E’ morta ieri a Roma l’attrice
Maria Mercader, seconda moglie di Vittorio De Sica, madre di
Christian e Manuel. Nata a Barcellona il 6 marzo 1917, aveva
conosciuto Vittorio sul set di Un garibaldino al convento
del 1942, allontanandosi poi pian piano dal grande schermo.
L’ultimo sua apparizione al cinema
risale al 1992, quando Carlo Verdone la volle nel suo film Al
lupo al lupo. Aveva 92 anni, bella, bionda, visino dolce,
aveva conquistato il grande regista Premio Oscar di Ladri di
Biciclette e Sciuscià, che all’epoca era già sposato.
La coppia riuscì a coronare il sogno di salire all’altare solo 17
anni dopo, con un matrimonio in Messico nel 1959, che però non
venne riconosciuto in Italia. Replicarono quindi nel ‘69 a
Parigi.
Il progetto ambizioso di
trasposizione televisiva-cinematograica della serie di racconti di
Stephen King, La Torre Nera, va avanti, e si cerca ancora un
protagonista.
Dopo il nome di Viggo Mortensen
pare che ora il candidato più probabile a ricoprire il ruolo di
Roland Deschain sia lo stesso Javier Bardem che sta attraversando
un grande momento professionale (arrivata la terza nominations agli
Oscar) e personale (l’attrice Penelope Cruz l’ha appena resa papà
per la prima volta). Per la parte di Roland in passato erano stati
fatti i nomi anche di Daniel Craig, Jon Hamm e Hugh Jackman. Il
primo film della serie è stato adattato da Akiva Goldsman, storico
collaboratore di Howard, che si accuperà della regia e
dovrebbe arrivare al cinema il 17 maggio del 2013.
Doveva essere il thriller Toyes il nuovo film di Brian De Palma
ma a quanto pare invece c’è stato un cambio di rotta. Infatti
arriva la notizie che il regista ha preso l’impegno di
girare un remake del francese Crime d’Amour, intitolato
Passion.
Ultimo film di Alain Corneau visto
lo scorso anno al Festival internazionale del Film di Roma, Crime
d’Amour con Kristin Scott Thomas e Ludivine Sagnier, vedeva due
dirigenti aziendali in accesa competizione tra di loro, finché una
di loro commetteva un omicidio. Decisamente una scelta quanto meno
bizzarra, visto che il film originale è molto brutto, nonostante
buoni propositi. Che De Palma voglia puntare su quelli è dare più
lustro ad una storia come quella?
L’azione si sposterò dalla Francia
all’Inghilterra, e questa è la dichiarazione ufficiale di Brian De
Palma in merito al progetto: “E’ dall’epoca di Vestito per
uccidere che non ho la possibilità di combinare erotismo, suspense,
mystery e omicidio in un’esperienza cinematograficamente
ipnotica”. Le riprese, con finanziamenti europei, inizieranno
il prossimo agosto in teatri di posa tedeschi, prima di spostarsi a
Londra per gli esterni.
Vento di primavera: nel 1942 la Germania nazista riesce ad
occupare la Francia estendendo così il suo regime di terrore. Dopo
aver obbligato gli ebrei ad indossare la Stella di David per essere
riconosciuti, dopo averli espulsi dalle scuole e ad aver negato
loro ogni possibilità lavorativa…
Hitler chiede al governo francese
di consegnare alle SS 20.000 dei 25.000 ebrei residenti a Parigi.
Questi devono essere trasportati inizialmente nei campi di raccolta
in Francia e poi, una volta terminati i lavori di costruzione dei
forni crematori, portati a morire nei lager. Il maresciallo Pétain
aderisce alle richieste senza obiettare nulla. Tra tutte le
famiglie ebree destinate a morire c’è quella del piccolo Joseph che
vive a Montmartre. Anche loro finiscono nel velodromo Vel d’Hiv
dove ha inizio il loro calvario!
Roselyne Bosch ci racconta la
tragedia vissuta dai 13.000 ebrei che nella notte tra il 15 e il 16
luglio 1942 sono stati condotti alla morte da un regime, ma
soprattutto da uomo, senza scrupoli e insensato. Tutto è raccontato
attraverso il punto di vista di un bambino di dieci anni che vede
la sua vita sconvolta senza motivo. Immagini forti con soldati
sprezzanti e violenti, scene drammatiche che mostrano i
maltrattamenti subiti dagli ebrei non solo uomini e donne ma anche
bambini innocenti. (Al cinema dal 27/01/2011).
Yattaman – Il
film: Ganchan e la sua ragazza Janet sono abili
costruttori e riparatori di apparati elettrici…in realtà però sono
dei veri e propri super eroi che, quando vestono i panni di
Yattaman 1 e Yattaman 2, cercano di salvare il mondo ogni volta che
questo è in pericolo. Un giorno ricevono la visita di Shoko che
cerca il loro aiuto per ritrovare suo padre, il dottor Kaieda,
scomparso durante le ricerche di un frammento della Pietra
Dokrostone. Questa Pietra ha la capacità di conferire poteri
eccezionali a chi la possiede e se finisse nelle mani sbagliate il
mondo intero sarebbe in pericolo. Gli Yattaman iniziano così le
ricerche ma vengono ostacolati dai loro acerrimi nemici, il trio
Drombo con la bella e affascinante Miss Dronio come capo e i suoi
due scagnozzi, Boyaki e Tonzura.
Takashi Miike trasporta sul
grande schermo il famosissimo e amatissimo cartone animato
nipponico Yattaman. Ambientazioni molto simili a quelle del cartone
animato, caratteri e personaggi del tutto identici all’originale e
anche molti personaggi secondari che forse alcuni non ricordano.
Insomma un film per tutti, per i più piccoli e per tutti coloro che
con questo anime ci sono cresciuti.
The Green Hornet: Britt Reid ha
sempre vissuto nel lusso e senza uno scopo preciso di cosa fare
della sua vita, quando però muore suo padre James, uno dei più
grandi magnati dell’editoria, Britt eredita tutto il patrimonio di
famiglia ed è costretto ad assumersi delle responsabilità.
Ovviamente non né ha molta voglia e così, un po’ per noia e un po’
per provare nuove emozioni, decide di allearsi con Kato, un
impiegato del padre che ha molta inventiva ed è eccezionale nelle
arti marziali….Britt diventa così The Green Hornet, il Calabrone
Verde, un super eroe che cerca di far rispettare la
legge…infrangendola! Con l’aiuto di Kato, di una macchina
indistruttibile la The Black Beauty e della sua segretaria Lenore,
Britt da la caccia a tutti i criminali di Los Angeles…finché non si
trova a dover affrontare il boss di tutti i criminali ossia
Benjamin Chudnofsky che tempo prima aveva dato vita ad un complotto
a cui prese parte anche il padre di Britt.
Ideato da George W. Trendle e
Fran Striker per un serial radiofonico statunitense nel 1936,
The Green Hornet divenne un serial cinematografico e poi una serie
televisiva. Ora con il regista Michel Gondry diviene un film in 3D.
La trama è per grandi linee molto simile a quelle delle serie ma
qui vediamo un eroe presentato in chiave ironica che non ha una
vera propensione per la giustizia ma diventa eroe solo per fuggire
dalla noia. Bravissimo Seth Rogen nel ruolo principale con la sua
comicità ed anche Jay Chou nei panni dell’intelligente e atletico
Kato.
Parto col folle: Peter Highman è
un architetto sposato con Christine che sta per partorire il loro
primogenito. Per stare accanto alla moglie durante il parto, Peter
tenta di prendere il primo aereo che da Atlanta lo porta a Los
Angeles…ma le cose non vanno come lui sperava! Sull’aereo incontra
Ethan Tremblay, un aspirante attore che viaggia col suo cagnolino
Sonny e le ceneri di suo padre. Per un malinteso Peter ed Ethan
vengono cacciati dall’aereo e costretti a prendere altri mezzi per
viaggiare. Peter non sa come fare, vuole assolutamente tornare
dalla moglie ma i suoi bagagli con i documenti sono ormai in volo.
E’ costretto così a viaggiare in macchina con Ethan….un viaggio che
non porterà altro che guai!!
Todd Phillips dirige questo film
on the road con la strana coppia Robert Downey Jr. e Zach
Galifianakis. Un film divertente dove tra un disastro e l’altro c’è
anche spazio per del sentimentalismo.
Il discorso del re: Bertie è il
secondogenito di re Giorgio V, sin dall’infanzia soffre di una
grave balbuzie che lo mette in imbarazzo nei vari ricevimenti a cui
è costretto a partecipare. Quando re Giorgio V muore e suo fratello
re Eduardo VII abdica essendo incapace di governare un paese,
Bertie è costretto suo malgrado a diventare re prendendo il nome di
Giorgio VI. Bertie però deve risolvere il suo problema così la
moglie, Lady Lyon, decide di assumere il logopedista Lionel
Louge. Dapprima Bertie è molto scettico a causa dei modi un po’
strani e poco convenzionali del medico, poi però tra i due nasce
una buona amicizia che porterà Bertie a risolvere il suo problema e
a pronunciare il grande discorso che porterà la sua Patria a
combattere contro la Germania nazista.
Tom Hooper dirige efficacemente
questo film che non solo narra la vicenda personale di un re ma
ricostruisce anche gli anni difficili che portarono alla Seconda
Guerra Mondiale. In contrasto ci sono due personaggi: Hitler che ha
usato la radio in maniera esemplare per diffondere la sua
propaganda e Bertie che invece temeva la radio a causa della sua
balbuzie, da un parte un uomo pieno di se dall’altra un uomo con
complessi di inferiorità ma che nonostante tutto è riuscito a
vincere le sue paure e a risolvere il suo problema. Ottima
l’interpretazione di Colin Firth nei panni di Bertie e la
ricostruzione storica fatta dal regista.
Febbre da fieno: Matteo vive a
Roma, lavora in un negozio di modernariato, il Twinkled, ed è
ancora innamorato della sua ex ragazza Giovanna che lo ha lasciato
da ormai un anno per una donna. Il negozio sta attraversando una
crisi a causa della cattiva gestione del proprietario ma quando
arriva Camilla le cose inizino ad andare meglio. Camilla sin da
subito cerca di far colpo su Matteo ma lui è talmente preso da
Giovanna da non vedere ciò che ha davanti a sé. Nonostante tutto
Camilla non demorde e fa di tutto pur di conquistarlo…
Laura Luchetti dirige Andrea
Bosca, Diane Fleri e Giulia Michelini in questa commedia romantica
che fa riflettere su un destino imprevedibile e sulla possibilità
di dare una seconda chance a chi ci sta accanto.
127 ore è un film
decisamente anomalo e non consueto nel panorama cinematografico.
Altrettanto complesso per certi versi se si considera che ruota
attorno alla vera storia di Aron
Ralston, l’alpinista americano divenuto tristemente
famoso per essere rimasto imprigionato da una frana nel corso di
una scalata nello Utah, dove è rimasto isolato dal mondo per
diversi giorni.
Nonostante un inizio che fa temere
il peggio considerando un certo voyerismo da stile videoclip o spot
pubblicitario con tanto movimento e poca sostanza, il film cambia
decisamente registro non appena il personaggio entra nel vivo della
natura dello Utah, diventa molto di più che semplice virtuosismo.
La coppia Danny Boyle e
James Franco si impegna molto in questa pellicola e i
risultati sono dalla loro parte. Non bisogna certo gridare al
capolavoro, né tanto meno esasperare con eufemismi esagerati la
performance di Franco, però è anche grazie ad essa che il film
riesce a condurre lo spettatore con una buona tensione: fresca e
originale che a tratti emoziona e trascina, tanto da far confondere
la percezione reale con l’illusione e i viaggi allucinatori che il
protagonista compie. Attraverso questo delirio si riesce ad entrare
affondo nella mente del protagonista e a capirne meglio le paure,
le ossessioni, i sogni, i rammarichi di una vita vissuta sempre a
limite e all’estremo. Inoltre, l’illusione diventa anche
premonitrice, tanto da segnarlo in modo indelebile.
127 Ore è un film piuttosto godibile
che permette il lusso di approfondimenti su vari livelli.
Le pecche in una pellicola come
questa forse sono un limitato incipit, frutto di un caos registico
che non è proprio dei migliori e un eccessivo e pretenzioso
egocentrismo nei confronti del protagonista. Uno stile decisamente
troppo patinato: da spot Gatorade. Un maggiore approfondimento di
personaggi secondari lo avrebbe reso certamente più interessante ma
forse avrebbe perso i connotati di anomalia. Tuttavia è da premiare
il coraggio che Danny Boyle mette 127
Ore, cercando di osare in tutte le maniere possibili,
talvolta riuscendo a costruire sequenze molto belle come ad esempio
l’aumentare irrefrenabile del battito cardiaco connesso ad uno
spropositato aumento di pressione ed ad un efficace gesto
risolutore; e talvolta un po’ meno: come l’inspiegabile carrellata
di prodotti liquidi in commercio frutto delle allucinazioni
traumatiche.
In definitiva 127
Ore è un film piuttosto godibile che permette il
lusso di approfondimenti su vari livelli che certamente lasciano
ampio spazio a riflessioni esistenziali e che di certo farà piacere
a molti spettatori. Che finalmente Boyle si sia
lasciato dietro quella parentesi milionaria e sia tornato ad un
registro decisamente più consono alle sue caratteristiche … alla
28 giorni dopo per intenderci … ?
La recensione del
film Vento di primavera, ultimo film
della regista francese Rose Bosche con Jean Reno e
Mélanie Laurent. In Vento di
Primavera ambientato a Parigi nell’estate del 1942, il
governo collaborazionista di Vichy sostiene concretamente la
Germania nella progressiva e inarrestabile discriminazione contro
gli ebrei di nazionalità francese. Seguiamo le vicende (realmente
accadute e rigorosamente documentate) di una famiglia ebraica del
quartiere di Montmartre, con gli occhi dei bambini… “Diventeremo
grandi?”
Questa agghiacciante domanda è
pronunciata con spontaneità e ovvio timore da uno dei piccoli
protagonisti di Vento di primavera (La
Rafle), ultimo film della regista francese Rose Bosch,
atto a mostrare uno degli episodi meno noti della Seconda Guerra
Mondiale: lo sterminio di 13.000 ebrei francesi, donne, uomini,
anziani e bambini, con la collaborazione fra Hitler e il generale
Pétain, avvenuto tra luglio e agosto del 1942.
Tutto ha inizio quando gli ebrei
francesi sono obbligati a portare la stella gialla, finché vengono
progressivamente allontanati dai luoghi pubblici e privati del loro
impiego. Ma il peggio dovrà ancora arrivare: la notte fra il 15 e
il 16 luglio 1942 i militari francesi catturano 13.000 ebrei con
una retata che non risparmia neppure i bambini. Questi, insieme
alle loro famiglie, vengono condotti nel Vélodrome d’Hiver di
Parigi, mentre le persone nubili sono smistate nel campo di Drancy,
per poi essere deportate ad Auschwitz. In realtà anche le famiglie
con bambini dovranno affrontare la stessa sorte, e i piccoli
verranno privati dei loro genitori, in una deportazione “verso
l’est” che non ha ritorno.
Vento di Primavera , il film
L’ottima regia opta per
la rappresentazione di eventi narrati in parallelo: seguiamo
innanzitutto la vicenda degli ebrei francesi, con gli occhi
dell’undicenne Joseph Weismann e dei suoi amici, ma anche delle
autorità francesi e di Hitler, mai come in questo film emblema
della banalità del male. E’ agghiacciante vedere il dittatore
atteggiarsi in tutti i suoi sbraiti militareschi e razziali
alternati a istantanee di vita privata: un uomo vegetariano e che
gioca con i bambini, ma che non ha rispetto per l’essere umano e
non esita a sterminare i piccoli appartenenti a un’altra “razza”,
optando per lo sterminio mediante i forni crematori giacché,
ridotte in cenere, non è possibile conoscere il numero delle
vittime, né identificare uomini, donne e bambini.
Qualche anno fa Il
bambino con il pigiama a righe aveva mostrato gli
orrori del secondo conflitto mondiale con gli occhi innocenti di un
bambino, e Vento di primavera propone lo
stesso espediente adottando il punto di vista di persone realmente
esistite. Joseph è oggi uno dei pochi sopravvissuti alla strage
degli ebrei francesi, tragico episodio che, grazie al film di Rose
Bosch, vivrà per sempre nella memoria. In passato, altri film
sull’Olocausto hanno immortalato i drammatici eventi con fotogrammi
irripetibili: se in Schindler’s List rimane impressa, più
di ogni altra immagine, la bimba dal cappottino rosso,
Vento di primavera offre un’altra
rappresentazione memorabile: la panoramica del Velodromo in cui
sono ammassati migliaia di ebrei, che osserviamo con gli occhi
stupefatti dell’altruista infermiera Annette Monod, interpretata da
Mélanie Laurent. Quest’ultima, molto
apprezzata in Bastardi senza gloria e Il concerto,
rivela al grande pubblico le sue grandi doti di attrice drammatica,
ma di certo la sua prova più commovente rimane il ruolo che qualche
anno fa le ha regalato un César, in Je vais bien, ne t’en fais
pas. Fra gli altri interpreti, emerge un inedito
Jean Reno, che veste i panni di un magnanimo e
coraggioso infermiere, e Gad Elmaleh e Raphaëlle Agogué, i genitori
del piccolo Joseph.
Tra Chopin e Wagner, Edith Piaf e
Debussy, la struggente colonna sonora anima un film commovente e
appassionante, in cui l’unica nota di demerito va al titolo
italiano: Vento di Primavera è in
realtà “la retata”, e non c’è alcun riferimento né alla primavera
né tantomeno a un vento di primavera. Non lasciatevi fuorviare,
dunque. Di certo è d’obbligo invitarvi a scoprire un film storico
che, oltre a ricordare in occasione della Giornata della Memoria,
mira anche a sollecitare una riflessione sull’essere umano: il male
e il potere hanno un volto mediocre, come suggerito dalla regista,
e proprio questo li rende più mostruosi.
E’ ufficialmente confermata la
notizia, che già circolava da un po’ di tempo, che Naomi
Watts sostituirà la collega Charlize Theron in J.Edgar ,
il prossimo film dell’instancabile Clint Eastwood.
La bella attrice britannica
interpreterà il ruolo di Helen Gandy, l’assistente personale di
Hoover che dopo la sua morte nel 1972 distrusse tutti i file
personali, i quali contenevano segreti sui più importanti
personaggi della scena politica americana. Nel cast del film, oltre
a Naomi sono già confermati Leonardo DiCaprio nel ruolo del
protagonista, Josh Lucas, Judi Dench, Armie Hammer e Ed
Westwick.
Emma Watson ormai definitivamente
libera dalla saga di Harry Potter sarà insieme all’attore di Percy
Jackson Logan Lerman protagonista di The Perks of Being a
Wallflower, tratto da un romanzo di Stephen
Chbosky, il quale intende occuparsi personalmente anche
della sceneggiatura e della regia.
La storia ruota attorno ad un
ragazzo chiamato Charlie, che all’ultimo anno di scuola affronta
tutti i problemi tipici dell’adolescenta, in quello che è un
controverso racconto di formazione. La Watson interpreterà invece
un’amica di Charlie.
A produrre il progetto per vie
indipendeti c’è niente meno che l’attore John Malkovich. Tuttavia
la produzione è ora in un periodo di stallo. La Situazione
potrebbe sbloccarsi molto presto grazie all’intervento della
Summit Entertainment, entrata ora in trattative per produrre la
pellicola.
Le riprese di Spider-Man continuano e questa volta le immagini
che provengono dal set mostrano stunt alle prese con il volo:
l’Uomo Ragno, infatti, è stato fatto “volare” in mezzo al traffico
di New york City, girate però a Los Angeles.
James Cameron Intervistato ha
conferma di aver iniziato a scrivere i sequel di Avatar, con
l’intenzione di girarli e post-produrli contemporaneamente. Buona
parte del cast tornerà..Sono immerso nel processo di
scrivere i prossimi due film di Avatar. Abbiamo intenzione di
girarli assieme, e post-produrli assieme, e poi li faremo uscire
con un anno di distanza l’uno dall’altro. Al momento puntiamo a
natale 2014 e 2015.
Buona parte del cast del primo film tornerà nei sequel, spiega
Cameron: In pratica, chi è sopravvissuto nel primo film tornerà
nel secondo, almeno in qualche forma.
Una cosa è certa: una
percentuale degli eventuali enormi incassi dei sequel andrà in
beneficenza. La Fox ha preso accordi con me per donare una parte
dei profitti alle cause ambientali che sono al cuore del mondo di
Avatar. Non voglio fare altri sequel di Avatar senza un piano più
grande.
Come da annuncio ufficiale
Avatar
2 uscirà a dicembre 2014, Avatar
3 a dicembre 2015. Dovrebbero quindi ritornare i
sopravvissuti Sam Worthington, Giovanni Ribisi, Zoe Saldana.
Sigouney Weaver invece, essendo scomparsa nel primo film dovrebbe
non tornare.
James Cameron Intervistato ha
conferma di aver iniziato a scrivere i sequel di Avatar, con
l’intenzione di girarli e post-produrli contemporaneamente. Buona
parte del cast tornerà..
Sono immerso nel processo di
scrivere i prossimi due film di Avatar. Abbiamo intenzione di
girarli assieme, e post-produrli assieme, e poi li faremo uscire
con un anno di distanza l’uno dall’altro. Al momento puntiamo a
natale 2014 e 2015.
Buona parte del cast del primo film tornerà nei sequel, spiega
Cameron:
In pratica, chi è sopravvissuto nel primo film tornerà nel
secondo, almeno in qualche forma.
Una cosa è certa: una
percentuale degli eventuali enormi incassi dei sequel andrà in
beneficenza. La Fox ha preso accordi con me per donare una parte
dei profitti alle cause ambientali che sono al cuore del mondo di
Avatar. Non voglio fare altri sequel di Avatar senza un piano più
grande.
Come da annuncio ufficiale
Avatar
2 uscirà a dicembre 2014, Avatar
3 a dicembre 2015. Dovrebbero quindi ritornare i
sopravvissuti Sam Worthington, Giovanni Ribisi, Zoe Saldana.
Sigouney Weaver invece, essendo scomparsa nel primo film dovrebbe
non tornare.
Michele
Placido Nella sua carriera, tra direzione e
recitazione, ha collezionato più di cento film. Ha lavorato con i
più grandi registi italiani: Monicelli, Comencini,
Montaldo, Bellocchio, Lizzani, Citti, Damiani, solo per
citarne alcuni. Ha partecipato a progetti diversissimi, passando
dall’impegno civile, all’affresco sociale, alla commedia con
ammirevole disinvoltura.
Ha esordito in teatro, per poi
frequentare principalmente cinema e televisione, quella che lo ha
portato nelle case di tutti gli italiani, dandogli la maggior
notorietà. I risultati del suo lavoro non sono sempre stati felici,
ma in tutti i suoi progetti ha sempre messo energia e passione,
senza risparmiarsi mai, e ci ha regalato diverse straordinarie
interpretazioni e alcuni ottimi film. Stiamo parlando di
Michele Placido, classe ’46, radici
profonde nel meridione d’Italia – padre lucano di Rionero in
Vulture, discendente del brigante Carmine Crocco, e madre pugliese
di Ascoli Satriano – romano d’adozione.
La famiglia è numerosa (è terzo di
otto figli) e si respira aria dei mestieri più vari: ci sono
giornalisti (il cugino del padre Beniamino), un sacerdote (lo zio
Padre Alessandro), un insegnante (lo zio Cosimo), mentre il
fratello Donato condividerà con lui il mestiere d’attore. Il grande
passo è il trasferimento a Roma, dove diventa poliziotto. Ma la sua
passione è la recitazione e presto lascia la polizia per iscriversi
all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. La prima
esperienza importante è in teatro, diretto da Gabriele Lavia nel
’70 per una trasposizione dell’Orlando Furioso. Di lì a poco,
approda al cinema: è accanto a Monica Vitti e Carlo delle Piane in
Teresa la ladra (’73), è diretto da Eriprando Visconti, nipote di
Luchino, ne Il caso Pisciotta (’73).
L’anno seguente vede l’incontro col
maestro della commedia all’italiana, Mario Monicelli, che lo
sceglie nel ’74 per Romanzo popolare, dove è il poliziotto Giovanni
Pizzullo, coinvolto in un triangolo amoroso con Ornella Muti e Ugo
Tognazzi. Il “Romanzo”, al cui soggetto hanno collaborato Age e
Scarpelli, ritrae abilmente la Milano proletaria dell’epoca,
ironizzando sui suoi stereotipi e introducendo temi attuali
come quello dell’emancipazione femminile. Sempre nel ’74 avviene
l’incontro con Luigi Comencini per Mio Dio, come
sono caduta in basso!, che vede Placido accanto a Laura Antonelli. Altri
importanti nomi del cinema italiano lo notano e lo scelgono. Nel
1976 lascia la commedia per dedicarsi alla versione cinematografica
del romanzo L’Agnese va a morire, diretto da Giuliano
Montaldo, ma si distingue soprattutto per la sua
interpretazione del giovane soldato Paolo Passeri in Marcia
trionfale di Marco
Bellocchio, che gli vale i primi riconoscimenti di
peso: Nastro d’Argento e David di
Donatello come Miglior Attore. Il film, che narra le
vicende del giovane Placido/Passeri alle prese col servizio di leva
e con il severo superiore Franco Nero/Asciutto, è un’aspra critica
al mondo militare e alle sue logiche, ma affronta anche il tema del
ruolo della donna in una società machista, e quello
dell’omosessualità, altra faccia di questa realtà. Michele
Placido tornerà a lavorare con Bellocchio nel 1980 per
Salto nel vuoto e nel 1999 per La
balia.
Michele Placido, attore vulcanico e
regista “ di pancia”
Per quel che riguarda la sfera
privata, l’attore in questi anni è legato a Simonetta
Stefanelli, e proprio nel ’76 nasce la loro primogenita
Violante, che poi seguirà le orme dei genitori,
intraprendendo la strada del cinema. Da questa unione nasceranno
altri due figli: Michelangelo nel ’90 e
Brenno Marco nel ’91, anche lui farà l’attore; mentre un quarto
figlio nascerà da una relazione extraconiugale nell’’88.
Negli anni ’70 le collaborazioni
con nomi importanti fioccano: nel ’77 lo vuole Lizzani per
Kleinhoff Hotel, dramma erotico però poco riuscito, poi
Sergio Citti per un ruolo nella divertente
commedia corale Casotto. Tratta da un racconto di Vincenzo
Cerami, si incentra su un gruppo di villeggianti che a
turno utilizzano la stessa cabina della spiaggia di Ostia. La
carrellata dei personaggi è comica e grottesca; il cast nutrito ed
efficace: si va dalla famiglia in villeggiatura, con Placido nel
ruolo del giovane sempliciotto alle prese con una giovanissima
Jodie Foster, alle due donne (le sorelle
Mariangela e Anna Melato) che per denaro accettano un ambiguo
incontro con il facoltoso Cerquetti (Ugo
Tognazzi), agli amici in cerca di divertimenti
(Gigi Proietti e Franco Citti) e così via, fino a
comporre un mosaico policromo che ben fotografa vizi e virtù del
nostro paese all’epoca.
L’anno dopo passa di nuovo
dalla commedia al dramma. È infatti la volta di Squitieri, che lo
dirige in Corleone. Nel ’79 Placido incontra per la prima volta il
regista Damiano Damiani, sotto la cui direzione
offre un’intensa interpretazione in Un uomo in ginocchio, dove
veste i panni del killer mafioso Antonio Platamone in un complesso
rapporto con la sua vittima designata Giuliano Gemma/Nino Peralta,
commerciante invischiato suo malgrado in una lotta tra clan.
Salvatore Samperi lo sceglie poi per portare sullo
schermo il romanzo incompiuto di Umberto Saba Ernesto, incentrato
sulle prime esperienze amorose omosessuali di un adolescente ebreo
nella Trieste degli anni ’10 e largamente autobiografico. Per la
convincente prova attoriale Placido riceve l’Orso d’Oro al Festival
di Berlino. Desideroso di cambiare atmosfere e
instancabile lavoratore, Placido si dedica alla commedia con
Castellano e Pipolo, partecipando a un episodio del loro Sabato,
domenica e venerdì (’79).
Nell’ ’80 è di nuovo con Lizzani
per portare su grande schermo il romanzo di Silone Fontamara.
Ritrova Marco Bellocchio in Salto nel
vuoto. Qui il regista, dotato di straordinario acume
nell’analisi di universi familiari dominati da rapporti malati, ci
presenta la storia di due fratelli: il giudice Michel
Piccoli/Mauro Ponticelli e sua sorella Anouk Aimée/Marta.
Il protagonista, terrorizzato dall’idea che sua sorella stia
impazzendo (c’era stato un caso in famiglia), decide di portarla al
suicidio. Per far ciò, le presenta un Michele
Placido perfettamente in parte nel ruolo di Giovanni
Sciabola, delinquente già istigatore al “salto nel vuoto” di
un’altra donna. Ponticelli spera che Sciabola porti al suicidio
anche Marta. La manovra però non riesce, e anzi, la sorella ha una
relazione con l’uomo e questa le dà il coraggio di allontanarsi dal
fratello, cui era legata da un perverso rapporto affettivo. A
questo punto sarà Piccoli a suicidarsi. A Cannes Piccoli e Aimée
ricevono la Palma d’Oro per la miglior interpretazione, mentre
Bellocchio è premiato con il David di Donatello
per la sua lucida regia.
In questi anni Michele
Placido, approfittando della fama di cui comincia a godere
all’estero, varca i confini italiani e si fa dirigere da
Walerian Borowczyk in Lulù (1980) e poi
in Ars amandi (1983), e dal francese
Benoît Jacquot in Les ailes de la
colombe (1981). In Italia è scelto da
Francesco Rosi per Tre
fratelli (’81), pellicola che restituisce, attraverso
la storia di Raffaele/Philippe Noiret, Rocco/Vittorio Mezzogiorno e
Nicola/Michele Placido, tornati al paesino d’origine per la morte
della madre, la complessità della nostra storia recente e racconta
la difficoltà di rapporti interrotti. Il film è ben accolto dalla
critica e premiato. Lo stesso avviene l’anno dopo per Sciopèn,
commedia corale, quasi esordio di Luciano Odorisio
(’82), premiata a Venezia col Leone
d’Oro. Nell’’85 l’attore pugliese lavora ancora con
Damiani, interpretando un killer della mafia in Pizza connection.
L’anno prima però, era stato lo stesso Damiani a volerlo per la
televisione, ad interpretare il ruolo opposto a quello del film
sopra descritto, nella prima serie de La Piovra. Placido vestirà i
panni del commissario Cattani fino al 1989. Grazie a questo ruolo
raggiungerà un’enorme popolarità. Basti pensare che la serie,
andata in onda su Rai 1, faceva registrare una media di 10 milioni
di spettatori. Nel frattempo, instancabile, continua a lavorare
anche per il cinema e qui, proprio nell’’89 interpreta un altro
personaggio molto amato dal pubblico. È infatti insegnante nel
carcere minorile Malaspina a Palermo, in Mery per
sempre, diretto da Marco Risi e
ispirato all’opera autobiografica di Aurelio
Grimaldi. Qui Risi trova la sua chiave espressiva,
occupandosi di temi forti, radicati nella contemporaneità, come il
fenomeno della delinquenza minorile nel sud Italia, di cui indaga
moventi, ma che soprattutto fotografa puntualmente, trovando in
Placido l’ideale alter ego di Grimaldi.
Negli anni ’90, che si aprono con
la nascita del suo secondogenito Michelangelo e proseguono con
quella di Brenno Marco, Placido si dedica ancora a un ruolo
d’impegno civile: è Giovanni Falcone nell’omonimo film di
Giuseppe Ferrara (’93). Poi sarà un faccendiere
senza scrupoli accanto a Enrico Lo Verso in
Lamerica di Gianni
Amelio (’94) e a fine decennio lo vorrà di nuovo
Monicelli, che lo lanciò agli inizi, nella commedia
Panni sporchi (’99) accompagnato da un
nutrito cast, che gli fa incontrare nuovamente (dopo
Romanzo Popolare e Casotto) Mariangela Melato, Ornella
Muti, Gigi Proietti. Il ’99 è l’anno dei ritorni: lo
vediamo infatti in un piccolo ruolo, diretto per la terza volta da
Bellocchio, in La balia, protagonisti
Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi,
coppia borghese alle prese con la maternità. Gli anni ’90 vedono
l’attore di Ascoli Satriano affrontare il divorzio da
Simonetta Stefanelli.
Negli anni 2000 si divide ancora
tra ruoli impegnati e leggeri. Si inizia con la commedia Liberate i
pesci di Cristina Comencini, dove
Placido interpreta il boss Michele Verrio,
spassosa macchietta. Accanto a lui Laura Morante, Lunetta
Savino, Emilio Solfrizzi e Francesco Paolantoni. Si
prosegue con l’impegno sociale: nel 2003 è un sindacalista a
rischio di licenziamento ne Il posto dell’anima di Riccardo
Milani, che l’anno prima lo aveva diretto in una misurata
interpretazione nel film per la tv sulla vicenda del sequestro
Soffiantini. Mentre l’anno successivo è la volta di una tormentata
storia d’amore, dai toni crudi, che vede Michele
Placido accanto a Fanny Ardant, diretti da
Mario Martone (L’odore del
sangue). Partecipa poi a Il caimano
di Nanni Moretti (2006) e a La
sconosciuta di
Giuseppe Tornatore, per ritrovare Monicelli in Le rose
del deserto. È di nuovo in un ruolo leggero nel film di
Alessandro D’AlatriCommediasexy (2007), mentre torna al
dramma interpretando il padre del pianista jazz Luca
Flores/Kim
Rossi Stuart in Piano Solo, dove
è diretto ancora da Riccardo Milani. In questi anni, partecipa
anche ad alcune pellicole meno riuscite:
SoloMetro di Marco
Cucurnia (2006), 2061 – Un anno
eccezionale di Carlo Vanzina (2007),
Il sangue dei vinti di Michele
Soavi (2008).
Fin qui abbiamo parlato di
Michele Placido attore, ma un altro capitolo
importante della sua storia cinematografica è il lavoro da regista.
Dopo aver lavorato al fianco dei più grandi registi italiani,
infatti, Michele decide che è arrivato il momento di passare dietro
la macchina da presa, per raccontare la “sua” Italia. Lo fa per la
prima volta nel ’90 con Pummarò, in cui affronta il tema
dell’immigrazione, proprio negli anni in cui i suoi effetti
cominciavano a porre importanti questioni al nostro paese. E sarà
indiscutibilmente un cinema d’impegno il suo. Nel ’95 dirige con
maestria un ottimo Fabrizio Bentivoglio, che
interpreta in modo misurato e intenso al tempo stesso l’avvocato
Giorgio Ambrosoli, in Un eroe borghese. Il film ricostruisce
efficacemente le vicende legate alla morte dell’avvocato, chiamato
a gestire la liquidazione del Banco Ambrosiano, e poi fatto
uccidere perché non intendeva piegarsi al complicato groviglio di
interessi soggiacenti all’affare. Si ricostruisce così una delle
pagine buie della nostra storia recente, facendola conoscere alle
giovani generazioni e ricordandola alle meno giovani. Tre anni dopo
dirige con successo Del perduto amore: ancora alle prese con una
ricostruzione del nostro passato, siamo nel 1958, qui racconta la
storia di un’appassionata insegnante, Liliana/Giovanna Mezzogiorno,
che in un paesino di provincia lucano fa di tutto per assicurare
un’istruzione ai ragazzi meno fortunati. Nutrito cast, in cui
Michele Placido vuole nuovamente Fabrizio
Bentivoglio, oltre a Sergio Rubini, Enrico Lo
Verso e Rocco
Papaleo. Il film ottiene un buon riscontro di pubblico
ed è apprezzato dalla critica.
Per iniziare il nuovo millennio
dietro la macchina da presa, Michele Placido
sceglie invece una storia d’amore intensa e tormentata: quella tra
il poeta Dino Campana e la scrittrice Sibilla Aleramo, interpretati
da Stefano Accorsi e Laura
Morante. Anche qui affresco d’epoca (siamo negli anni
’10), con accenti più sentimentali e due interpretazioni vibranti.
Ovunque sei (2004) rivela limiti e non è
all’altezza dei precedenti e dei seguenti.
Nel 2005 il grande successo, con
Romanzo
criminale. Qui il regista raccoglie l’ennesima
sfida e non rinuncia alla sua passione: raccontare l’Italia in
tutta la sua complessità, anche le pagine più oscure. Prende spunto
dal romanzo omonimo di De Cataldo, che collabora
alla sceneggiatura assieme a Rulli e Petraglia, vuole nel cast i
più talentuosi attori italiani di questi anni – Pierfrancesco
Favino/il Libanese, Kim Rossi Stuart/il Freddo, Claudio
Santamaria/ il Dandi per interpretare i componenti della
banda della Magliana e Stefano Accorsi nel ruolo
dell’ispettore Scialoja che dà loro la caccia. È appunto una storia
romanzata, non una ricostruzione cronachistica. Il film suscita
polemiche da parte di chi teme l’identificazione con questi eroi
negativi. È forse un film scomodo anche perché, come sempre nella
filmografia di Placido regista, al di là delle gesta dei criminali
protagonisti, presenta un paese lacerato e corroso dall’interno da
interessi e poteri occulti, che ne determinano le sorti. Questi
poteri finiscono per fagocitare e strumentalizzare anche la banda,
il che non la assolve certo dagli efferati crimini commessi, ma fa
percepire a chi guarda un altro livello di lettura, più complesso,
e altrettanto importante. Michele Placido
rivendica l’impegno civile e la volontà di destare curiosità su
quel periodo storico, da parte delle giovani generazioni. Tutte
perfettamente in parte le interpretazioni degli attori. Direzione
sapiente e dinamica da parte di Placido, che non fa mai perdere
l’interesse allo spettatore. I premi arrivano copiosi. Sette
Nastri d’Argento, tra cui Miglior Film, Migliori
Attori Favino, Rossi Stuart, Santamaria; dieci
David di Donatello che premiano, tra l’altro,
ancora Favino, la sceneggiatura e la fotografia di
Luca Bigazzi. Il successo di pubblico è tale che
il film viene ottimamente venduto all’estero e in Italia ne viene
tratta una fortunata serie televisiva. L’anno successivo Placido ha
il suo quinto figlio, Gabriele, con la sua nuova compagna, Federica
Vincenti.
Il 2009 vede il regista portare
sullo schermo una storia ispirata alla sua gioventù. Ne
Il grande sogno, infatti, il personaggio
di Riccardo Scamarcio, poliziotto coinvolto nelle
lotte studentesche degli anni ’60, alle prese con i suoi dubbi in
un’Italia che cambia, è alter ego di Placido. Il 2011 invece è
l’anno di Vallanzasca –
Gli angeli del male. Nei panni del protagonista,
Kim Rossi Stuart, scelto per interpretare questo
difficile ruolo. È infatti, come lo ha definito lo stesso regista,
un viaggio attraverso il male, un male che però è necessario
conoscere, che è in Renato
Vallanzasca – criminale, assassino, colpevole con la
sua banda di rapine, sequestri e omicidi nella Milano degli anni
‘70 e ’80 – ma ci fa riflettere su quella parte di male che è in
ognuno di noi, e parallelamente ci mostra come in ogni criminale ci
sia anche un lato umano, perché ognuno è luci e ombre e non esiste
il male assoluto. La regia di Placido è istintiva e viscerale, «di
pancia», come ha dichiarato Filippo
Timi in una recente intervista (nel film è Enzo
“fratellino” di René). Ritmo veloce e incalzante, ampi spazi
d’improvvisazione per gli attori, un ruolo da co-sceneggiatore per
l’ottimo Rossi Stuart, che sfoggia tra l’altro un perfetto accento
milanese.
Il film ha partecipato fuori
concorso alla 67°
Mostra del Cinema di Venezia, accolto freddamente
dalla platea, e preceduto da molte polemiche, oltre che da una
lettera indignata da parte dell’Associazione che raccoglie i
familiari delle vittime. Ancora una volta Michele
Placido ci restituisce qui la sua visione complessa e
problematica della realtà italiana, raccontata con passione
autentica. E l’obiettivo, come sempre dovrebbe darsi nell’arte, è
quello di suscitare riflessioni, dibattiti, domande, in ogni caso
mettere in moto qualcosa, innescare un meccanismo virtuoso di
conoscenza. Anche stavolta il regista pugliese l’ha raggiunto.
Annunciate dal presidente
dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences Tom Sherak le
nomination per gli Oscar che saranno assegnati a Los Angeles il 27
febbraio al Kodak Theatre nell’attesissima cerimonia di consegna
degli Academy Awards.
James Franco è in
trattative per interpretare il regista porno Chuck Traynor in
Lovelace, un film biografico dedicato alla vita della pornostar
degli anni ’70 Linda Boreman (nome d’arte: Linda Lovelace). E’
venuta fuori anche un’offerta alla bella Kate Hudson per interpretare il ruolo della
protagonista. Se il progetto dovesse andare a buon fine e si
raggiungesse una firma, questo film riunirebbe Franco con i registi
di Howl Rob Epstein e Jeffrey Friedman. La Boreman ha recitato in
quello che potrebbe essere definito il film porno più famoso di
sempre: Gola Profonda del 1972.
Nella serie originale della Starz,
Camelot, l’attrice francese Eva Green interpreta
la bella Morgana, figlia di re Uther, che desidera il trono in nome
della sua appartenenza alla casata reale del padre. Contro di lei
c’è Merlino (Joseph Fiennes), che assiste e pianifica le decisioni
di Arthur (Jamie Campbell Bower), che lei scopre essere suo
fratellastro. Nella sua ricerca del potere Morgana si dà alle forze
oscure che minacciano la corte di Camelot dall’interno.
In una recente intervista per
promuovere questa nuova serie TV, Eva Green (nella foto in costume
da Morgana) ha parlato di questo personaggio leggendario e di come
è stato lavorare accanto a Joseph Fiennes e Jamie Campbell
Bower, arrivando a girare in Irlanda, ma anche dei costumi che ha
dovuto indossare per questo ruolo. Ha parlato anche il suo film al
Sundance, Perfect Sense, con Ewan McGregor, e la possibilità di
interpretare Maria Callas sullo schermo.
Ecco qualche passo
dell’intervista:
Hai intenzione di
interpretare la Callas?
Stanno scrivendo la
sceneggiatura. Questo è un ruolo spaventoso, quindi
vedremo.
Hai altri film in
uscita?
Si. Io vado a Sundance con un
film intitolato Perfect Sense, che è di David Mackenzie, con Ewan
McGregor. E ‘una storia d’amore con lo sfondo di una epidemia a
livello mondiale. E’ abbastanza strano e molto bello. L’ho visto
due settimane fa e sono orgogliosa del risultato finale.
E’ stimolante continuare a
cercare ruoli che non ti releghino a semplicd fidanzata, ma che
siano donne forti?
Già. Ho bisogno di sentirmi
orgogliosa del mio lavoro e ho bisogno di essere innamorata di un
personaggio. Mi fa bene per l’anima. Non posso solo lavorare e
lavorare e lavorare. Ho bisogno di essere appassionata. Io lavoro
forse meno di altri attori proprio per questo.
Dopo le prime notizie sul film,
ecco che arrivano le immagini del prossimo adattamente
cinematografica del romanzo di Charlotte Bronte, diretto dalla
regista americana Cary Fukunaga ed inerpretato dall’Alice
burtoniana Mia Wasikowska.
Oltre a Mia il cast annovera anche
Michael Fassbender, Judi Dench, Sally Hawkins e Jamie Bell.
Esordio eccezionale per Cetto La
Qualunque e il suo Qualunquemente, in
grado di strappare il primo posto al campione di incassi
Che bella giornata. Ottimo terzo posto
per Immaturi, in un weekend dominato
dalle commedie italiane.
Questo fine settimana è stato
indubbiamente uno dei più ricchi di commedie (soprattutto nostrane)
da lungo tempo. E ciò era potenzialmente un fattore di rischio,
giacché le pellicole avrebbero potuto essere penalizzate da una
frattura all’interno del pubblico, con la preferenza di una
commedia a svantaggio di un’altra.
E invece…
Siamo di fronte a un weekend
decisamente redditizio per il genere, a partire dalla prima
posizione di Qualunquemente: con ben 5,3
milioni di euro Cetto La Qualunque soffia il primato a Checco
Zalone, rimasto in testa per due settimane. Un risultato
assolutamente eccellente per Antonio Albanese, ma in particolare
per la commedia italiana, risvegliatasi dal filone del
cinepanettone e puntando sulla risata suscitata dalla satira e dal
grottesco generato dai vizi della nostra Italia.
Che bella
giornata scende dunque al secondo posto, registrando
comunque una buona tenuta con altri 4,3 milioni: il film dei record
arriva così alla vertiginosa quota di 38,6 milioni totali.
Malgrado le previsioni,
Immaturi non esce sconfitto da questo
testa a testa. Il film corale di Paolo Genovese debutta infatti in
terza posizione con un ottimo risultato, pari a 3,2 milioni di
euro.
Chiude il cerchio sul genere una commedia di importazione, ovvero
Ti presento i nostri, che scende al
quarto posto con 1,1 milioni e giunge a 4 milioni complessivi.
Insomma, a giudicare da questi
risultati, gli italiani hanno voglia di ridere.
Ecco dunque penalizzata una pellicola italiana di tutt’altro
genere: Vallanzasca – Gli angeli del male
si accontenta infatti del quinto posto, debuttando sotto il milione
(986.000 euro ottenuti): difficile sperare in una buona tenuta,
dunque.
Hereafter
scende così al sesto posto raccogliendo altri 722.000 euro e
arrivando a 6,6 milioni totali. Animals United, pellicola d’animazione
europea, esordisce al settimo posto con 620.000 euro. Segue
La versione di Barney, giunto a 1,6
milioni con altri 485.000 euro.
Con 478.000 euro L’orso
Yoghi scende in nona posizione e arriva a 1,3
milioni. Chiude la top10 Skyline con i
suoi modestissimi 316.000 euro per un totale di 1,4 milioni.
Da segnalare infine l’undicesimo e il dodicesimo posto delle altre
new entry, Segui il tuo cuore (135.000
euro) e La donna che canta (74.000
euro).
Il figlio del regista ha intenzione di far produrre un film del
regista concluso ma rimasto nel “cassetto”. Si tratta del film
“L’altra faccia del vento”
Ecco i nominati per i Razzie Awards
edizione 2011, che premiano il peggio del cinema dello scorso anno
e che come da tradizione precederanno di una notte la ben più nota
e prestigiosa notte degli Oscar.
I Razzie premiano il “peggio” del
cinema mondiale. Quest’anno trionfano trai nominati due film: The
Twilight Saga: Eclipse e The Last Airbender (di M. Night
Shyamalan), entrambi con 9 candidature tra cui quella per il
peggior film. Tra i candidati per peggior film ci sono anche la
commedia con Jennifer Aniston e Gerard Butler Il cacciatore di ex,
e la parodia di Twilight, Vampires Suck. Kristen Stewart è
candidata come peggiore attrice, e i suoi compagni di saga, Robert
Pattinson e Taylor Lautner, lo sono come peggiori attori. Le altre
attrici protagoniste su cui pende la possibilità di un’ingloriosa
vittoria sono Jennifer Aniston, le quattro protagoniste di Sex and
The City, Miley Cyrus (per The Last Song) e Megan Fox (per Jonah
Hex). Candidati come peggiori attori, oltre ai due citati, sono
Jack Black per I viaggi di Gulliver, Gerard Butler per Il
cacciatore di ex e Ashton Kutcher per Killers e Appuntamento con
l’amore. Ma i Razzies non risparmiano proprio nessuno, se pensiamo
che tra le candidate come peggiori attrici non protagoniste ci sono
tre dive premio Oscar come Cher (per Burlesque), Liza Minnelli (per
Sex and the City) e Barbra Streisand (per Vi presento i
nostri).
Finalmente una pellicola, una
commedia non demenziale e priva di effetti speciali, raggiunge la
vetta del box office USA. Questa settimana infatti, a dominare la
classifica degli incassi troviamo No strings
attached, per la regia di Ivan Reitman, il regista di
Ghostbusters e di molte altre commedie, tra cui Terapia e
pallottole, con Natalie Portman e Ashton Kutchner. La trama del
film ribalta un po’ il concetto di amicizia tra uomo e donna, per
cui la coppia di protagonisti decide di avere una relazione
strettamente fisica, senza altre implicazioni. Ovvio che da lì a
poco la situazione si complichi.
The green hornet
di Michel Gondry ha quindi ceduto la testa della classifica e lo
troviamo in seconda posizione, aggiunge altri 18 milioni di dollari
all’incasso della scorsa settimana, raggiungendo quota 63
milioni.
In terza posizione, un’altra
commedia, The dilemma, di un’altra icona del
cinema degli ultimi venti anni, Ron Howard, che dopo i due episodi
delle avventure del professor Langdon, si dedica alle difficoltà
che deve affrontare Vince Vaughn nel dire al suo migliore amico che
sua moglie lo sta tradendo.
Dalla quarta alla settima
posizione, troviamo il blocco dei film premiati agli ultimi Golden
Globes e possibili candidati agli Oscar; nell’ordine: Il
discorso del re, in cui Colin Firth veste i panni di Re
Giorgio VI che deve affrontare e curare la sua balbuzie, poi
True Grit, remake de Il Grinta con John Wayne, in
cui Jeff Bridges è nuovamente diretto, dopo Il grande
Lebowski, dai fratelli Coen; il film raggiunge dopo 4
settimane in sala, quota 139 milioni di dollari di incasso.
Black Swan di
Darren Aronofski è in sesta posizione, lo vedremo in Italia a Marzo
e in cui nuovamente troviamo Natalie Portman in un ruolo più cupo e
complicato di quello ricoperto in No strings attached.
In settima posizione The
fighter, che può vantare ben due attori del suo cast tra i
vincitori dei Golden Globes, Christian Bale, co protagonista
accanto a Mark Whalberg e Melissa Leo. Il film ha fino ad ora un
incasso di 73 milioni lordi di dollari.
Le ultime tre posizioni sono
occupate dai film di Natale: Little Fockers è
infatti in ottava posizione, con però un ragguardevole incasso
lordo di 144 milioni di dollari, seguito da Yogi
Bear che sfiora gli 89 milioni e chiude la classifica
TRON: Legacy, ormai arrivato a ben 163 milioni di
dollari di incasso.
Per la prossima settimana, si
attendono le uscite di The mechanic di Simon West,
con il probabile erede di Van Damme, Stallone eccetera: Jason
Statham. Del regista si sa che diresse uno dei film in cui Nicolas
Cage indossa una canotta per l’intera durata della pellicola e ha i
capelli lunghi e in cui fa un cameo Machete-Danny Trejo:
Con Air.
Intervistato a Londra per la
promozione del suo ultimo film, intitolato Henry’s Crime, Keanu
Reeves ha rivelato alcune sorprendenti notizie che certamente
destabilizzeranno la rete.
Reeves, ha dichiarato che lui ed i Wachowski si
sono incontrati per parlare della possibilità di due nuovi film
della serie di Matrix, di cui sarebbero già pronti i rispettivi
trattamenti. E se questo non bastasse, ecco che i Wachowski, in
precedenza si sarebbero incontrati con James Cameron per ragionare
su un 3D che, nelle loro intenzioni, supererebbe qualsiasi altro
esperimento fatto finora.
Reeves ha aggiunto che, dal suo
punto di vista, il suo obbligo morale è solo quello di accettare
film che non sviliscano l’originale, e che in base a questi primi
colloqui, i Wachowski sembrerebbero tornati con idee “davvero
rivoluzionarie”. La notizia ha senza dubbio dell’incredibile, e non
ci resta che sperare in una dichiarazione dei Wachowski in
persona.
Il pentagramma inciso sulla
facciata della Chiesa sarà tradotto prima in un concerto, e poi
arriverà un vero e proprio documentario
L’enigma della Chiesa del Gesù
Nuovo, in piazza del Gesù, cuore pulsante della Napoli più verace,
sarebbe stato rivelato grazie alla caparbietà e – perché no – alla
fantasia di un affiatato team di studiosi. Un pentagramma scolpito
sulla facciata: una serie di note musicali che, riprodotte,
darebbero vita ad un concerto di 45 minuti. I segni scolpiti,
infatti, sarebbero delle lettere aramaiche, rappresentanti sette
segni, ognuno dei quali corrisponde a una delle note. Una lettura
da sinistra a destra, ma anche in diagonale e verticale: quanto è
bastato per appassionare musicisti e studiosi di arte.
A marzo, un concerto tradurrà in
note la facciata della Chiesa: note, queste, che avrebbero
contraddistinto le cerchie esoteriche di mezza Europa, raccolte
persino da Bach e Mozart.
E anche registi, a quanto pare,
perché il mistero di piazza del Gesù diventerà addirittura un film,
firmato da Sandro Dionisio, che approfondirà l’enigma prima con un
documentario, in grado di portare per mano gli appassionati in un
ragionato excursus tra storia e mistero.
«Non è escluso, anzi è molto
probabile – ha poi rivelato – che da questa storia trarremo un vero
e proprio film. Voglio realizzare un viaggio in una città come
Napoli che conserva ancora la possibilità di creare bellezza».
L’Academy ha reso nota la lista
delle nove pellicole in corsa e la pellicola di Virzì non viene
nemmeno menzionata. Quindi La prima cosa bella di Paolo Virzì non
farà parte della cinquina candidata all’Oscar 2011 come miglior
film straniero. Paolo Virzì ha commentato:
Mi dispiace, anche per i tanti che hanno creduto
in questo film. La competizione del cinma straniero negli ultimi
vent’anni si è arricchita di tantissimi paesi, 65 nuove
cinematografie, che fino a qualche decennio fa non erano
competitive per questo genere di circostanze. Noi ce l’abbiamo
messa tutta, ringraziamo chi ci ha dato quest’onore. Penso che il
cinema italiano in questo momento si meriti un’attenzione
internazionale.
Come già accaduto per Gomorra due
anni fa e Baarìa di Tornatore lo scorso anno, La prima cosa Bella,
che racconta quarant’anni di problemi e segreti di una famiglia
livornese è fuori dalle nomination agli Oscar 2011. La cinquina
finale sarà annunciata il 25 gennaio, quando saranno rese ufficiali
tutte le nomination.
I nove passati sono:
Hors La loi di Rachid Bouchareb
(Algeria)
La donna che canta di Denis Villeneuve (Canada)
In un mondo migliore di Susanne Bier (Danimarca)
Dogtooth di Yorgos Lanthimos (Grecia)
Confessions di Tetsuya Nakashima (Giappone)
Biutiful di Alejandro Gonzalez Inarritu ( Messico)
Tambien la Lluvia di Iciar Bollain (Spagna)
Life Above All di Oliver Schmitz (Sud Africa)
Simple Simon di Andreas Ohman (Svezia)
Nella lista fanno parte film di
grande valore come Biutiful o In un mondo migliore strapremiato al
Festival Internazionle del film di Roma. Che dire dispiace per un
sentimeto patriottico ma purtroppo non ci ho mai creduto. Il film
si portava dietro ancora alcuni strascichi di un certo
provincialismo duro a morire nel nostro cinema, nonostante il filma
sia in tal senso un grande passo in avanti. Non basta far
emozionare, non basta saper girare, servirebbe saper comunicare con
un approccio universale senza limiti di alcun tipo. Forse questo
2011 potrà portarci nuovi autori in grando di sorprenderci? …
Si è concluso ieri il primo
workshop di animazione stop-motion organizzato dal MURNAU
INSTITUTE, scuola di cinema romana di Stefano Bessoni, Leonardo
Cruciano, Officina Studios e Interzone Visions. Si è iniziato
lunedì 17 con una giornata di studio sulla storia di questa tecnica
e con l’analisi di alcuni autori: Stanislaw Starewich, Ray
Harryhausen, Jan Svankmajer, Brothers Quay ed Henry Selick.
Si è parlato dei grandi film in animazione
stop-motion, come Coraline, Fantastic Mr. Fox, The Corpse Bride,
ecc. Poi, martedì, una giornata dedicata alla fabbricazione degli
scheletri, da quelli semplici in filo di ferro intrecciato a quelli
complessi con snodi a sfere e microregolazioni a vite. Nel
pomeriggio, Leonardo Cruciano ha parlato delle varie tipologie di
materiali per la costruzione dei burattini, dalla modellazione allo
stampo e alle repliche in serie, portando poi i partecipanti al
workshop in visita nel suo laboratorio per mostrare praticamente le
caratteristiche di varie tipologie di plastilina, di schiume, di
resine e di lattice. Mercoledì, i partecipanti hanno iniziato la
fabbricazione di alcuni burattini sulla base di loro progetti
personali.
E’ un ottima notizia per il nostro
bel paese che, nonostante sia ingabbiato in un apparente
immobilismo e riluttante a dare spazio a film di genere o
fantastici nella fattispecie, riesce comunque a sperimentare e a
dar spazio a tecniche e tematiche che al momento ci vedono ai
margini delle cinematografie mondiali. Inoltre, la presenza del
Workshop in Brasile dimostra il grande interesse che ruota attorno
alla didattica in tal senso e che arriverà il momento in cui questo
nostro “immobilismo” comincierà a mostrare crepe di cedimento,
nella speranza di riuscire a ritornare per lo meno a fare una
cinematografia diversificata.
La scuola sta organizzando il
secondo workshop, che si terrà indicativamente nella prima metà di
marzo. Chi fosse interessato può scrivere all’indirizzo
e-mail [email protected] per chiedere
informazioni e per effettuare la prenotazione, visto che il
workshop è a numero chiuso.
La terza edizione si terrà invece in Brasile a Porto Alegre,
nell’ambito del FANTASPOA, festival specializzato in cinema
fantastico, dove sarà proiettato il film “Krokodyle” ultima
fatica cinematografica di Stefano Bessoni.
Vi segnaliamo il nostro speciale
dedicato al film indiependente Krokodyle.
La commedia d’animazione Gnomeo &
Juliet racconta la storia tanto amata di William Shakespeare, ma
con gnomi da giardino in competizione tra loro al posto dei
Montecchi e Capuleti.
Gnomeo (doppiato da James McAvoy),
del Giardino Blu, si innamora della delicata Juliet (doppiato da
Emily Blunt), senza sapere che lei viene dal rivale Giardino
Rosso.
James McAvoy ha parlato del suo
lavoro di doppiaggio che è passato attraverso la ricerca del suo
‘gnom interiore’. Ha anche parlato del suo ruolo di Professor X nel
prossimo X-Men: First Class (nei cinema USA il 3 giugno), e
di che cosa significa fare un film così grande in un breve lasso di
tempo, avendo la libertà con la caratterizzazione del
personaggio.
Sir Anthony Hopkins potrebbe presto
interpretare il Maestro del Brivido, Sir Alfred Hitchcock. Il
premio Oscar è attualmente in trattative con la Montecito Pictures
di Ivan Reitman per recitare nell’adattamento cinematografico del
libro di Stephen Rebello Alfred Hitchcock and the Making of
Psycho.
Questa non è la prima volta in cui
Hopkins corteggia il ruolo, come Heat Vision ricorda, poichè
l’attore era attaccato ad una precedente iterazione del progetto,
con la regia di Ryan Murphy al fianco di Helen Mirren.
Pirati dei Caraibi: Oltre i Confini del Mare è diretto da Rob
Marshall e il cast comprende Johnny Depp (Jack
Sparrow), Geoffrey Rush (Barbossa), Ian
McShane (Barbanera), Penelope Cruz (sua
figlia), Sam Claflin, Stephen Graham, Max Irons, Kevin McNally,
Astrid Bergès-Frisbey, Yuki Matsuzaki e Gemma Ward. L’uscita del
film è prevista per il 20 Maggio 2011
Il cinema invisibile approda in tv.
Grazie alla partnership tra Cult (Sky, canale 319) e La Biennale di
Venezia, cinque lungometraggi presentati alle scorse edizioni della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e mai distribuiti in
Italia potranno essere visti da tutti gli appassionati di cinema a
partire dal 4 febbraio ogni venerdì alle 23.00 su Cult.
Cinque titoli, cinque generi diversi, cinque
grandi autori del cinema internazionale saranno introdotti e
commentati dal direttore del Festival Marco Müller e saranno
proposti in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Ad aprire il ciclo è WHITE MATERIAL, il film interpretato da
un’intensa Isabelle Huppert in cui l’occhio attento della regista
francese Claire Denis racconta l’Africa sfruttata dai bianchi. A
seguire con VEGAS: BASED ON A TRUE STORY il regista iraniano Amir
Naderi dipinge l’ossessione dell’american dream in un film
ambientato nel lato dimenticato della città dello sfarzo e del
diletto: Las Vegas. Con SUKIYAKI WESTERN JANGO vedremo un inedito
Quentin Tarantino nelle vesti di uno spietato killer diretto dal
regista Takashi Miike che con questa pellicola rende omaggio alla
grande tradizione italiana degli spaghetti western. In VINYAN, film
del promettente regista belga Fabrice Du Welz, Emmanuelle Béart
interpreta una madre disperata alla ricerca del figlio scomparso
nell’isola di Phuket, durante lo Tsunami del 2004. Il dramma, la
mafia cinese, le storie di amicizie impossibili sono infine
protagoniste in PLASTIC CITY di Yu Lik Way, film che racconta la
saga di un padre e di suo figlio implicati nella malavita e tra le
gangs sino-giapponesi di San Paolo del Brasile.
La collaborazione tra la Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia e
Cult – presentata lo scorso settembre durante la kermesse veneziana
– nasce dalla necessità di offrire visibilità a quei film del
Festival che pur raccogliendo il consenso non solo della critica,
ma anche del pubblico presente al Lido, non trovano successivamente
una distribuzione in Italia. Un impegno congiunto per dare
visibilità ad un patrimonio che appartiene alla storia del cinema e
ai suoi appassionati e che a questi merita di essere reso
accessibile.
“La partnership tra il Settore
Cinema della Biennale e Cult nasce dall’amore per il cinema. E più
precisamente dalla volontà di accogliere e diffondere quella parte
viva di esso che sa essere avanguardia di massa, creando i
presupposti per catturare per queste opere, anche nel nostro paese,
nuovi gruppi di spettatori” sottolinea Marco Müller. “La Mostra è
più forte quando riesce a prolungare la vita di un film oltre le
sedi del festival. E quando può garantire la circolazione di
un’offerta cinematografica basata sulla qualità, la diversità e
l’originalità. Credo che anche Cult, nella sua offerta di cinema,
punti proprio su questa ricchezza e pluralità. Insieme ci siamo
ritrovati convinti che i titoli scelti sapranno incontrare il gusto
di una fetta significativa di pubblico. Confido che questa
operazione sia uno dei segnali che contribuiscono a mettere in moto
un processo virtuoso nel mercato della distribuzione di film.”