Era l’ottobre 2019 quando il mondo faceva la sua conoscenza con Modern Love, la serie originale Amazon Prime Video basata sull’omonimo podcast e a sua volta basato sulla rubrica del New York Times che va avanti da oltre 15 anni, e che racconta storie d’amore e di vita, ognuna con un cuore e una unicità, come le persone stesse che la raccontano.
Modern Love – stagione 2, stesso format ma visione ampliata
Numerose sono le differenze di questa seconda stagione rispetto alla prima. Pur mantenendo lo stesso format, otto episodi da 30 minuti circa autoconclusivi, la seconda stagione di Modern Love sembra aver imparato dagli errori della prima, de-borghesizzandosi e abbracciando uno spettro sociale più ampio, ma andando a raccontare anche storie che non sono confinate nel perimetro, seppure variopinto e versatile, di New York. Ancora una volta, le storie d’amore raccontate non rispondono a parametri rigidi a fasce d’età, di orientamento sessuale o di colore. Il cast multietnico fa a meno delle star di prim’ordine che aveva sfoggiato nella prima stagione e si concentra su volti meno noti, con poche eccezioni, volti intensi, limpidi, che raccontano storie che si possono condividere con facilità, perché raccontate con immediatezza e vivacità, siano esse dolorose, come quella con protagonista Minnie Driver, o con un finale aperto, come l’ultimo episodio che ha come protagonista Kit Harington e che si concede lo sfizio di lasciar fare ai suoi protagonisti delle battute su Game of Thrones, o ancora giovanili.
Modern Love – stagione 2
fa uno sforzo in più rispetto al primo ciclo, concedendosi delle
invenzioni narrative ardite, che impreziosiscono il più banale dei
racconti: ad esempio, quanto è diverso il ricordo di una serata
trascorsa insieme da due punti di vista differenti? Oppure, come
cambia la percezione di sé e dell’altro nel corso del tempo? O
ancora come affronta un’imprevisto di coppia un uomo abituato a
pianificare ogni singolo momento della sua vita?
Il tocco delicato di John Carney
Il tocco fresco e delicato che John Carney aveva proposto al cinema, con Begin Again e Sing Street, si replica in questa idea semplicissima eppure che offre tanti e tanti modo per raccontare l’amore, perché in fondo è una cosa che accomuna tutti gli esseri umani, che si incontra e si scontra di continuo con la quotidianità, con l’imprevisto, con quello che accade mentre siamo presi da altro.
Trai
migliori protagonisti della seconda stagione di Modern
Love, oltre ai citati Driver e Harington, citiamo il
redivivo
Garrett Hedlund, che in concerto con
Anna Paquin si esibisce in uno degli episodi
più sofferenti e tormentati, con le idee visive migliori, la
carismatica Dominique Fishback, che con orgoglio e
dignità dà vita alla regina di tutte le friend-zone, Zhoe
Chao e la rappresentazione della sua insolita e complicata
malattia.
L’amore in tutte le sue forme è una parte fondamentale dell’esistenza umana, questa serie, nella sua immediatezza, ce lo ricorda offrendocene ad ogni episodio un aspetto diverso, e poco importa se la storia raccontata entra in contatto con la singola realtà di ognuno, l’immediatezza con cui la si racconta, l’emozione che lascia scorrere, la precisione con cui ne tratteggia gli esiti appartiene al genere umano, indistintamente.