La classifica è mia e ne
faccio ciò che desidero, inserendoci anche commedie minuscole
perché sì: il film di Hyde è una lettera d’amore a tutte quelle
donne che non si piacciono e non si perdonano (e non si
perdoneranno mai) per come appaiono, a quelle che guardandosi allo
specchio non riescono a essere gentili con se
stesse.
È complicato accettarsi, ancora di più piacersi, avere il coraggio di uscire dalla propria confort zone, e questo piccolo film lo mostra con onestà, con leggerezza e con una profondità davvero rara. Guardarsi l’ombelico, figurativamente e letteralmente, non è mai stato tanto liberatorio. E poi c’è Emma Thompson…
Avatar: la via dell’acqua di James Cameron
A una commedia piccola e
sconosciuta come
Il piacere è tutto mio, segue uno dei titoli più
importanti del decennio. Il ritorno del “re del mondo”,
James Cameron, il ritorno su Pandora, soprattutto
il ritorno a un’esperienza cinematografica che stordisce, affascina
e rapisce.
Avatar: la via dell’acqua non è solo grandiosa tecnica messa al servizio del racconto, è l’elevazione della potenza dell’immagine che crea narrazione, e la glorificazione dell’idea di un singolo, un uomo capace di piegare la tecnica ai suoi bisogni e alle sue visioni, trasformandola e inventandola. Tutto in un film che racconta anche della difficoltà di essere una famiglia nel mondo che cambia: chiamala fantascienza…
Pinocchio di Guillermo Del Toro
Nessuno lo avrebbe mai
detto, dopo tante versioni e ri-narrazioni della storia di
Carlo Collodi, eppure Guillermo Del
Toro è riuscito a trovare uno spiraglio in cui ha
insinuato il suo immaginario trapiantandolo su una creature
preesistente.
Di tutte le cose grandiose che ha fatto la sua personalissima versione di Pinocchio, dal sovvertimento del senso originale della storia, allo spostamento temporale della vicenda durante il fascismo in Italia, fino alla riflessione sul valore della morte e della condivisione della vita con chi amiamo, la potenza e la puntualità con cui ha trasformato uno dei più grandi classici internazionali in una storia personale è senza dubbio l’aspetto più interessante del film, la testimonianza del suo spessore di autore e artigiano della narrazione.
Inoltre, la stop-motion conferisce un fascino a-temporale alla storia, uno sguardo indietro agli albori del cinema e allo stesso tempo un balzo nel futuro di una tecnica che ha tantissimo da esprimere e da regalare al grande schermo.
Flee di Jonas Poher Rasmussen
Forse passato in sordina
nel nostro Paese,
Flee è un documentario d’animazione che non
solo rappresenta un crocevia di generi, ma è anche la prova provata
di quanto lo strumento animazione sia potente e duttile nelle mani
di chi sa usarlo.
Il film racconta di una fuga per la sopravvivenza, del diritto ad avere una casa, una identità, la libertà di poter vivere secondo le proprie necessità. Lo fa con pudore, alternando pochissimi filmati di repertorio a disegni animati che diventano rarefatti, allo scopo di raccontare senza mostrarle alcune delle atrocità che racconta. È la riproposizione di una testimonianza personale che proprio grazie all’animazione diventa storia condivisibile da tutto il mondo.
Elvis di Baz Luhrmann
L’elettricità, gli ormoni
impazziti, la febbrile determinazione a sbrindellare le tavole del
palcoscenico con i propri movimenti troppo troppo sensuali per
l’epoca. Baz Luhrmann si cimenta nell’impresa
impossibile di raccontare la vita di una delle più grandi icone pop
della storia dell’umanità: Elvis Presley.
Eccessivo, barocco, con un montaggio frenetico e strabiliante, Elvis è davvero elettricità cinematica allo stato puro, è un Luhrmann tanto in forma come non lo si vedeva da Moulin Rouge del 2001, è un’interpretazione straordinaria da parte del giovane Austin Butler, con un volto d’angelo e uno spirito indemoniato, lui come il personaggio che interpreta, inarrivabile e impossibile da eguagliare. E che in questo il film paga nella seconda parte, sgonfiandosi un po’ nel ritmo, ma rimanendo un viaggio cinematografico pazzesco.
Ennio di Giuseppe Tornatore
Ennio
Morricone è la storia della musica per il cinema, e
sentirsi raccontare quella storia da lui stesso, che la intreccia
con la sua vicenda privata, poco dopo la sua morte (il film è
uscito all’inizio del 2022, a due anni dalla morte del Maestro che
aveva già registrato la lunga intervista in cui si racconta nel
film) è un’emozione potentissima, che non si riesce a spiegare a
parole, perché la musica aggiunge una dimensione in più, al cinema
e alle emozioni.
Ennio attraversa momenti gloriosi e momenti dolorosi con la grazia che solo la leggerezza e la lucidità di una mente onesta e acuta riescono ad avere. Grandezza che sopravvive alla carne, bellezza che spezza il fiato.
Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson
Che cosa significa avere
più o meno vent’anni, essere innamorati, pieni di vita e di sogni e
avere fiato per correre all’impazzata inseguendo se stessi?
Paul Thomas Anderson lo ha raccontato con una
precisione chirurgica in un film completamente anarchico nella
struttura e nelle svolte narrative, un confort movie in
cui i due protagonisti sono assolutamente insopportabili e che
tuttavia rappresentano almeno una parte di ognuno di noi, in
quell’età dove tutto è esagerato, dove ogni dramma è una tragedia e
ogni gioia è la quintessenza della felicità.
Alana e Gary sono il regista stesso, ma sono anche un po’ tutti noi, che li guardiamo con affetto dalla poltrona del cinema, con distanza ma con invidia, perché per loro è ancora tutto possibile e il loro amore imperfetto e “di corsa” è la concretizzazione delle possibilità della vita.
Bones and All di Luca Guadagnino
Guadagnino non è un
regista che gode troppo della mia simpatia, e sono sicura che
questa affermazione non lo scalfisce affatto, tuttavia gli rendo il
merito di essere riuscito, in questo lungo anno di cinema, a
regalarmi una delle rappresentazioni più vivide e intime di quello
che significa amarsi. Raccontando tutto con una grande finezza che
non viene meno neanche nelle scene più crude, che pure abbondano in
tutto il film.
Ora, la battuta ovvia e scontata, ma anche efficace, vorrebbe che dicessi “amarsi fino all’osso”, che è un’espressione letterale nel film e figurata nella vita reale che esprime benissimo quello che il film davvero racconta. Accettarsi e capirsi, accogliersi a vicenda, nonostante tutto, ritrovarsi nell’altro e vedersi riconosciuti per quello che si è. Amarsi nonostante tutto. Non c’è stato quest’anno, né negli ultimi anni, un film che sia riuscito così tanto a raccontare questo.
Red Rocket di Sean Baker
Arrivato in sala a marzo
2022, Red
Rocket è un titolo molto poco conosciuto che merita la
testa della mia (personalissima) classifica perché ha un cuore
enorme e forse perché ci fa sentire migliori del suo protagonista,
interpretato splendidamente da Simon Rex, e anche
soprattutto perché guarda con estrema dolcezza a quegli individui
abbietti e sgradevoli che occupano i margini della società.
La totale assenza di giudizio, la comprensione, la dolcezza con cui Sean Baker racconta questa derelitta umanità è un gigantesco atto d’amore, non solo verso gli ultimi, ma verso la bellezza del lavoro di canta-storie che alcuni filmmaker prendono più sul serio di altri. Mikey, protagonista di questa storia, è un cialtrone, non fa niente per nasconderlo, eppure l’occhio della macchina da presa lo accarezza, senza risparmiargli nessuna delle sue bassezze eppure senza mai giudicarlo. E questa assenza di giudizio sembra essere il punto di vista più nobile con cui guardare al mondo, oggi.