Bridgerton: recensione della nuova serie di Shonda Rimes

Dalla creatrice di enorme successo di Grey's Anatomy, arriva una nuova serie che fa incontrare per la prima volta Netflix con ShondaLand.

Bridgerton recensione serie tv

Arriva il 25 dicembre la prima incursione di Shonda Times su Netflix. Dopo 15 anni di successi alla ABC, la regina della tv porta la sua ShondaLand sulla piattaforma, e lo fa con Bridgerton, primo adattamento seriale basato sulla saga di romanzi firmata dall’americana Julia Quinn. I libri sono un successo mondiale e a giudicare dalla serie in otto episodi disponibile dal giorno di Natale, saranno una miniera d’oro anche per il servizio di streaming.

 

La trama di Bridgerton

La storia racconta dei Bridgerton, una potente e ricchissima famiglia che vive nella Londra della Reggenza, Età della Reggenza. La serie si apre sull’inizio della stagione che prevede la presentazione a corte delle fanciulle da marito. Daphne, la primogenita Bridgerton, fa il suo debutto e agli occhi della Regina è lei il diamante della stagione, colei che tutti vorranno e che dovrà accaparrarsi il miglior marito possibile. Dall’altra parte, questo ruolo è occupato dal Duca di Hastings, affascinante giovane erede che però sembra non avere alcuna intenzione di sposarsi per oscure ragioni. 

La premessa, che lasceremo scarna per evitare spoiler o ulteriori indicazioni, ci proietta direttamente in un mondo che Jane Austen ha raccontato in lungo e in largo, rendendolo romantico e moderno, e la serie di Rimes non tradisce questa aspettativa. Il tono della serie è spesso lezioso, a volte stucchevole, presentando modelli di società che non sono assolutamente attuali, eppure nelle stanze private delle donne da marito, nei circoli per uomini nobili serpeggia il seme della rivoluzione. 

bridgetonDonne e uomini nella stessa trappola sociale

Donne consapevoli della loro condizione di donne, svantaggiate rispetto agli uomini, uomini che d’altro canto si sentono intrappolati in ruoli sociali che vorrebbero sfuggire ai doveri e al macchiamo che impone loro di essere in un determinato modo, giovani donne che vorrebbero scrivere, viaggiare e studiare piuttosto che trovarsi marito e altri che si trovano perfettamente al loro agio esattamente dove sono.

Insomma, Shonda Times (e Julia Quinn) fanno di tutti per offrire un codice comportamentale differente e moderno anche agli spettatori che cercano un guilty pleasure per queste pigre e casalinghe vacanze di Natale.

Le barriere razziali come retaggio storico

L’ideatrice di Grey’s Anatomy e Le regole del delitto perfetto fa però di più: ci mostra come la barriera etnica che vorrebbe una società completamente bianca in quel periodo storico nei salotti londinesi che contano sia una prigione mentale che la Storia ha imposto. Basta un semplice stratagemma narrativo per giustificare la presenza di persone di colore tra le più alte cariche del regno e trai nobili, ad esempio, segno che alcune cose possono non solo cambiare, ma devono farlo.

Un altro riferimento importante per la serie che le conferisce un ritmo incalzante è il debito che ha con Gossip Girl. Come nella serie che ha lanciato la carriera di Blake Lively, anche in Bridgeton c’è una misteriosa pettegola che, invece di usare un blog, scrive un foglio scandalistico, in cui riporta tutti i pettegolezzi di cui l’alta società è ghiotta ma dei quali è anche il soggetto prediletto. Un tocco di frivolezza che però contribuisce alla confezione di ogni singolo episodio, con una introduzione e una conclusione che si offrono anche come riflessioni alte su ciò che stiamo per vedere o che abbiamo appena visto. 

Interpreti bellissimi e volti peculiari

Naturalmente la serie è arricchita da uno stuolo di attori molto interessante, perché se i protagonisti Phoebe Dynevor e Regé-Jean Page sono sfacciatamente belli, perfetti sotto ogni punto di vista, il resto del cast dimostra una curiosità verso volti e fisionomie che contribuisce a caratterizzare i personaggi e a renderli accattivanti agli occhi del pubblico, dal pretendente più goffo alla lady più altera.

Bridgeton è senza dubbio una serie che rientra nella definizione di guilty pleasure, tuttavia come ogni serie di Shonda Rimes è caratterizzata da un ottimo ritmo e una sotterranea riflessione sociologica che la rendono più preziosa e importante di quanto non si presenti.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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