Demolition Man è il film cult del 1993 diretto da Marco Brambilla e vede protagonisti Sylvester Stallone, Sandra Bullock, Nigel Howthorne, Denis Leary, Glenn Shadix.
Demolition Man, la Trama: Nel 2032, a seguito di sconvolgimenti civili e guerre di strada, Los Angeles ha inglobato le città di Santa Barbara e San Diego, trasformandosi in San Angeles. La città è governata dal Dr. Raymond Cocteau (Nigel Howthorne) che ha trasformato la società in una massa ubbidiente e poco incline agli istinti primordiali, attraverso un politica e un’organizzazione mirata a reprimere la libertà individuale e di pensiero. Gli unici a ribellarsi a questo potere despotico sono “i relitti”, ribelli residenti nelle fogne e guidati da Edgar Friendly (Denis Leary).
Per mettere a tacere il nemico, Cocteau decide di far evadere dal carcere criopenitenziario Simon Phoenix (Wesley Snipes), un criminale ibernato nel 1996 per un “congelamento correttivo”. Le forze dell’ordine, che da anni non combattono la criminalità, sono completamente sopraffatte dalla violenza e la pazzia di Phoenix. L’agente Lenina Huxley (Sandra Bullock), quindi, propone di scongelare “Demolition Man” ovvero John Spartan (Sylvester Stallone), il poliziotto che arrestò Phoenix anni prima e che fu ibernato per i suoi metodi poco ortodossi.
Demolition Man, l’analisi
Il futuro della società nelle mani di un despota, governo o uomo che sia, schiacciato sotto un macigno di burocrazia e costernato da una falsa libertà, è uno degli argomenti chiave che ha arricchito le pagine di una miriade di romanzi e, da questi, sono sorte brillanti pellicole cinematografiche. Demolition Man non fa parte di queste pellicole per due ragioni. La prima è che, ufficialmente, un filo diretto con un 1984 o Il mondo nuovo, tanto per citare due libri, non esiste; anche se alcuni aspetti sull’ambientazione e sulla collettività sembrano riferirsi implicitamente al romanzo di Huxley. La seconda ragione è che il film non è affatto una pellicola brillante.
Brambilla confeziona un film che solo apparentemente ci riporta a qualche tipo di considerazione morale, incentrandosi prevalentemente sulla faccia rocciosa di Stallone e sulla sua pistola dal grilletto facile. Ci troviamo dinnanzi al solito film d’azione americano, inserito in un futuro scopiazzato male qua e là dalla letteratura, e con protagonisti, tanto per non esagerare con le novità in un genere dall’incasso scontato, due “super uomini” dei nostri tempi.
Dopo il botto iniziale con l’edificio in fiamme e il salto dall’elicottero senza paracadute, si profila una buona mezz’ora di stasi, nella quale il film sembra confluire in una commedia strappa sorrisi con battute e situazioni comiche. Azzeccata, dunque, la presenza della Bullock, anche se sottotono o forse ancora lontana dalla sua maturità artistica; così come non convincente ci appare l’interpretazione di Wesley Snipes che, di contro, s’impone con una fisicità e agilità prorompente da far arrossire il povero Sly per più di una volta.
Più interessante sembra invece la scenografia, lontana dall’arrivo della CGI. Se nel cinema, infatti, sembra prassi consolidata la costruzione di fredde mura e città inquinate, Demolition Man apre uno spiraglio alla salvaguardia dell’ambiente, incentrando molte scene proprio sul verde che, paradossalmente, è uno dei simboli del potere dispotico combattuto, scenograficamente parlando, dai tunnel scuri e lerci che si trovano sotto le strade. Demolition Man è un film da vedere solo per un genere di spettatori: quelli che amano Stallone. Astenersi, invece, chi cerca riflessioni futuristiche, morali o politiche.